Salute

Dieta mediterranea e olio extra vergine di oliva fanno bene al cervello

Dieta mediterranea e olio extra vergine di oliva fanno bene al cervello

Sono le persone anziane a poter beneficiare maggiormente degli effetti salutistici della dieta mediterranea sul cervello

23 settembre 2022 | Giosetta Ciuffa

La dieta mediterranea fa bene al cervello. E’ quanto è emerso in occasione dell’International Yale Symposium on Olive Oil and Health a Roma.

In particolare sono le persone anziane, da 80 anni in su, a poter beneficiare maggiormente degli effetti salutistici della dieta mediterranea sul cervello, con un maggiore volume cerebrale totale e un maggiore spessore corticale per le persone che riducono il consumo di carne e latticini a favore di verdure, legumi, cereali, pesce, frutta/noci e olio di oliva.

I benefici della dieta mediterranea per il cervello

La ricerca citata dal prof. Antonino De Lorenzo dell’Università di Roma Tor Vergata ha effettuato una vera e propria misurazione della minore atrofia cerebrale, la cui grandezza è stata determinata in millilitri. Grazie alla dieta mediterranea il volume totale del cervello è stato calcolato in 13,11 ml più grande, di cui 5,00 ml in materia grigia e 6,41 ml in materia bianca. Secondo lo studio, potrebbe contribuire ai benefici sulla struttura cerebrale una maggiore assunzione di pesce e minore di carne, per un maggiore volume totale di materia grigia. Minore assunzione di carne è stata anche associata a maggiore volume cerebrale totale e maggiore di pesce allo spessore corticale medio maggiore di 0,019 mm.

Bene verdure, legumi, cereali, pesce, frutta/noci e oli con un rapporto tra grassi monoinsaturi e grassi saturi, mentre dannosi sono carne e latticini.

L’entità dell’effetto del consumo di almeno cinque degli alimenti della dieta mediterranea si è dimostrata paragonabile a quella di 5 anni di invecchiamento.

Dieta mediterranea e salute

Nel corso dell’International Yale Symposium on Olive Oil and Health, giunto alla quarta edizione dopo le precedenti in USA, Grecia e Spagna, si sono affrontati diversi temi inerenti all’importanza di una corretta alimentazione per la tutela della salute, e questo spesso passa -è ormai universalmente noto- per la dieta mediterranea.

Sono indiscutibili i vantaggi di questo regime dietetico, oggetto di studi già negli anni 50 da parte del fisiologo Ancel Keys il quale ne pose le basi con il Seven Countries Study. Furono analizzati i comportamenti alimentari di Stati Uniti, Italia, Finlandia, Grecia, Paesi Bassi, Giappone ed ex Jugoslavia (oggi Croazia e Serbia) per comprendere l’alta mortalità per malattia coronarica in USA e Nord Europa, e il legame tra cardiopatia coronarica e mortalità, associate poi a maggior consumo di grassi saturi.

Il progetto pilota nel 1957 vide alcune zone rurali tra cui Nicotera in Calabria, selezionata per il consumo elevato di olio d’oliva e legumi: la prevalenza di infarto miocardico negli uomini tra 45 e 64 anni era molto bassa (4 casi rilevati su 598) come rari erano ipertensione, sovrappeso e obesità.

Per stabilire quanto un’alimentazione corrisponda alla dieta mediterranea si può ricorrere al Mediterranean Adequacy Index (MAI), elaborato dai ricercatori del Seven Country Study dividendo la percentuale di energia ottenuta dagli alimenti di una dieta tipicamente mediterranea con quella fornita da una che non lo è: pane, cereali, legumi, pesce, verdura, frutta, vino rosso, olio d’oliva vs latte, carne, uova, grassi animali, bevande dolci, zuccheri (il valore massimo è 15 e a Nicotera era circa la metà; un valore accettabile sarebbe già 5 poiché al giorno d’oggi in Italia ci attestiamo sul 2). Online è disponibile il calcolatore della sezione di Nutrizione clinica e Nutrigenomica dell’università di Roma Tor Vergata: http://cellbiol.com/maicalc. L’aumento dell’indice MAI è associato ad una diminuzione di mortalità per patologie cardiovascolari.

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