Editoriali

Montecchi e Capuleti dell'agricoltura italiana

28 marzo 2014 | Graziano Alderighi

Pomo della discordia non è un matrimonio ma la percentuale minima di succo che devono contenere le bibite alla frutta.

Ne è scaturita una commedia che neanche la fantasia di Shakespeare avrebbe potuto ideare.

Risse, speriamo solo verbali, all'intero della “famiglia” del PD tra chi voleva il 12% e chi voleva il 20%. Dispute tra Commissioni della Camera dei Deputati, per non parlare delle prese di posizione delle svariate associazioni.

Due giorni di psicodramma all'insegna della schizofrenia agricola. Sarebbe servito un elettroshock di gruppo visto che, probabilmente, anche Freud avrebbe rinunciato all'impresa di mettere d'accordo questi novelli Montecchi e Capuleti.

Al di là delle percentuali minime di succo all'intero delle bibite alla frutta, goloso pretesto, il vero nodo del contendere è Bruxelles.

Lo si legge, neanche tanto tra le righe, in tutti i comunicati stampa che hanno inondato le redazioni.

I Montecchi a ergere barricate a favore del ruolo europeo e delle prerogative di Bruxelles in tali legislazioni. Arma preferita: le presunte sanzioni che l'Italia avrebbe dovuto pagare a fronte dell'emanazione di una simile norma nazionale.

I Capuleti ribattevano che la Commissione è in mano alle lobby e, quand'anche non fosse così, è comunque bloccata da veti incrociati. Costoro hanno quindi issato la bandiera dell'interesse nazionale da difendere con le unghie e con i denti, anche mettendosi in contrapposizione con gli organi Ue.

Nessun dialogo tra le diverse fazioni, si fa a chi urla più forte. Stavolta hanno prevalso i Montecchi. I Capuleti attendono la rivincita.

Prendere atto che non siamo in un dramma di Shakespeare manco a parlarne, ovviamente. Chi vuole il braccio di ferro con Bruxelles non può accettare l'approccio riflessivo e dialogante della controparte.

Ciascuno ha le sue buone ragioni. I Montecchi enunciano le innumerevoli procedure di infrazione, con costi esorbitanti, aperte dall'Ue a carico dell'Italia. I Capuleti sostengono che, solo forzando la mano, come successe per l'origine in etichetta, si possono ottenere risultati concreti a beneficio degli interessi nazionali.

Evidentemente né i Capuleti né i Montecchi hanno mai sentito l'espressione “usare il bastone e la carota”. In diplomazia usa, anzi è prassi.

Ammettere che con Bruxelles occorra usare l'arte diplomatica, in tutte le sue forme, potrebbe essere un buon punto di partenza. Ancor prima occorrerebbe che Montecchi e Capuleti ammettessero di avere interessi comuni, da far valere su altri palcoscenici.

Allora, anziché risse e gazzarre nostrane, potremmo chiamare Paolo Sorrentino per inscenare nuovi spettacoli, a beneficio del pubblico europeo. La commedia è cosa nostra. Vinceremmo di sicuro l'Oscar.

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