Economia

Pluralismo delle agricolture e delle forme di impresa

Le prospettive di una politica agricola dell’Unione europea a 27, sta sottoponendo a nuovi e importanti cambiamenti il settore primario. La posizione dell’Alpa, l’Associazione lavoratori produttori dell'agroalimentare, sulla riforma della Pac dopo il 2013. L’approfondimento del presidente Antonio Carbone

06 novembre 2010 | Antonio Carbone



Il dibattito sul futuro della Pac dopo il 2013 sta delineando ai vari livelli, europeo, nazionale, regionale. Le prospettive di una politica agricola dell’Unione europea a 27, sta sottoponendo a nuovi e importanti cambiamenti il settore primario.

A incidere su tali orientamenti sono da una parte l’evoluzione positiva del ruolo e delle finalità dell’agricoltura in una società complessa ed evoluta, come quella europea, e, dall’altra, gli effetti radicali dei processi di globalizzazione accentuati dall’attuale crisi mondiale.

Tutto ciò ha messo in discussione i parametri fondanti dei sistemi di sviluppo fin qui perseguiti. Nel ridefinire il futuro della Pac vale la pena riaffermare alcuni principi cardine su cui impostare una riforma che dovrà essere profondamente innovativa e avrà il compito di traguardare ulteriori trasformazioni.

Primo punto. La Pac deve restare una politica comunitaria fortemente orientata alle crescenti richieste della società europea e alle sfide economiche, ambientali e climatiche, incardinata sul concetto della ecosostenibilità.

Secondo punto. La Pac dovrà garantire una coerente politica degli approvvigionamenti della Ue e remunerare la fornitura di beni pubblici.

Terzo punto. La Pac deve essere orientata a un pluralismo delle agricolture e delle forme di impresa e dei produttori; con una coerente attenzione ai problemi occupazionali.

Quarto punto. La dotazione finanziaria dopo il 2013 della Pac non dovrà globalmente diminuire. L’Unione europea dovrà prevedere una adeguata quota di “risorse proprie”, svincolate dai trasferimenti degli Stati membri.

Quinto punto. La Pac deve incentivare negli agricoltori comportamenti attivi volti al raggiungimento di obiettivi comunitari e non privilegiare posizioni di sostanziale rendita.

Sesto punto. La Pac deve favorire il generale ricambio generazionale e un ampliamento della base produttiva e di nuovi soggetti agricoli nei servizi agroambientali.


Considerando tali punti, l’Alpa, l’Associazione lavoratori produttori dell'agroalimentare, avanza le seguenti proposte:

Prima proposta. Far vivere una Pac efficace e non rinazionalizzata.

Seconda proposta. Nella ripartizione delle risorse tra i diversi Paesi vecchi e nuovi vanno affermate alcune opzioni prioritarie, quali:
- orientare gli aiuti mettendoli in relazione, attraverso specifici contratti, a precisi obiettivi richiesti dai contribuenti e alle produzioni di beni pubblici europei (paesaggio agrario, presidio territoriale, biodiversità, lotta al cambiamento climatico, sviluppo rurale);
- tutelare la biodiversità e la qualità dei prodotti;
- ampliare e remunerare la produzione di beni pubblici;
- sviluppare politiche specifiche per il mantenimento dell’ agricoltura in zone svantaggiate, montane, nei parchi naturali e in aree con vincoli paesaggistici;
- rafforzare il sostegno ai piccoli produttori e all’agricoltura contadina, riconoscendo l’importanza del loro ruolo economico-sociale-ambientale;
- estendere le produzioni agricole biologiche ed ecosostenibili.

Terza proposta. Il Pua deve conservare la sua funzione di sostegno fisso al reddito degli agricoltori in rapporto con la produzione di beni pubblici legati all’attività agricola e diversificati tra i due pilastri.
Gli aiuti comunitari comunque dovranno avere una diversa distribuzione impedendo le attuali sperequazioni che oggi portano il 20% delle aziende del primo pilastro ad assorbire l’80% di tutte le risorse. A questo fine dovranno essere fissati tetti aziendali e societari nella riscossione degli aiuti.
Il Pua per il primo pilastro dovrà essere calcolato su base territoriale e non storica e rapportato agli obiettivi della eco-condizionalità.
Il Pua per il secondo pilastro va rafforzato nella sua entità economica e accoppiato agli obiettivi produttivi ed ambientali di salvaguardia delle aree svantaggiate nonché alla permanenza del produttore nel territorio.
I beneficiari del Pua sono in primo luogo i piccoli agricoltori per la loro inalienabile funzione di presidio del territorio e per essere questi più svantaggiati nelle loro attività. Ad essi va garantito un livello idoneo di pagamenti diretti maggiormente rafforzato per quelli che operano in aree montane ed insulari con particolari difficoltà.

Quarta proposta. In merito alla ridefinizione del sistema della Pac tra l’attuale a due pilastri ed una riorganizzazione in un unico pilastro,sosteniamo come Alpa l’opportunità di privilegiare nella discussione attuale prima il merito, ovvero l’individuazione degli obiettivi delle politiche agricole e di sviluppo rurale e poi lo schema generale di ripartizione delle titolarità politiche.

Quinta proposta. Il primo pilastro è da noi visto come il riferimento che aggrega le politiche agricole e agro-alimentari fortemente orientate al mercato, alla competitività europea e mondiale. Quindi il sistema sarà prioritariamente finalizzato ad una politica che favorisca la produzione di alimenti di qualità, il rafforzamento dell’offerta di tali prodotti, lo sviluppo di filiere agro-alimentari, l’eco-condizionalità, la lotta alla volatilità dei mercati per le attività speculative sulle commodities ed un’adeguata rete di salvaguardia dai rischi di crisi.
Nelle filiere agro-industriali e commerciali va perseguito il riequilibrio della distribuzione del valore economico tra i diversi soggetti attivi per superare l’attuale totale svantaggio degli agricoltori. Per questi obiettivi è rilevante la realizzazione di forti organizzazioni dei produttori, di un moderno associazionismo (cooperazione, interprofessione, concentrazione dell’offerta) e la realizzazione territoriale di Distretti agro-alimentari di qualità con un ruolo centrale dei produttori.

Sesta proposta. Mentre, per quanto concerne l’esistenza o meno del secondo pilastro, inteso come politica dello sviluppo rurale, per noi è fondamentale la realizzazione in esso di una generale aggregazione delle politiche agricole, strutturali e di coesione sociale. Ovvero è opportuno che questi tre elementi siano ricomposti in un unico soggetto o pilastro superando gli attuali limiti. Alla luce di questa diversa condizione a nostro avviso, si può aprire una nuova discussione in merito alla sua più idonea collocazione.

Settima proposta. La politica di sviluppo rurale di questi anni, anche se come secondo pilastro della Pac, ha rappresentato una importante esperienza sia per il settore primario e sia per le aree rurali. Inoltre esso ha costituito di fatto il terreno più avanzato dell’innovazione delle politiche comunitarie in campo agroambientale. Ciò non esclude la necessità di una radicale rivisitazione di dette politiche per superare i gravi limiti registrati in questa fase.

Tali limiti si riscontrano:
a) in un ruolo del secondo pilastro eccessivamente sussidiario al primo e a volte con funzioni sovrapposte;
b) in una scarsa autonomia nell’ attuazione degli obiettivi fissati;
c) nelle ridotte risorse finanziarie le quali, molte volte, pur impegnate dal secondo pilastro, di fatto sono state utilizzate per le finalità del primo;
d) nella mancanza di rapporti tra funzioni diverse sia all’interno della Pac e sia con le altre politiche comunitarie (politiche strutturali e di coesione). E’ venuto meno così uno dei punti fondamentali della strategia dello sviluppo rurale: l’integrazione nel territorio fra le diverse politiche: la coesione economica, sociale, territoriale, il sostegno al capitale umano (lavoro ed inclusione).
Così, come l’assenza di una specifica destinazione del sostegno al reddito degli agricoltori operanti nelle aree rurali svantaggiate sia sul piano economico che sociale, ha impedito di fatto una tenuta del tessuto produttivo e multifunzionale in queste aree.
Non si è adeguatamente sostenuta la promozione e la formazione dei Distretti rurali e di politiche di inclusione e dei servizi sociali, ancorché in presenza di esperienze altamente positive. Si è accentuato un processo di esodo dalle aree rurali che può essere contrastato con una politica agricola multi funzionale, pluriattiva, plurisoggettiva, con ampie diversificazioni ed in particolare con rapporti moderni di interconnessione tra città e campagna, improntati a costruzioni di reti di reciprocità e di mutuo aiuto in un quadro di moderna centralità del territorio rispetto a quella dell’impresa.

L’Alpa, in conclusione, considera necessario e di grande rilievo aprire un ampio dibattito tra tutte le rappresentanze sociali agricole, ambientali, dei consumatori su queste tematiche per un processo di diffusa informazione e di costruzione di politiche condivise sul futuro della Pac.

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