Cultura
Lunga vita alla civetta, emblema di Atena la dea dell’olivo

La civetta, uccello di Atena, rappresenta la riflessione che domina le tenebre. Andare oltre il presagio negativo, legato al suo canto malinconico, per vedere i significati positivi attribuiti a questo uccello notturno fin dall'Antica Grecia
11 aprile 2025 | 10:30 | Giulio Scatolini
Esistono come spesso accade nelle credenze e nelle superstizioni interpretazioni diverse, se non opposte, su eventi, cose, animali e persone. E’ questo il caso della civetta.
Parlerò dapprima di questo particolare uccello notturno nelle sue credenze positive, in quanto sono quelle che preferisco.
Non potrebbe essere che così perché la civetta nasce prima di tutto come l’emblema di Atena la dea dell’olivo e quindi protettrice simbolica anche di … Teatro Naturale.
Uccello notturno, in rapporto con la luna, non può sopportare la luce del sole e si oppone, in questo, all’aquila che invece fissa il rosso globo ad occhi spalancati. Lo studioso francese Guènon sostiene che, a tale proposito, si può interpretare in ciò il simbolo della conoscenza razionale, percezione della luce riflessa (lunare), opposta alla conoscenza intuitiva, percezione della luce diretta (solare). Forse per questo motivo la civetta è tradizionalmente un attributo degli indovini, simboleggiando quella chiaroveggenza che essi esplicano non direttamente, ma bensì attraverso l’interpretazione dei vari segni che si offrono alla loro attenzione.
Secondo l’antropologo Victor Magnien “La civetta, uccello di Atena, rappresenta la riflessione che domina le tenebre”.
Gli ateniesi chiamavano la dea Atena anche Glaukopis, da glauks, civetta, e opé, sguardo; e quindi letteralmente “dallo sguardo da civetta” e, per estensione, “dallo sguardo scintillante”, ovvero splendente come quello del rapace notturno. Parecchie monete ateniesi erano dette “glauks” perché vi era riprodotto la civetta che divenne perciò anche simbolo di denaro. Plutarco narra a tale proposito che un tale nobile di nome Gilippo al quale era stata affidata una grossa somma di denaro pubblico, ne rubò una parte cospicua celandola sotto il tetto di casa. Gli inquirenti gli rivolsero delle domande a cui si rifiutò di rispondere; ma il suo servo che assisteva alla scena, riferì che sotto il tetto riposavano “molte civette”. Ai servi era vietato incolpare il padrone, ma con questa frase astuta lo schiavo riuscì a denunciare il furto di Gilippo evitando di violare formalmente il divieto e, allo stesso tempo, rendere un grande servigio agli Ateniesi.
Essi consideravano perciò questo rapace notturno di buon auspicio e il modo di dire glauks hiptai, “una civetta vola”, era considerato segno di successo e di vittoria.
In tempi successivi e sino ai nostri giorni, invece, veder volare una civetta, o ascoltare il suo canto, è un cattivo presagio. Probabilmente l’interpretazione così negativa, che circonda questo innocuo volatile, è da ricercare nelle sue abitudini notturne e nel suo grido colmo di inquietudine.
Si crede che nel guardare all’interno del nido di una civetta possa cambiare il carattere: chi ha osato farlo sarà malinconico per il resto della sua vita. In genere, è, in ogni caso, il grido della civetta a essere soggetto delle più diffuse superstizioni.
Oltre a risultare presagio di sfortuna, malattia o morte, questo triste verso è comunque sempre connesso a eventi tradizionalmente considerati negativi.
Nelle campagne inglesi si dice che il grido della civetta annunci la perdita della verginità di una ragazza del luogo; in quelle francesi comunicherebbe invece la morte di un conoscente.
In Germania, quando nasce un bambino, ci si augura di non sentire l’inquieto verso, perché in quel caso la vita del nascituro sarebbe infelice.
Insomma dopo i bei tempi dell’Antica Grecia in cui la sua presenza era creduto un presagio positivo, nella civetta, insieme con altri uccelli notturni come il gufo e il barbagianni, l’aura positiva diventò nefasta e malvagia e ciò l’avrebbe accompagnata fino ai nostri giorni.
A tale proposito un passaggio tratto dalla Metamorfosi di Apuleio è particolarmente utile per indicarci l’atteggiamento nei confronti degli uccelli notturni considerati annunciatori di sventura:
“…Vediamo bene che quando i gufi si introducono in qualche casa, vengono immediatamente presi e inchiodati ai battenti delle porte.
Si fa così perché essi espiino, con il loro supplizio, quei lutti che minacciano le famiglie dove è avvenuto il loro volo di malaugurio”.
A me invece, come già detto all’inizio, fa piacere vedere e sentire questo splendido rapace notturno che, a volte, si vede volare nella placida notte delle campagne umbre: è simbolo di Atena dea protettrice della pace e dell’olivo e, alla fine, anche di Teatro Naturale rivista su cui, con grande piacere e privilegio, scrivo.
francesco ajello
13 aprile 2025 ore 08:35Sovente, poggiata sulla sua spalla, si trovava la civetta, a volere simboleggiare la saggazza, la conoscenza razionale, cioè, che consente di vedere nell'oscurità ciò che altrimenti rimarrebbe ignoto. L'ulivo era considerato la sua casa notturna ma anche, in parte, caratteristica del suo abito mentale: la serenità.