Economia

Nella tempesta a tener la barra dritta al centro ci pensa l'estimo

Non è la prima volta in cui si cerca di ridurre la disciplina estimativa all'applicazione di qualche formula e algoritmo. Tra bolla speculativa e gli errori di Basilea2 occorre forse considerare di dover fare un passi indietro. Abbiamo fatto il punto col Prof. Saverio Antonio Miccoli

11 dicembre 2010 | Alberto Grimelli

Estimo. Una disciplina da sempre temuta dagli studenti, in particolare quelli di Agraria, Facoltà che ha sempre valorizzato molto tale materia.
Estimo. Un passaggio obbligato per divenire Dottore Agronomo e Dottore Forestale in quanto è previsto, ormai da molti anni, una prova scritta di estimo nell'esame di Stato.

La valenza dell'estimo, come materia strategica per l'economia e la società, viene però messa in discussione da una ricerca di standardizzazione delle valutazioni in materia immobiliare e di performance aziendale.
Questa tendenza ha portato alla nascita di Basilea2, con la creazione di un sistema di criteri tanto rigidi e codificati da poter essere espressi in un programma software capace di fornire il risultato finale, ovvero l'affidabilità del potenziale debitore.
Tutto ciò ha depotenziato, nell'immaginario collettivo, la figura dell'estimatore.
Ora però, dopo la generalizzata crisi economica, frutto anche della bolla speculativa immobiliare in tanti Paesi, e dopo le proteste dell'economia reale, delle aziende, nei confronti della rigidità di Basilea2, torna di attualità la figura dell'estimatore come figura professionale capace di tenere la barra dritta al centro e in gradi di fornire analisi dettagliate, puntuali e corrette.

Abbiamo voluto fare il punto della situazione col Prof. Saverio Antonio Miccoli, Professore Ordinario di Estimo presso l'Università Sapienza di Roma.

- La standardizzazione dell'estimo ha dunque fallito?
Un certo modello di standardizzazione, inteso come una serie di elementi culturali condivisi, anche a livello internazionale, è non solo utile ma indispensabile. In questo senso ben vengano convegni e iniziative che creino basi comuni attorno a cui far crescere la disciplina e la figura stessa dell'estimatore.
Se per standardizzazione intendiamo la banalizzazione dell'estimo, la sua riduzione a mere espressioni matematiche, è necessario ricordare che non è la prima volta che si è provata questa strada. Già all'inizio del 1900, quando fu introdotta la matematica finanziaria, si pensò di poter ridurre l'estimo a qualche formula, salvo, negli anni 1920-30, accorgersi che i risultati ottenibili era precisi ma per nulla corretti.

- E' ancora necessaria la soggettività umana allora
L'estimo è tutto tranne che soggettività. L'estimatore si avvale certo della sua esperienza ma il risultato di un'analisi estimativa deve essere ripetibile in quanto basata su precisi criteri oggettivanti. La teoria dell'ordinarietà stessa, che è alla base dell'estimo, elimina ogni gradi di libertà all'estimatore che deve solo rappresentare la realtà, secondo espressioni economiche.

- L'estimo sarà quindi ancora disciplina importante nel futuro?
Certamente, anzi, rivestirà ruoli sempre più importanti e sarà un faro per indirizzare scelte di tipo economico ma anche sociale. L'estimo viene già utilizzato nei più svariati campi e comparti. Recentemente sta assumendo sempre più importanza l'estimo ambientale, ad esempio, per guidare scelte paesaggistiche e territoriali che hanno un impatto importante su tutta la società. In un contesto economico sempre più globalizzato, inoltre, con ingenti capitali che possono spostarsi in pochi istanti, l'estimo è e sarà indispensabile per indirizzare gli investimenti e le conseguenti scelte economiche.

Una riflessione sul futuro dell'estimo non poteva allora non partire dai Dottori Agronomi e Dottori Forestali e dal Ceset che hanno organizzato a Roma, poche settimane fa, un interessante convegno, preludio dei primi Stati Generali dell'Estimo, partendo dal presupposto che in questi anni si sono così sviluppate correnti di pensiero sull’individuazione dei più corretti strumenti metodologici e di informazione sulla base di esperienze acquisite in tutte le parti del mondo ed applicate nei molteplici settori estimativi quali, oltre il citato settore immobiliare e creditizio, le risorse ambientali le scelte progettuali e la produzione insediativa.

“E’ evidente quindi – afferma il presidente Conaf Andrea Sisti - che per rispondere alla crescente specializzazione nei settori estimativi occorre innanzitutto una base conoscitiva adeguata che deve provenire necessariamente da un percorso formativo di natura universitaria e seguita da continui aggiornamenti per rispondere sempre in maniera appropriata ed autorevole alle mutazioni delle esigenze del settore”.

“L’università e la comunità tecnico scientifica – aggiunge Gianni Guizzardi, dipartimento Estimo ed Economia del Conaf - sono pertanto gli attori principali nel percorso formativo per l’esercizio professionale, i loro studi e le loro tesi sono pertanto una base imprescindibile per chi nella quotidianità esercita la professione e soprattutto per i giovani che devono ancora intraprenderla”

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