Italia 09/11/2018

Quando un nuovo oliveto diventa una festa

A Spoleto un nuovo oliveto con nove varietà autoctone, densità intensiva e tecnologie all'avanguardia, come l'impianto di aria compressa diffuso. Non solo business ma anche "la costruzione di un paesaggio rispettoso della connotazione culturale del territorio”


Quando i fatti vanno oltre le parole. Può essere questa la sintesi della giornata vissuta nella nuova azienda della Famiglia Gaudenzi a San Martino in Trignano, sulle colline che guardano Spoleto e la Valle Umbra Sud, in quella fascia colorata dagli ulivi della quale la FAO ha riconosciuto recentemente il valore storico. La metafora a volte parla di chi nasce sotto un cavolo, ma stavolta pare proprio il caso di parlare di qualcuno che è nato sotto un ulivo. È infatti questa la storia di Stefano ed Andrea Gaudenzi che, figli e nipoti d’arte, di 25 e 29 anni, che al termine della presentazione del progetto, hanno messo a dimora la prima pianta di ulivo, dalla quale cominceranno a disegnare il loro futuro. Seguiranno le orme del papà, Francesco, che nei primi anni Novanta prese il posto di nonno Vittorio, intervenendo decisamente sull’inserimento di nuovi sistemi di estrazione, mentre loro ad un quarto di secolo di distanza interverranno con una decisa innovazione in olivicoltura. “Come nostro padre apportò innovazione nel frantoio del nonno, - spiega Andrea Gaudenzi - così oggi io e mio fratello Stefano, interveniamo ma stavolta nell’oliveto, visto che dal punto di vista della tecnologia estrattiva già abbiamo a disposizione quanto c’è di meglio”. Passaggi generazionali fondamentali, forti dello stesso legame con l’ulivo e basati oggi come all’ora sulla determinazione del voler guardare avanti senza perdere di vista le radici.

Il progetto agronomico innovativo, curato da Landscape Office Agronomist del dr. Andrea Sisti, si concretizzerà nell’impianto di nuovi oliveti, con nove varietà autoctone, ha preso il via da un approccio progettuale unico e dalla ricerca, della storia del sito, dello studio delle condizioni pedo climatiche, delle temperature, dei venti, della capacità di adattamento varietale, plasmando sui risultati un impianto che ospiterà 300 piante ad ettaro, nei 20 dell’intera proprietà, suddivisi in nove appoderamenti distinti. A questo saranno messi a disposizione impianti diversi, di aria compressa, di sub-irrigazione e di drenaggio. “L’obiettivo – ha detto Andrea Sisti – è di avere a disposizione un patrimonio varietale diversificato, la costanza della produzione, la costruzione di un paesaggio rispettoso della connotazione culturale del territorio”.

“Il futuro è questo – ha spiegato Maurizio Servili del Dipartimento di Scienze Agrarie dell’Università di Perugia – vista la condizione dell’olivicoltura nel nostro Paese, non potremo mai competere sul mercato del prezzo più basso e quindi progetti di questo tipo assumono un valore straordinario perché vedono protagonisti i giovani, perché danno nuova vita a questa campagna, perché qui cresceranno piante delle nostre cultivar, perché da questi ulivi nasceranno oli che innalzeranno il livello qualitativo di produzione del nostro Paese”.

“È stato uno di quei giorni in cui ti rendi conto che tutto quello in cui credi e per cui lotti va verso la strada giusta; – ha detto Pietro Barachini della Società Pesciatina di Olivicoltura, vivaio dal quale provengono gli ulivi del progetto - due ragazzi giovanissimi che con grande coraggio prendono in mano un’azienda di famiglia ed investono nella vera innovazione, rispettando l’origine ed il territorio. Il futuro dell’olivicoltura italiana può ripartire solo da esempi come questo.”

di Carlotta Maffei