Editoriali
Natura non fa rima con agricoltura
16 aprile 2011 | Alberto Grimelli
L'uomo è uscito dallo stato di natura molto tempo fa.
Grazie alla sua intelligenza, flessibilità, arguzia, e a qualche colpo di fortuna, è riuscito a sviluppare la tecnologia tanto da aver avuto la presunzione di porsi un gradino sopra la natura, alle sue regole e alla sua potenza.
Nessun settore è sfuggito a questa regola, neanche l'agricoltura.
Si tratta di un fatto storico che fatichiamo ad accettare e a digerire.
Oggi ci mobilitiamo contro gli organismi geneticamente modificati, perchè sarebbero contro natura, come se la selezione delle specie agrarie, nei secoli, non sia stata una violenza contro natura.
Le operazioni più banali in agricoltura, come la lavorazione del terreno e la semina, sono una violenza in quanto l'uomo si appropria di suolo al fine di coltivarvi ciò di cui egli ha bisogno, mutando così l'equilibrio naturale, sottraendo territorio e risorse ad altre specie.
Porre un freno all'avanzata tecnologica nel settore primario, limitare l'uso di pesticidi, prestare più attenzione alla regimazione delle acque o alla fertilità del terreno non significa rientrare nello stato di natura, ma soltanto ridurre i danni provocati dall'uomo sulla natura, l'impatto che il nostro passaggio su questa terra può cagionare.
Si tratta certamente di azioni importanti, che limitano la visione uomocentrica che ha contraddistinto l'Illuminismo e che si è propagata fino a noi, ma non preannunciano in alcun modo un ritorno allo stato naturale.
E' utile, probabilmente anche necessario ridurre l'impatto che le attività umane, tra cui l'agricoltura, hanno sull'ambiente ma questo non significa riavvicinarci al creato.
Se anche con recenti avvenimenti, come lo tsunami in Giappone, abbiamo preso coscienza della forza della natura e della nostra impotenza di fronte ad essa, non possiamo ipocritamente placare la nostra coscienza propagandando per ritorno alla natura quelle che sono solo operazioni estetiche, di maquillage.
Nessuno potrebbe pensare di ritornare allo stato di raccoglitori, nutrendosi di quanto la natura può offrirci spontaneamente. Semplicemente non vi sarebbe abbastanza cibo per tutti. Già oggi scarseggia.
Ecco perchè mi indigno per l'uso disinvolto che si fa delle parole “natura” e “naturale” ai fini del marketing agricolo e agroalimentare.
Ecco perchè mi indigno che certi ecologisti spaccino la sostenibilità e l'ecocompatibilità, oltre al biologico, come pratiche naturali.
Si tratta di un enorme passo indietro.
Se abbiamo capito, forse meglio sarebbe dire intuito, che la visione umanocentrica ha fallito, ora siamo chiamati a una svolta culturale epocale che però non può essere attuata senza una limpida onestà intellettuale che sgombri il campo da finzioni neo-bucoliche.
L'agricoltura, tra le varie attività umane, è certamente quella più a contatto con la natura e con i suoi ritmi ma questo non significa che, di per sé, coltivare i campi sia naturale, neanche con le pratiche colturali meno impattanti.
Evitiamo di perdere tempo prezioso in un'impossibile quadra del cerchio e invece prendiamo coscienza che natura non fa rima con agricoltura.
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Accedi o Registratiriccardo sgaramella
16 aprile 2011 ore 23:19natura fa rima con agricoltura perchè anche l'uomo è natura e l'agricoltura è sottoposta all'uomo. ciò che non fa rima con natura è la superbia dell'uomo che si pone al di sopra di tutto anche dell'universo pensando ingenuamente di poter controllare tutto, ciò non è vero. L'uomo deve riflettere sul fatto che noi umani sulla terra siamo come un virus che aggredisce e vuole comandare su tutto e su tutti.
Giuaeppe Bertoni
16 aprile 2011 ore 10:42Complimenti,ha tutta la mia approvazione. Giustamente natura ed agricoltura hanno obiettivi diversi, fra l'altro agricoltura è l'opposto di biodiversità; ciò non toglie che coltivatori ed allevatori (entrambi agricoltori), non debbano operare per salvaguardare i due sistemi:agricoltura e natura.
Grazie e cordiali saluti.
Giuseppe Bertoni
Giuaeppe Bertoni
17 aprile 2011 ore 11:06Da certi punti di vista Riccardo ha ragione, ma solo perchè l'uomo si lascia spesso guidare dal Suo egoismo. Per il resto dipende forse dal significato di natura che noi riconosciamo; è ovvio che agricoltura è processi naturali che l'uomo forza alle proprie esigenze (non di singolo, ma della intera umanità), l'importante è
che ciò si possa perpetuare sia nella parte utilizzata dall'uomo e sia in quella più o meno spontanea.
Cordialmente.
Giuseppe Bertoni