Salute

La nutrizione nella prevenzione e cura del diabete

La nutrizione nella prevenzione e cura del diabete

La possibilità di applicare terapie nutrizionali mirate e personalizzate consentirà di beneficiare di trattamenti più efficaci contro il diabete in un numero maggiore di pazienti

17 giugno 2024 | C. S.

Sempre più spesso l’attenzione della comunità medico scientifica si è focalizzata, negli ultimi anni, sulla Nutrizione di precisione, cui è dedicata una sessione nel XLIV Congresso Nazionale della Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU), che si è svolto a Piacenza dal 4 al 6 giugno 2024.

Si tratta di una scienza che mira ad un approccio di personalizzazione degli interventi nutrizionali, sulla base delle caratteristiche del singolo individuo, per la prevenzione e la cura di alcune delle principali patologie croniche, tra cui il diabete mellito. La nutrizione di precisione tiene conto del fatto che i meccanismi alla base degli effetti degli alimenti e dei nutrienti sulla salute variano tra gli individui.

Il diabete mellito è una patologia cronica con un grosso impatto sociale, la cui prevalenza si stima aumenterà del 60% nelle prossime decadi, arrivando a colpire 1,3 miliardi di persone nel 2050. La relazione tra diabete e nutrizione è quanto mai stretta e pericolosa. La qualità e la quantità del cibo che consumiamo influenza fortemente il rischio di sviluppare il diabete mellito e il modo in cui riusciamo a tenerlo sotto controllo o, addirittura, a farlo regredire una volta che si sia sviluppato.

Le attuali conoscenze mettono sempre più in evidenza come il diabete sia una malattia dalle cause molto eterogenee. Ciò implica che i fattori che contribuiscono alla sua comparsa e alla sua “gravità” sono diversi da persona a persona. È, dunque, molto probabile che alimenti diversi svolgano un ruolo specifico in individui diversi, nelle varie fasi della malattia, interagendo con la genetica o altre caratteristiche individuali quali l’età, il sesso, l’etnia, la composizione del microbiota intestinale e molte altre. Ciò è oggi oggetto di un’intensa attività di ricerca. Studi di popolazione molto ampi hanno dimostrato, per esempio, che tra persone geneticamente predisposte a sviluppare il diabete e l’obesità, perché portatori di alcune varianti genetiche che influenzano il metabolismo energetico, coloro che seguono la dieta Mediterranea sviluppano il diabete in una percentuale significativamente minore di casi rispetto a chi segue altri tipi di diete.

Studi sperimentali svolti presso l’Università di Napoli “Federico II” hanno recentemente evidenziato come le caratteristiche individuali influenzino l’entità e le caratteristiche temporali dell’aumento della glicemia che si verifica dopo l’assunzione del pasto. L’entità delle oscillazioni della glicemia determina la variabilità glicemica, che è a sua volta un agente causale del rischio di sviluppare malattie cardiovascolari, il diabete stesso e le complicanze del diabete. In persone ad alto rischio cardiometabolico (cioè, con uno o più fattori di rischio tra iperglicemia a digiuno o postprandiale, sovrappeso/obesità, pressione sistolica e diastolica elevata, dislipidemia) i ricercatori hanno messo in evidenza il ruolo del genere nel determinare le caratteristiche della risposta glicemica postprandiale. Rispetto agli uomini, le donne sperimentano un aumento postprandiale della glicemia più marcato e repentino; ciò suggerisce che le donne possono beneficiare maggiormente di una dieta a basso indice glicemico, ricca cioè di alimenti come legumi, verdure e cereali integrali che determinano variazioni meno rapide della glicemia dopo i pasti. Un altro risultato di questi studi riguarda un fattore individuale che sta emergendo sempre più come un determinante della risposta glicemica postprandiale e cioè il microbiota intestinale, ovvero il tipo e la quantità di microrganismi che popolano il tratto gastro-intestinale di ciascun individuo. Tra i pazienti con diabete di tipo 1 (diabete insulino-dipendente), coloro che presentano una maggiore abbondanza di specie batteriche benefiche produttrici di idrossibutirrato, come l’Eubacterium rectale, mostrano un incremento meno marcato della glicemia rispetto a coloro che presentano altri tipi di specie batteriche. Questi risultati aprono la strada ad approcci sempre più personalizzati per la terapia nutrizionale e la gestione della terapia insulinica in questi pazienti.

L’individuazione di un numero sempre maggiore di questo tipo di relazioni e la loro più fine comprensione consentiranno di garantire a “ciascuno il suo”, in termini di trattamento e prevenzione del diabete. La possibilità di applicare terapie nutrizionali mirate consentirà di beneficiare di trattamenti più efficaci in un numero maggiore di pazienti, con evidenti benefici in termini di allocazioni di sforzi e costi.

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