Cultura
Il mondo contadino perde lo scrittore Luigi Malerba
Aveva 81 anni. Nel suo libro d'esordio, "La scoperta dell'alfabeto", racconta della scomparsa del mondo rurale e di un gruppo di agricoltori rimasti ancorati alla loro terra e alla loro cultura
10 maggio 2008 | Luigi Caricato
Era nato nel 1927 a Berceto, in provincia di Parma. Aveva 81 anni. E' morto nella notte tra il 7 e l'8 maggio a Roma, ma il suo vero nome, all'anagrafe, è Luigi Bonardi. Malerba è il cognome da scrittore. 

L'esordio nella narrativa risale al 1963 con la raccolta di racconti La scoperta dell'alfabeto. Il volume, edito da Mondadori, racconta di un gruppo di contadini rimasti ancorati alla loro terra e alla loro cultura, fatta di fame e fatica, guardano il mondo e riescono a interpretare la realtà con sconvolgente lucidità. E' il racconto di un universo che sta scomparendo. Come si evince dalla stessa perdita di riferimenti, perfino linguistici.
Nel libro Le parole abbandonate, ancora una volta Malerba analizza le parole che appartengono al lessico contadino, cadute in disuso proprio a seguito dell'abbandono delle campagne.
L'impegno di Luigi Malerba per la letteratura riguarda anche le storie per l'infanzia,come nel caso dei volumi Le galline pensierose, del 1980, e Storiette tascabili, del 1984, entrambe per Einaudi.

"LA SCOPERTA DELL'ALFABETO", UN OMAGGIO A LUIGI MALERBA
Al tramonto Ambanelli smetteva di lavorare, e andava a sedersi davanti a casa con il figlio del padrone, perché voleva imparare a leggere e a scrivere.
«Cominciamo dall'alfabeto», disse il ragazzo che aveva undici anni.
(...)
  «Voglio imparare a mettere la firma» disse Ambanelli, «quando devo firmare una carta non mi va di mettere una croce.»
Il ragazzino prese la matita e un pezzo di carta e scrisse «Ambanelli Federico», poi fece vedere il foglio al contadino.
«Questa è la vostra firma».
«Allora ricominciamo da capo con la mia firma».
(...)
  Il ragazzo scriveva una lettera alla volta e poi la ricalcava a matita tenendo con la sua mano quella del contadino. Ambanelli voleva sempre, saltare la seconda A che a suo parere non serviva a niente,  ma dopo un mese aveva imparato a fare la sua firma e la sera la scriveva sulla cenere del focolare per non dimenticarla. Quando, vennero quelli dell'ammasso del grano, e gli diedero da firmare la bolletta, Ambanelli si passò sulla lingua la punta della matita copiativa e scrisse il suo nome. Il foglio era troppo stretto e la firma troppo lunga, ma a quelli del camion bastò «Amban» e forse è per questo che in seguito molti lo chiamarono Amban, anche se poco alla volta imparò a scrivere la sua firma  pila  piccola e a farla stare per intero sulle bollette dell'ammasso. Il figlio dei padroni diventò amico del vecchio e dopo l'alfabeto scrissero insieme tante parole, corte e lunghe, basse e alte, magre e grasse come se le figurava Ambanelli. Il vecchio ci mise tanto entusiasmo che se le sognava la notte, parole, scritte sui libri, sui muri, sul cielo, grandi e fiammeggianti come l'universo stellato.
Certe parole gli piacevano più di altre e cercò di insegnarle anche alla moglie. Poi imparò a legarle insieme e un giorno scrisse "Consorzio Agrario Provinciale di Parma".
Ambanelli contava le parole che aveva imparato come si contano i sacchi di grano che escono dalla trebbiatrice e quando ne ebbe imparate cento gli sembrò di aver fatto un bel lavoro.
«Adesso mi sembra che basta per la mia età». Su vecchi pezzi di giornale Ambanelli andò a cercare
le parole che conosceva e quando ne trovava una era contento come se avesse incontrato un amico.
Luigi Malerba
Il volume La scoperta dell'alfabeto è stato pubblicato presso Mondadori, ma oggi è disponibile anche per le edizioni Mup,  Monte Università Parma: link esterno
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