Editoriali

Dico no a un Teatro Naturale militante

08 settembre 2012 | Alberto Grimelli

6 settembre 2003 – 6 settembre 2012

Un buon momento per tracciare una linea e fare un bilancio.

Analizzare il passato e guardare al futuro.

E' stata un'estate di intenso lavoro, insieme a una redazione che vi ha offerto costanti aggiornamenti quotidiani e che mi ha ricordato quella del 2003.

Oggi vivo con maggiore coscienza e consapevolezza il mio ruolo di co-fondatore, co-editore e coordinatore editoriale della testata ma rammento con piacere il pathos, l'emozione e la trepidante attesa di nove anni fa.

Si stava lanciando una sfida. Un settimanale di pensiero, su internet, free press. Un grande lavoro di squadra ha portato all'ideazione e alla creazione di Teatro Naturale. Tante novità, una formula che, nel suo insieme, si è rivelata un successo.

Sono stati anni di attività sempre sul pezzo, sulla notizia e sul filo di lana. Anni vissuti pericolosamente.

Teatro Naturale è nata come una testata libera, indipendente e anticonformista. Una fonte di notizie ma anche uno spazio di dialogo e di riflessione. Un palcoscenico aperto a tutti gli attori del mondo agricolo. Forte la tentazione di salirvi, su quel palco e buttarsi nella mischia.

Teatro Naturale lo ha fatto, apertamente e in più occasioni, ma ne voglio ricordare due in particolare: la guerra alle ampolle e il Risorgimento dell'olio italiano.

Nel primo caso lanciammo la proposta di legge di abolire gli anonimi contenitori d'olio dai ristoranti. Era il 2005. La politica e l'associazionismo assunsero l'iniziativa e intrapresero la strada legislativa. Il divieto diventò norma.

Nel secondo Teatro Naturale proposte l'istituzione di un tavolo informale di confronto che riunisse le varie anime della filiera olivicolo-olearia, per cercare di trovare una piattaforma per il rilancio del settore. Non a caso fu battezzato Risorgimento dell'olio italiano. I lavori iniziarono nel 2007. Nel 2009 ne fu certificata la fine. Fu un momento triste, come tutti i fallimenti.

In entrambi i casi Teatro Naturale si espose ma i ruoli, nelle due circostanze, furono molto diversi. Sulle ampolle fummo parte attiva, di stimolo, ma sostanzialmente offrimmo un'idea. Nel Risorgimento andammo oltre, diventando noi stessi attori. Non più osservatori ma rappresentanti senza rappresentanza in mezzo a istituzioni e associazioni ognuna portatrice di legittimi partigiani interessi. Non offrivamo più un palco ma diventammo una voce insieme a tante voci, perdendo così la nostra identità.

Guardare al futuro, evolvere e innovarsi, senza dimenticare gli errori commessi, senza scordare i principi e lo spirito originari di Teatro Naturale, senza snaturare le nostre radici.

Una sfida continua perchè la libertà, l'obiettività, l'equidistanza si devono conquistare giorno per giorno. Non sono un'eredità del passato ma un costante e difficile esercizio di umiltà, equilibrio e disciplina. Occorre vigilare, sempre, perchè è facile smarrirsi. E' facile accomodarsi sulla presunzione di libertà e indipendenza, ma nella realtà rinchiudersi in sè stessi o in un clan, diventando autoreferenziali e monocorde. Molto più complesso, perchè forza la stessa natura umana, accettare la diversità, le differenze, accogliendole a braccia aperte.

Lo ha scritto l'inglese Evelyn Beatrice Hall: “I disapprove of what you say, but I will defend to the death your right to say it.” (non condivido quello che dici ma darei la vita perchè tu possa dirlo). Non rinunciare ad essere se stessi, ai propri convincimenti, ma rinunciare alla propria faziosità, riconoscendo dignità e valore alle opinioni altrui, in particolare a quelle che non condividi, da cui sei distante.

Mi impegnerò sempre affinchè Teatro Naturale sia un buon ospite di idee, di tutte le idee, senza barriere, esclusioni, pregiudizi.

Solo così è possibile una crescita. Solo così non si rischia di cadere nel tranello della perenne guerra italiana tra guelfi e ghibellini. Solo così si possono avere confronti intellettuali e non scontri personali.

E' un momento storico di grandi crisi, in cui dominano le forze centrifughe e disgregratrici. Si cerca e si costruisce la polemica. Si cercano campi di battaglia. Si vogliono combattimenti senza esclusione di colpi, ma Teatro Naturale non può e non deve prestarsi a diventare l'ennesimo teatro di guerra dove vengono issate bandiere e stendardi. Soprattutto non deve esso stesso alzare bandiere e stendardi. Occorre anzi fare di Teatro Naturale un luogo dove non si guardi alle etichette ma alle idee.

In un simile contesto, occorre prendere coscienza che perseguire la strada dell'unità è utopico. Ma oggi più che mai occorre il dialogo e Teatro Naturale può essere il terreno fertile dove seminare e far germogliare nuovi modelli culturali, sociali ed economici. Il sogno, l'ambizione e il proposito per i prossimi dieci anni è che possano sbocciare proprio su queste pagine.

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