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Attenzione alle ricerche fuffa. Il Coi bacchetta l'Università di Davis

Il Comitato dei Chimici del Consiglio oleicolo internazionale ha contestato i risultati del report pubblicato dal Davis Olive Center che tanto scandalo aveva suscitato negli Stati Uniti. Utilizzati metodi d'analisi non ufficiali ma i dubbi sono molti

11 dicembre 2010 | Alberto Grimelli

Ne avevamo parlato al rientro dalle vacanze estive con un editoriale che aveva suscitato qualche malumore.
“Guerra commerciale all'olio d'oliva” (link esterno) era parso, ad alcuni, eccessivamente allarmistico, così come le nostre critiche e i nostri dubbi sul report dell'Università di Davis.
Nel lavoro svolto dal Davis Olive Center però vedevamo i germi della faziosità, una partigianeria utile all'industria dell'olio locale. Conoscendo e stimando alcuni degli esponenti dell'Università di Davis un simile atteggiamento ci aveva stupito e rammaricato.
Da sempre crediamo che la ricerca debba essere al servizio dell'economia e del mercato ma mai debba piegarsi a logiche commerciali.
Molti i dubbi che avevamo avanzato sui “materiali e metodi” utilizzati, considerazioni che sono state ora autorevolmente avvallate e a cui si aggiungono ulteriori elementi.

Il Comitato di Esperti Chimici del Consiglio Oleicolo Internazionale ha infatti redatto e approvato un rapporto che bacchetta l'Università di Davis o meglio i risultati di quel report che ha fatto il giro degli Stati Uniti e che ha messo in dubbio la genuinità dell'extra vergine importato negli Usa.

Il Comitato del COI è composto da esperti chimici di quasi tutti i Paesi aderenti al Consiglio Oleicolo e di Paesi terzi (Australia, Canada e Stati Uniti), nonché di organizzazioni internazionali (AOCS, CODEX e ISO).
L'obiettivo principale del gruppo è di studiare i metodi di analisi, sottoporli a verifica, affinchè si possa determinare la qualità e controllare la purezza degli oli di oliva e degli oli di sansa di oliva.

Il rapporto del Comitato Chimici del COI, prima di tutto, chiarisce che i 52 campioni esaminati, per 19 marchi commerciali, presi in tre città californiane, non possono essere ritenuti significativi del mercato dell'olio d'oliva negli Stati Uniti. Mancano inoltre indicazioni sullo stato di conservazione dei campioni durante il trasporto e le prove, sottolineando come: “senza questa informazione non è possibile considerare che i risultati siano attendibili.”
Altro dubbio espresso dagli esperti del COI è se, nei punti vendita dove è stato eseguito il campionamento, così come precedentemente, siano state tenute in debita considerazione le raccomandazioni base per un corretto stoccaggio dell'olio.

Contestate anche le modalità con cui è stato eseguito l'esame organolettico. Quando infatti il giudizio assegnato dalla analisi sensoriale non corrisponde alla qualità indicata sulla etichetta, la procedura prevede una seconda analisi, sia svolto da un altro panel COI riconosciuto. Ciò non è avvenuto per lo studio di Davis.

Si sottolinea inoltre come alcuni dei metodi utilizzati nello studio non siano analisi approvate dal COI, con particolare riferimento alle pirofeofitine e ai DAG, parametri che possono mutare durante la conservazione del prodotto mentre non è stata effettuata l'analisi degli alchil esteri, approvta ormai da più di un anno dal COI, riconosciuta come affidabile per individuare la presenza di oli di bassa qualità.
Inoltre il report dell'Università di Davis indica l'aggiunta di oli raffinati ma le stsse analisi condotte dal laboratorio lo contraddicono in quanto sia la composizione in steroli sia l'analisi degli stigmastadieni risultano entro i limiti stabiliti.

Il Comitato di Esperti Chimici del COI ha quindi espresso tutta la sua preoccupazione per le conclusioni e le raccomandazioni contenute nel rapporto e basate su presupposti erronei.

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