Cultura

Ecco perché versare olio di oliva porta sfortuna

Ecco perché versare olio di oliva porta sfortuna

La superstizione dell’olio di oliva versato come presagio di sfortuna è legata alle virtù miracolose e all’uso nelle pratiche magiche e religiose. Le nefaste conseguenze dello spargimento accidentale dell’olio possono essere neutralizzate spargendovi sopra del sale o anche urina

16 gennaio 2025 | 12:00 | Giulio Scatolini

Con il passare della storia e del tempo, alcune sostanze, acquistano inesorabilmente una dimensione mitica; trascendono ossia la loro materialità fisica e chimica, in senso stretto, e si manifestano nella nostra mente come simboli, come qualità metafisiche ideali.

Nell’inconscio collettivo di una cultura, la loro costituzione materiale passa così in secondo piano rispetto al loro valore simbolico.

Ne consegue che, in generale, l’aspetto reale e la descrizione scientifica di tali sostanze entrate nel mito è destinata a deluderci.

Nel caso dell’olio, però, è vero l’inverso: anche quando lo spogliamo dei suoi abbellimenti simbolici, delle sue associazioni con il sacro, la nascita (battesimo), la morte (estrema unzione) ecc.; anche quando lo riduciamo ad un fenomeno da laboratorio, chimico o sensoriale che sia, l’olio continua ad affascinarci.    

Si comprende così come il versare accidentalmente questo elemento non può che portare sfortuna, venendoci a mancare istantaneamente “il concreto” e il “simbolico”.

La spiegazione di tipo razionale ed economica ci viene suggerita da un antico proverbio toscano che testualmente dice(1)  “Mercante di vino, mercante poverino; mercante d’olio, mercante d’oro”. Tale ipotesi è sostenuta anche da M. Pasquarelli(2) il quale  crede che la cosa abbia origine “a tempi in cui di vino s’aveva grande abbondanza e mancava l’olio”.

Un’altra ipotesi di tipo economico è proposta da Domenico Priori(3)  il quale sostiene  che ”alla dispersione di prezioso elemento, debba attribuirsi il rincrescimento che si prova al versarsi dell’olio, rincrescimento facile a trasformarsi in preoccupazione per l’avvenire, in minaccia di futuri danni”.

La maggior parte degli studiosi sostiene tuttavia che l’origine di questa credenza debba far riferimento più che a motivi di carattere pratico, a valenze di natura simbolica, riferite all’olio, sin dai tempi più remoti, per la sua molteplicità di usi terapeutici e cerimoniali.  

Un teologo cattolico dell’ottocento(4), in modo sintetico ed allo stesso tempo esaustivo, infatti scriveva: “Oleum sanat, lenit, recreat, penetrat ac lucet”. Tante sono le virtù di questo prodotto che è al tempo stesso farmaco e lenitivo, cosmetico e fonte energetica di luce.

Come efficacemente riassume anche il Bartoli(5) “Materia rilucente, preziosa per il nutrimento, la cura e la bellezza del corpo, l’olio è anche una sostanza sacra il cui uso ricorre con insistenza nelle cerimonie religiose di un gran numero di antiche culture”.

Anche se l’unzione rituale dei re era praticata sin dai tempi degli antichi Greci e Romani, è tuttavia nella tradizione giudaico-cristiana che l’olio assume un carattere di sacralità in quanto come scrive Marc Bloch(6), questa cerimonia rappresentava “la procedura per trasferire un uomo o un oggetto dalla categoria del profano alla categoria del sacro”.

L’olio serviva tuttavia una volta cosparso anche a curare le malattie come evidenzia il Vangelo di S. Marco dove è detto che “gli apostoli ungevano con olio molti malati e li guarivano”.  “Con il passare del tempo -come suggerisce il Bartoli(5)- l’unzione dei malati assunse il significato di preparazione alla morte, venendo così ad essere sempre più intesa non solo e non tanto come medicina del corpo ma come sollievo dell’anima che si prepara ad abbandonarlo: si trasformò, in altri termini, nel sacramento dell’estrema unzione”.

Da questa constatazione alcuni studiosi hanno cercato di spiegare la superstizione derivante dal fatto che l’olio versato accidentalmente  (non usato per scopo alimentare), come significativamente avviene appunto nella somministrazione all’estrema unzione, è pertanto  segno di sventura.

Paolo Toschi(7) sostiene invece che la superstizione dell’olio versato come presagio di sfortuna è legata alle virtù miracolose e all’uso corrente di questo elemento nelle pratiche magiche e religiose e  “il fatto che, versandosi, se ne viene a perdere una quantità più o meno grande costituisce, non solo in se stesso, ma come segno da interpretare, una disgrazia”.

Secondo Angelo De Gubernatis(8) l’origine di tale superstizione sarebbe legata anche al significato fallico dell’albero dell’olivo inteso come albero rigeneratore. A dimostrazione di ciò viene citata una variante “tedesca” relativa alla leggenda della croce di Gesù. Secondo tale leggenda il ramoscello d’olivo portato dalla colomba a Noè, dopo il diluvio, preludio della rigenerazione del genere umano, proveniva da un olivo cresciuto presso la tomba di Adamo, primo uomo e primo procreatore. Dallo stesso olivo proveniva il legno che fu usato per costruire la croce usata per il sacrificio di Gesù, rigeneratore dell’umanità. Questo nesso tra l’olivo e la (ri)generazione fisica e spirituale fa appunto pensare, secondo De Gubernatis(8), ad un significato fallico dell’albero,  che sarebbe confermato dalla antica credenza secondo la quale il tocco dell’olivo da parte di una prostituta, ossia una donna che non partorisce, rende questa sacra pianta, sterile, ossia incapace di rigenerare frutti.

L’olio sarebbe quindi “l’ambrosia di questo albero fallico”; da ciò, suggerisce il Bartoli(5) “sarebbe nata la paura superstiziosa di sprecare l’elemento vitale che simboleggia il seme a cui è affidata la garanzia di perpetuazione della vita”.              

Da notare infine che secondo antiche credenze,  le nefaste conseguenze dello spargimento accidentale dell’olio possono essere neutralizzate spargendovi sopra del sale o addirittura come avveniva, lo riferisce Caterina Pigorini Beri(9), nel secolo scorso nell’Appennino marchigiano,  “soprapponendo all’olio versato, un atto naturale e volgarissimo della vita”.

Del complesso legame tra olio e sale torneremo tuttavia a parlare quando tratteremo come argomento proprio il “sale rovesciato” (sfortuna).

Bibliografia

1) F. Bellonzi, Proverbi Toscani; 1987

2) M. Pasquarelli, Noterelle follkloristiche  per la Basilicata, “Rivista delle     Tradizioni Popolari Italiane”; 1894

3) D. Priori, Folklore abruzzese; 1964

4) P. Dens, Theologia dogmatica et moralis; 1832

5) P. Bartoli, Tocca ferro; 1994

6) M. Bloch, I re taumaturghi. Studi sul carattere sovrannaturale attribuito alla potenza dei re particolarmente in Francia e in Inghilterra; 1973

7) P. Toschi, Lei ci crede? Appunti sulle superstizioni; 1957

8) A. De Gubernatis, La mythologie des plantes ou les légedes du règne végétal; 1878-1882

9) C. Pigorini Beri, Le superstizioni e i pregiudizi delle Marche appennine. Archivio per l’Antropologia e la Etnologia; 1854

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