Editoriali
Il sesso dell'olio d'oliva è rosa
09 marzo 2013 | Loriana Abbruzzetti
Disquisire sul sesso dell’olio rischierebbe di diventare la stessa cosa che discutere di quello degli angeli! Basta solo citare un aneddoto mitologico, di quelli che fanno parte della storia profonda dell’essere umano, a sottolineare il legame che c’è nella coscienza collettiva, nel DNA della nostra specie, tra ulivo e donna: fu Atena, dea della sapienza (solo per caso donna?), a donare agli ateniesi una piantina di ulivo strappando a Poseidone (che donava un cavallo) la nomina a santa protettrice della più importante capitale del mondo antico. E chiudiamo qui la discussione – che per fortuna nessuno ha mai pensato di cominciare – sul sesso dell’olio!
Ma parliamo di olio extravergine di oliva in Italia. Il legame tra olio di oliva e donna è parte integrante della cultura materiale contadina: l’olio è sempre stato il “borsellino di casa”, quella piccola scorta fondamentale con cui spesso le donne, le mamme potevano far fronte alle spese impreviste, soprattutto per i figli piccoli. Il vino era più un fatto di uomini: loro bevevano più delle donne, bevevano per avere più calorie prima del lavoro nei campi, bevevano per dimenticare, poi bevevano per convivialità, per accompagnare un sigaro, bevono per status symbol… Le donne no: almeno non in pubblico, almeno fino a poco tempo fa. Alle donne il vino non era permesso: troppo compromettente. L’olio non si beve, si usa: in cucina, per piccoli baratti, per rimediare i pochi spiccioli quando non c’è più un soldo. Ed erano le donne che spesso andavano nei campi a raccogliere le olive, che seguivano questa coltivazione in qualche modo “residuale” anche se così profondamente radicata, nel calendario familiare dei lavori agricoli.
Ora anche gli uomini si accorgono delle potenzialità dell’olio: perché molto della cultura femminile per fortuna si è trasmessa anche a loro, perché l’olio extravergine sta diventando anch’esso un ingrediente da degustare, da capire, di cui far sfoggio in pubblico. Eppure, quella sensibilità femminile che punta ad abbracciare, a comprendere, ad arrotondare, a smussare, ancora è parte forte della coltura delle olive e nella lavorazione dell’olio extravergine.
È partendo da queste considerazioni che Pandolea nasce, dieci anni fa, non per vendere olio, ma per diffondere la cultura della sana alimentazione che, secondo noi, inizia proprio dalla consapevolezza di cosa si mangia e con cosa si cucina. A partire dall’olio di oliva. Non a caso l’iniziativa delle associate a Pandolea si è concentrata sulle scuole dell’obbligo e principalmente sui più piccoli: è da loro che deve partire la consapevolezza; sono i bambini che devono capire e far sedimentare dentro di sé la conoscenza. Quando assaggiano, i bambini sono delle spugne, curiosi e affamati di sapere: e quando assaggiano un buon olio, fatto a regola d’arte, e subito dopo un olio “taroccato”, capiscono immediatamente la differenza. E imparano. E sapranno sempre a cosa sono davanti. Ecco, attenzione verso il cibo, la nutrizione, l’educazione: non sono dei terreni su cui la donna agisce e di cui si preoccupa più dell’uomo? Non perché sia più intelligente! Semplicemente perché storicamente e culturalmente è sempre stato così. E perché anche biologicamente l’attenzione e la sensibilità verso i figli è maggiore nei primi anni di vita dei bambini.
Ma parliamo anche di prodotti e di etichette… affrontiamo anche quel terreno di competizione che tanto piace agli uomini! Basta scorrere l’elenco della associate di Pandolea per vedere come quelle aziende – e si tratta di realtà d’impresa dove le signore non fanno le p.r. o il marketing, ma fanno l’olio, in campo e in frantoio! – siano nella gran parte dei casi in cima alle classifiche di guide e concorsi nazionali e internazionali. E non stiamo qui a citare nomi: non ce n’è bisogno. Ma questo non significa certo che le donne siano più brave dei colleghi maschi! Indica però che le donne hanno una sensibilità particolare verso la terra, verso la campagna, verso gli aromi i profumi e i sapori, verso la correttezza di procedure e lavorazioni e un tale desiderio di far bene, che per noi – donne – pensare di fare un prodotto così importante e bello come l’olio di oliva e farlo male è impensabile,inconcepibile. Così come pensare di truffare sull’olio di oliva è per una donna un delitto molto più grave di altri gravissimi reati. È un fatto di cultura e di geni, probabilmente. prendiamo altri delitti: certo, ci sono donne che uccidono. Ma quante? Provate a fare il conto, anche solo a mente, di quanto assassinii vi ricordate perpetrati da una donna e quanto da un uomo. Quanti uomini ammazzano una moglie o un’amante? E quante donne uccidono un compagno? Sì, siamo su un terreno scivoloso e pericoloso. Eppure una qualche assonanza c’è tra i due campi. Anche l’olio di oliva è terreno di truffe, sofisticazioni, imbrogli fatti per guadagnare in barba a qualsiasi preoccupazione di tipo salutistico (per non dire culturale!). È molto difficile trovare una donna disposta per soldi a sofisticare un prodotto sacro come l’olio di oliva: penserebbe prima al male che farebbe e al bene che sottrarrebbe ai suoi simili, ai suoi figli.
Ecco. La sensibilità è un terreno su cui le donne hanno una loro specificità e possono apportare più cultura, anche sull’olio extravergine di oliva. E in Italia ce n’è bisogno. Per questo da dieci anni Pandolea porta tra la gente la cultura dell’olio di oliva. E continuerà a farlo, sperando di trovare su questo percorso molti compagni di strada, uomini e donne.
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