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“L’ITALIA SPENSIERATA” VISTA CON LO SGUARDO LUCIDO DI UN OSSERVATORE POLIEDRICO

"Mah, guarda, l'avrei voluto dire io"! Francesco Piccolo indaga, con un coinvolgente approccio narrativo, sui gusti dell'italiano medio e ferma così, nella pagina scritta, sensazioni ed emozioni di un paese in bilico tra senso di leggerezza e volontà di partecipazione

14 aprile 2007 | Antonella Casilli

Antonella Casilli vista da Filippo Cavaliere de Raho

Vi è una percentuale di italiani - esigua, purtroppo - che non soffre del complesso di superiorità. In questa percentuale un posto degnissimo spetta al grande Francesco Piccolo.

Francesco Piccolo è un personaggio poliedrico della cultura contemporanea, le sue incursioni nel mondo del giornalismo si alternano a sceneggiature cinematografiche, libri ed attività accademica.

Il suo ultimo libro L’Italia spensierata, edito da Laterza nella collana Contromano, è una meravigliosa indagine antropologica sui gusti dell’italiano medio che rende con una scrittura importante. Notevole pregio del libro è questo approccio della contemporaneità in chiave narrativa.

Del resto tutti gli oggetti sociali aspettano il narratore perché solo la narrazione e il suo ritmo possono produrre coinvolgimento. Sembra anacronistico ricorrere, nel Duemila, al romanzo per descrivere la realtà, ma questo certamente denota la necessità di un confronto con il
narratore, con qualcuno che dica “io” .

In questo libro, infatti, lo scrittore, protagonista unico, è una specie di Alice nel paese delle meraviglie che utilizza la sua scrittura colta per animare le proprie sensazioni, da italiano medio, appunto, e il lettore è un silente coprotagonista che vive, si immedesima e talvolta si sorprende ad
esclamare “mah guarda, l’avrei voluto dire io!”E, come Alice, anche il protagonista, io narrante, affronta varie amenità: “Domenica in” dagli studi, in diretta, il film panettone di Natale, rigorosamente la sera di S. Stefano, ovverosia il 26 dicembre, data in cui normalmente va al cinema chi di solito non va e “quelli che ci vanno sempre, non ci vanno” la notte bianca, la sosta in autogrill durante l’esodo di massa per le vacanze, estive-pasquali-natalizie, la gita nel parco dei divertimenti.

La scelta di parlare di questo libro, e di auspicarne la lettura, rientra in quello che ritengo un percorso obbligatorio per combattere un grave difetto dei nostri giorni, lo snobismo a tutti i costi, la banalità delle critiche di chi vuol parlare senza cognizione di causa, di chi mai cerca di capire vincendo i pregiudizi della propria cultura vivendo in prima persona un’esperienza altra.

E’ questo, invece, quello che ha fatto Piccolo, ha fermato nella pagina scritta sensazioni ed emozioni dell’Italia spensierata, ma non l’ha fatto da una posizione netta ma, come egli stesso ammette, da uomo con la personalità in bilico tra un senso di allarme per una leggerezza infida che va combattuta ed una volontà di partecipazione per una felicità assoluta peculiare a chi non chiede molto, ma vive l’appartenenza, ha la certezza di una comunità molto più grande.

Con il suo pensiero forte che resta tale Piccolo in conclusione suggerisce di lasciarsi andare, a fare un falò di conformismi, complessi di superiorità e idee sbagliate perché tutti hanno “diritto ad essere un po’ stupidi nella vita”.

Oppure, aggiungiamo così supremamente saggi da saper guardare dentro e fuori di sé contemporaneamente, con tanta autoironia. Come Piccolo ha fatto; ed anche se quella telefonata della Venier non l’ha mai ricevuta, io, che una sera ebbi la stessa sensazione e mi comportai nel suo stesso modo, ora, dopo anni, dopo la lettura del suo libro, mi sento meno verme di quanto mi sentii quella sera, in cui neanch’io risposi al telefono. Grazie Piccolo.



Francesco Piccolo, L'Italia spensierata, Laterza, pp. 190, euro 9

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