Economia

Cambiano i gusti alimentari degli italiani e la Grande Distribuzione si adegua

Per Coop gli stili alimentari degli italiani sono diventati liquidi e votati allo star bene ma in senso meno edonistico del passato. "Non pensiamo certamente di abbandonare le promozioni, ma certamente stiamo dando maggiore enfasi a una politica di scaffale" ha affermato il Presidente Marco Pedroni

04 settembre 2015 | T N

Secondo il rapporto CoopItalia2015, sette anni di crisi hanno lasciato cicatrici profonde nel tessuto sociale del nostro Paese, è un’Italia bipolare e schizofrenica; sempre più lunga, il Sud sempre più sud (tra Trento e Calabria corrono più di 1000 euro di differenza nella spesa mensile), la forbice generazionale si è allargata (gli under 35 spendono 100 euro al mese in meno degli over 65) e il lavoro continua ad essere la grande discriminante e la grande chimera.

Tutto questo non poteva non ripercuotersi anche sulle scelte alimentari degli italiani.

Se guardiamo nel piatto ci accorgiamo che mangiamo sì la stessa quantità di cibo degli anni Settanta (2,8 chilogrammi al giorno) ma si è profondamente modificata la dieta alimentare e più estesamente le tipologie di consumo.

Impazziti per il bio da un lato (+ 20% all’anno, il mercato ha raggiunto i 2,5 miliardi di euro, il 2,5% dell’intero comparto alimentare sei volte di più in confronto agli anni 2000), cresce anche il “cibo della rinuncia”: il 10% degli italiani è vegetariano (un primato in Europa seguiti dai tedeschi), il 2% dichiara di essere vegano, ma ci sono anche i fruttariani, i crudisti, i reducetariani e via di questo passo.

Se si dovesse trovare una parola d’ordine per ritrarre i nuovi italiani sarebbe wellness, star bene ma in senso meno edonistico del passato: siamo i più magri d’Europa e tra i più longevi, ci concediamo meno vizi di un tempo (meno alcool -bevono meno di noi solo i portoghesi-, meno fumo “legale” -più smoke free di noi solo finlandesi e svedesi- cresce però il consumo di cannabis il cui mercato oscilla fra l’1,5 e i 3 milioni di chili all’anno), siamo però sempre più mobili e confusi.

A guardare i carrelli spicca la propensione per i consumi etnici (+18% nel 2015); l’internazionalizzazione del gusto -Expo o non Expo- ha fatto centro nel nostro Paese complici sicuramente i crescenti flussi migratori. E nella top ten dei cibi più venduti, a rimarcare il diffuso interesse per il proprio benessere, è exploit di soia, prodotti senza glutine, integratori dietetici.

Gli stili alimentari però diventano sempre più liquidi, gli italiani sono un popolo di consumatori infedeli (se è vero che in un anno le famiglie italiane frequentano in media 21 punti vendita alimentari di cui solo 6 supermercati e iper) e sharing economy da un lato e-commerce dall’altro stanno cambiando la faccia al Paese. Più consumatori di servizi che di beni, al possesso si sostituisce l’uso. La distribuzione moderna corre seri rischi se non aggancia il treno della forte e irreversibile innovazione: lo sconvolgimento digitale è dietro l’angolo.

Questi cambiamenti non si possono non ripercuotere sulle politiche della Grande Distribuzione.

"Per quanto riguarda la dinamica interna – afferma il presidente di Coop Italia Marco Pedroni – i primi segnali di recupero delle vendite non possono che essere accolti positivamente, ma è il quadro complessivo a essere completamente mutato e la cautela è d’obbligo"

La politica di vendita in atto in Coop dal primo trimestre ha infatti generato riduzioni di prezzo (- 6/7%) sulle grandi marche e sulle private label vendute in continuativo nonchè un cambiamento della politica promozionale. "Non pensiamo certamente di abbandonare le promozioni, ma certamente stiamo dando maggiore enfasi a una politica di scaffale" aggiunge Pedroni. E se Coop riduce le vendite correnti a valore del -0,4%, la private label cresce a volumi (+2,2%), a differenza delle altre marche, e si conferma leader di mercato.

Dall’esperienza del Supermercato del futuro di Expo, prende corpo l’idea di un’evoluzione dell’ipermercato dove all’esuberanza degli assortimenti si sostituisce una ottimizzazione della logistica, in modo da poter soddisfare le richieste del cliente con prodotti anche non presenti fisicamente nella superficie di vendita. Un progetto che porta diritto allo sviluppo dell’e-commerce.

 

 

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