Economia

I redditi degli italiani sono stati consultabili on line per poche ore

Si è trattato dell’ultimo regalo di Vincenzo Visco che, basandosi su norme degli anni 1970 e sui telefilm americani, ha deciso di dare sfogo al voyeurismo italiano. Nel nome della trasparenza e di un Grande Fratello fiscale

03 maggio 2008 | T N

Trasparenza contro tutela della privacy.
Il Viceministro dell’Economia, con delega alle Finanze, ha deciso di rendere pubbliche, attraverso il sito dell’Agenzia delle Entrate, le dichiarazioni dei redditi di tutti gli italiani. Un ultimo colpo di coda del Governo uscente che ha colto di sorpresa tutti, compreso il Garante della Privacy.

In particolare si potevano conoscere una serie di dati importanti: la categoria prevalente di reddito, l'ammontare del reddito imponibile, l'imposta netta e l'ammontare del reddito d'impresa relativi alla dichiarazione 2006 (redditi 2005).
Tutto questo fintanto che il Garante della Privacy non ha deciso di sospendere d’urgenza l’iniziativa del Viceministro Visco e del Direttore dell’Agenzia delle Entrate Romano.

Poco credibili, e assai discutibili, le ragioni addotte da entrambi.

“E' un fatto di trasparenza, di democrazia – ha dichiarato Visco - non vedo problemi: c'è in tutto il mondo, basta vedere qualsiasi telefilm americano. Era già pronto per gennaio, ma per evitare le polemiche in campagna elettorale ho chiesto di pubblicarle più tardi”
Il Viceministro Visco ha probabilmente visto troppi telefilm americani, e forse anche qualche puntata di troppo del Grande Fratello, ed ha dimenticato di ripassare le disposizioni realmente vigenti in molti Paesi occidentali, a cominciare dagli Stati Uniti, dove le denunce dei redditi sono strettamente private e non sono mai rese pubbliche dall'Irs. Forse si sarà sbagliato, forse il Viceministro voleva riferirsi a qualche altra Nazione europea. In Germania è impossibile rendere pubbliche le dichiarazioni dei redditi, mentre in Gran Bretagna è possibile solo attraverso una apposita liberatoria. Solo in Irlanda c’è maggiore liberalità, essendo messi alla gogna i nomi e i dati fiscali relativi agli evasori fiscali, ma mai quelli di tutti i contribuenti.

L’Agenzia delle Entrate ha replicato alle polemiche con una nota in cui giustificava la sua azione ai sensi dell’articolo 69 del Dpr 600 del 1973 e dell’articolo 66 bis del Dpr 633 del 1972, come se non fosse noto a tutti che a seguito dei numerosi successivi provvedimenti sulla tutela della privacy, la maggior dati personali sono divenuti inaccessibili e devono essere protetti.
Lo sanno le aziende, i professionisti che devono stilare il documento programmatico sulla sicurezza e attenervisi. Lo sanno anche i privati, costretti per un nonnulla, a firmare l’accettazione della conservazione dei loro dati personali da parte di enti, uffici e imprese. Norme note a tutti, tranne che all’Agenzia delle Entrate.

Non vogliamo ribadire né ripetere le molte analisi che si sono succedute sulla stampa e in televisione. Trasparenza e sicurezza, populismo di sinistra e di destra, legittimo controllo e voyeurismo…

Il provvedimento di Visco è stato studiato per favorire un controllo “dal basso” dei redditi degli italiani, ovvero per incoraggiare la buona vecchia delazione, così scaricando su tutti noi un compito dello Stato, quello del controllo e della verifica.
Perchè allora pagare le tasse?
Se trasparenza deve essere che sia… per tutti e su tutti fronti.
Vivremo in case di vetro, sapremo tutto di tutti, così saremo felici?

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