Cultura
Scoperto in Basilicata un frantoio oleario del IV secolo a.C.

E’ da immaginare che la cella olearia costituisca solo una porzione di un complesso rurale. Da scoprire le zone adibite alla frangitura e allo stoccaggio delle olive
17 febbraio 2021 | C. S.
Il progetto di ricerca “FArch – Ferrandina Archeologica” nasce nel 2018 fa grazie alla collaborazione fra la cattedra di Archeologia Classica dell’UniBas-DiSU, l'Università degli Studi della Basilicata (Dipartimento di Scienze Umane, direzione scientifica Maria Chiara Monaco; responsabili sul campo dei dottori Antonio Pecci e Fabio Donnici), la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio della Basilicata e il Comune di Ferrandina (MT), con l’obiettivo di ricostruire il territorio della città di fondazione aragonese, ricco di siti archeologici databili tra l’età del Ferro l’epoca lucana (VIII-III sec. a.C.). Le indagini sul campo 2018-2019 si sono concentrate in località S. Antonio Abate, a 2 km a S del moderno centro di Ferrandina. Qui, nel 2007 nel corso di indagini di archeologia preventiva effettuate dalla dr. Erminia Lapadula, lungo un declivio sulla sinistra del torrente Vella, erano già state rintracciate strutture riferibili ad un impianto oleario di età lucana (IV/inizi del III sec. a.C.).
A 11 anni di distanza dalla scoperta, l’UniBas-DiSU ha ripreso gli scavi archeologici con un duplice obiettivo: proseguire le indagini in un contesto di rilevante importanza che testimonia la antichissima vocazione olivicola del territorio ferrandinese, e intraprendere un percorso di valorizzazione. Le principali evidenze sono relative ad una cella olearia costruita con muretti a secco, al cui interno era raccolto il prodotto di spremitura delle olive. Da essa si dipartono diverse canalette che assecondano il pendio naturale terminando in vasche di pietra funzionali alla purificazione dell’olio. Il torchio era verosimilmente formato da travi orizzontali con contrappesi mobili, al di sotto delle quali erano collocati i fiscoli con la polpa delle olive. Facenti parte dell’impianto erano anche due basi di spremitura, attualmente conservate al Museo di Metaponto, e un meccanismo di pressatura con intelaiatura lignea, di cui restano solo le tracce in negativo sul pavimento in terra battuta.
A Est e a Sud della cella olearia, è stato rinvenuto un ampio spazio aperto, con un piano di calpestio di argilla ben compattata destinato alla lavorazione delle olive. In fase con questa pavimentazione di IV sec. a.C. sono stati eccezionalmente ritrovati alcuni carporesti di Olea Europaea in ottimo stato di conservazione.
E’ da immaginare che la cella costituisca solo una porzione di un più ben più ampio complesso rurale, presumibilmente formato da un’area produttiva e da una residenziale. Giacché i resti messi in luce sono relativi solamente al settore dedicato alla spremitura delle olive, è ipotizzabile che intorno ad essi, in futuro, vadano ricercate le aree adibite alla frangitura e allo stoccaggio delle olive.
Le future analisi paleobotaniche sui carporesti rinvenuti potranno fornire ulteriori informazioni sulla tipologia di cultivar e far luce sull’origine della Majatica, l’oliva tipica di Ferrandina. In tal senso, questo frantoio lucano costituisce un unicum in tutta la Magna Grecia, dove non sono finora documentate strutture olearie di età preromana.
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