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Il mercato dell'olio negli States destinato a un futuro a stelle e strisce

Secondo due istituti di ricerca, IbisWorld e Rabobank, la popolarità dei marchi europei è in calo mentre crescerebbero le possibilità di guadagno per i produttori statunitensi. Tutto merito dello standard Usda

08 settembre 2012 | R. T.

A distanza di un mese, due prestigiosi istituti di ricerca, IbisWorld e Rabobank, hanno dedicato un rapporto al mercato dell'olio di oliva negli Stati Uniti, giungendo alle stesse conclusioni: meno spazio per i marchi europei e un futuro radioso per quelli ade in Usa.

Secondo IbisWorld, che è stato il primo ad aver pubblicato l'analisi, l'industria oliandola americana è cresciuta ad un tasso annualizzato del 2,6% negli ultimi cinque anni, con un incremento del 4,3% nel 2012, per raggiungere gli 1,2 miliardi di dollari. Uno sprint dovuto ai nuovi standard dell'US Department of Agriculture (USDA), varati nel 2010. Si tratta di un disciplinare che però sarebbe molto ben visto dai consumatori statunitensi, fornendo un vantaggio competitivo a chi lo adotta.

Per questa ragione IbisWorld ritiene che la quota delle aziende americane sul mercato interno è destinata a salire velocemente, rispetto all'attuale 5%, e che il numero di imprese che si dedicheranno all'olio d'oliva salirà dell'1% all'anno nel prossimo quinquennio.

Rabobank, citando studi quali quelli dell'Università di Davis, converge sul fatto che i nuovi standard porteranno a un'educazione alimentare che avrà riflessi sulla qualità complessiva dell'olio venduto negli Usa. Un mercato che è cresciuto del 6% all'anno nel corso degli ultimi 20 anni.

"La ricerca mostra che i produttori di olio d'oliva degli Stati Uniti stanno fornendo un prodotto di gran lunga superiore - ha detto Karen Halliburton Barber, Assistant Vice President e analista senior agricola di Rabobank - mentre i consumatori diventano sempre più istruiti e cominciano ad apprezzare l'elevata qualità, per cui la domanda di olio Made in Usa è destinata a crescere.”

In questo contesto che immagine ha l'olio italiano? Secondo entrambi gli istituti, nel caso di marchi leader di mercato anche in Italia, vi è un'associazione con l'alta qualità e il prodotto di nicchia, ma tale positiva percezione sta diminuendo tanto più viene risaputo che tali marchi importano l'olio in Italia da altri paesi europei e mediterranei, lo confezionano per poi venderlo in tutto il mondo.

 

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Donato Galeone

08 settembre 2012 ore 07:05

Concordo nell' associare "l'alta qualità al prodotto di niochia" - quale olio di olive (monovarietali prevalenti) prodotti e trasformati su areali identificati (territorio italiano) e con marchio registrato( non solo in Italia) ed etichettati, come da normativa vigenti.
Queste componenti "ASSOCIATIVE" evidenzieranno anche al consumatore americano la "diversità di prodotto" - certificato nei contenuti e sicurezza alimentare - in "globale competizione",distinta conseguentemente, essenzialmente, nel prezzo/qualità.
Su queste basi ho sempre ritenuto e penso che anche l'avvio con l'export dell'Agricola Peronti Lucia di Vallecorsa, che sarà società partecipata tra associati produttori-trasformatore cooperativo (49%) e confezionatore (51%)non sarà facile ma non è neppure impossibile per competere con "pari dignità" anche tra i consumatori degli USA confrontando gli oli delle olive italiane con i loro qualificati oli prodotti da olive americane, certificate.
Sono anche queste le "sfide presenti e rischiose" che attendono i consumatori.
E' rischioso intraprendere in un mercato competitivo globale, certamente.
Ma, tuttavia, confrontiamoci e intraprendiamo in filiera non solo nominale ma, definendo equamente i reciproci reali interessi tra le componenti di filiera.
Comunichiamoci, grazie a Teatro Naturale, i risultati, rilevando i possibili e umanissimi errori.
Donato Galeone