Economia
L'originale vince sempre sulla copia? Il Marketing e marchétting nel settore degli oli
Gli oli arricchiti denunciano solo la debolezza dell'olio extra vergine di oliva. Di questi tempi va di moda il marchétting, il cugino furbo del Marketing, che usa scorciatoie: non fa innovazione, fa imitazione; non fa qualità, fa contraffazione; non fa competizione, fa contrapposizione; non fa organizzazione, fa confusione
22 settembre 2017 | Gigi Mozzi
Teatro Naturale ha presentato, la settimana scorsa
“la perfetta operazione di marketing: il simil olio extra vergine di oliva,
l’Olio di semi di girasole Alto Oleico *** ml 750, l’olio consigliato da MasterChef Italia.”
Da leggere, per chi lo avesse perso: il lancio di un olio di semi di girasole, che è arricchito di vitamine e antiossidanti naturali, stabile fino a 230 gradi, ottimo per friggere.
L’articolo di Teatro Naturale è utile per capire alcune cose che sappiamo di lui, voglio dire del marketing, e anche per capire qualcosa dell’altro, l’olio extravergine di oliva.
Cominciamo dalla favola del marketing, che sembra non passarsela molto bene, di questi tempi: “c'era una volta il marketing” è diventata una etichetta, fra le tante importate dall’ America degli anni 50-60, assieme al chewing-gum e al rock-and roll, alla Coca Cola e ai popcorn, a Disneyland e a Hollywood, alla strategia e alla pubblicità.
Sembravano inossidabili e invece sono invecchiate e, al meglio, sono arrugginite: qualcuna si è adattata, altre si sono trasformate, altre ancora hanno scoperto la chirurgia estetica e stanno cercando di sembrare giovani e desiderabili come erano una volta.
Il marketing si è ritirato da qualche parte a godersi la pensione, ha archiviato quasi tutte le sue storie, che non interessano più: interviene raramente, qua e là, solo in casi eccezionali di innovazioni radicali e lì, dà a volte, ancora il meglio di se.
Al suo posto adesso c'è il marchétting, il cugino furbo del marketing.
Il marchétting (con l'accento sulla "e ") appena può, evitando accuratamente le difficoltà di studiare e di applicare marketing, di ripetere le fatiche per costruire e progettare marketing, di onorare l’impegno di essere e di continuare a fare marketing, cerca di rimpiazzarlo: lasciando a nome del cugino, molti dei disastri che combina.
Certo, la differenza tra marketing e marchétting, si vede a occhio nudo.
Il marchétting non fa le marche, fa le marchette; non fa innovazione, fa imitazione; non fa qualità, fa contraffazione; non fa competizione, fa contrapposizione; non fa organizzazione, fa confusione; non fa il prodotto ma, come dice bene Teatro Naturale, fa il simil.
Quindi, mettiamo le cose al loro posto: questa operazione simil-olio-di-oliva, non c'entra niente con il Marketing (con la M maiuscola), ma è un semplice esercizio di marchétting.
Che poi, se ci chiediamo essere in qualche modo pericolosa o, almeno, preoccupante per immaginare una possibile aggressione al mercato dell' olio di oliva extravergine, la prima risposta è "certo che no".
Anzi.
A voler fare del Marketing, si può pensare che questa operazione potrebbe perfino diventare utile: perché, con la sua arroganza, il marchétting manda un segnale preciso sulla fragilità di immagine dell’extravergine e quindi, solleva un problema troppo trascurato.
Non è tanto importante che oggi, il simil-olio-di-oliva (alto-oleico-arricchito) pagando l’ingresso in Masterchef, si possa vantare di essere “consigliato” da Masterchef, o che domani, in mano ad aziende capaci, potrebbe aprire un nuovo fronte competitivo: così come due volte al giorno, l’orologio rotto segna l’ora giusta, potrebbe anche succedere che qualcosa di buono possa essere combinato.
Il fatto importante, è la vera notizia che si nasconde dietro l’operazione “alto-oleico-arricchito”
perché, come dice una delle leggi del vecchio marketing, la cosa più importante della comunicazione consiste nell’ascoltare quello che non viene detto.
A stare attenti, questa operazione punta il dito su una lacuna grave di tutto il comparto dell’olio extravergine di oliva: la mancanza di “posizionamento”.
Il posizionamento è la chiave che governa la strategia di prodotto, la quale guida la definizione dell’immagine che, a sua volta, è la base della comunicazione efficace: la persuasione.
Come succede in molte occasioni, un piccolo errore iniziale produce alla fine della strada, una grande distanza e al termine del processo, una grande differenza.
Dice il Marketing, che il “posizionamento” è il ponte che collega il prodotto con il consumatore:
da una parte c’è la sponda della “Promessa” e dall’altra quella del “Valore”.
Dire che il “posizionamento” è un ponte, vuol dire che non è una cosa, non è un elemento, ma è un sistema, che mette insieme i caratteri della Promessa (l’identità, la dichiarazione, la funzione) con quelli del Valore (la qualità percepita, l’effetto riconosciuto, il vantaggio ricevuto).
Essere sistema, significa essere contemporaneamente da una parte e dall’altra del ponte: vuol dire sdoppiarsi, pensare al prodotto e, contemporaneamente al consumatore.
Nel mercato dell’olio extravergine la Promessa c’è, eccome: manca la sponda del Valore e
questo impedisce al consumatore di raggiungere il prodotto.
È una storia che conosco bene, ma non sono ancora riuscito a persuadere i bravi Produttori, che sono a volte eccellenti ad occupare la sponda della Promessa, della necessità di andare anche dall’altra parte, sulla sponda del Valore.
Non sono ancora riuscito a convincere i bravi Produttori che, per definire il posizionamento dell’extravergine non è sufficiente occupare la sponda del prodotto (la Promessa serve al consumatore per orientare la selezione), ma è assolutamente necessario raggiungere la sponda del Valore (che serve al consumatore per prendere la decisione): il prodotto non va verso il consumatore, ma è il consumatore che va verso il prodotto.
Come insegna la storiella de “il re è nudo”, non conviene più sottovalutare questa situazione:
stavolta li marchétting, senza saperlo, potrebbe averne fatta una buona.
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Francesco Donadini
23 settembre 2017 ore 09:29completamente d'accordo! Chiarissima, incisiva, necessaria e "magistrale" riflessione che mi auguro che i grandi artigiani dell'olio Evo riescano a percepire efficacemente! Un primo segnale potrebbe essere quello di togliere l'Evo vero dagli scaffali della GD/GDO per distribuirlo SOLO tramite un circuito distributivo di valore: le migliaia di Botteghe del Gusto presenti nel territorio nazionale, i Ristoranti del territorio, le Ciberie. Un prodotto di valore in un contesto adeguato consente più valore al prodotto stesso... Parliamone! Come dice Mozzi: la cosa più importante della comunicazione consiste nell'ascoltare quello che non viene detto!