Cultura
Il fascino delle cantine sotterranee di Pitigliano
I caratteri architettonici spiccati, le forme più varie. Il tutto concepito in una profonda gola scavata nel tufo
13 settembre 2008 | C. S.
Sotto l'abitato visibile di Pitigliano si nasconde un'altra città invisibile, sotterranea, meravigliosamente suggestiva.
E' fatta di grotte, colombari, cunicoli, ma soprattutto di cantine, dove si conservavano i vini. La cantina pitiglianese è di solito costituita da un "cellaro" o linaio e da una profonda gola scavata nel tufo, che si conclude nel bottaio, dove si tiene il vino in botti e damigiane. Vi era in esse tutto l'occorrente per vinificare: torchio, line, bigongi, vasi da vino, come le caratteristiche panate e rabbine in ceramica, prodotte in loco dai "cocciai" di Sorano.
Le cantine create dalla particolare abilità locale di scavare il tufo, hanno le forme più varie, perché sono anche la risultante di trasformazioni di vani preesistenti: stalle, tombe etrusche, antiche case rupestri. Spesso si svilupparono dai caratteristici pozzi da grano, dalla curiosa forma ovale, quando il vino assunse la prevalenza nell'economia di Pitigliano.
Quasi tutte le cantine hanno spiccati caratteri architettonici nelle forme ben squadrate del cellaro e del bottaio, nella volta rotonda della gola, nell'ingegnosa soluzione delle "mine", strette gallerie per portare fuori l'acqua eventualmente infiltratasi. Non mancano talvolta pilastri con capitelli, mascheroni, nicchie decorate. Più rara è la gola con arco a sesto acuto, come nella vecchia cantina nel rione "la Fratta", che era utilizzata dalla Cantina Cooperativa per l'invecchiamento in botti di rovere dei vini "Gran Tosco" bianco e rosso, il cui nome evoca ricordi danteschi come indicato nel libro del Purgatorio, canto XI, v. 58.
Fonte: Fuori Casa Wine&food Events, Caterina Andorno e Roger Sesto
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