Cultura

Caravaggio nei vicoli della Roma e un battibecco: carciofi all’olio o al burro?

Quando pensiamo a Caravaggio e il cibo la nostra mente va inevitabilmente ai brani meravigliosi di natura morta nei suoi dipinti quali la trasparenza di caraffe di vino, il colore intenso dei frutti, il pane spezzato sulla tovaglia candida. Raramente immaginiamo il pittore a tavola. La sensibilità femminile di una pandolina ci porta invece in un'osteria della città eterna

24 luglio 2015 | Paola Suraci

Se si chiede a una storica dell’arte di scrivere su olio e donne, il rischio è che possa azzardare degli accostamenti inconsueti. Se poi la storica dell’arte è anche una convinta ambientalista allora tutto si fa più complicato: significa aggiungere a temi complessi quale l’olio e le donne una particolare sensibilità per la conservazione del patrimonio storico artistico e paesaggistico, il tutto ‘condito’ da una passione viscerale per le due ruote.

La bicicletta è lentezza esistenziale, ‘spazio’ privilegiato, in cui trovare quel filo sottile che lega la storia stratificata nelle strade e sulle facciate di edifici con la propria storia interiore. Il ritmo dolce delle due ruote sulle geometrie imprevedibili dei Sampietrini che spaccano la schiena su e giù per il Campo Marzio per circa 30 km tra casa e lavoro mi ha fatto venire il desiderio di raccontare dei bassifondi della Roma del ‘600.

Mi scuso fin d’ora se Il mio racconto sarà disordinato e i vari temi non saranno trattati in modo esaustivo ma l’unico intento di queste righe è di suscitare curiosità! A mia parziale discolpa dirò che il tutto è strettamente legato alle suggestioni che mi colpiscono nel mio percorso in bicicletta durante il quale mi perdo nel ritmo vorticoso della cupola della chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza, nelle linee austera della facciata di San Luigi del Francesi e poi nella vivacità della piazza di San Lorenzo in Lucina.

Questa storia - ambientata tra i vicoli delle contrada della Scrofa non distante da Piazza Navona - inizia con un piatto di carciofi. E’ il 24 aprile del 1604, siamo all’Osteria del Moro in via della Maddalena e ad ordinarli è un milanese che si è stabilito a Roma da alcuni anni. La questione fondamentale è se siano all’olio o al burro. Una domanda fondamentale! Personalmente preferisco i carciofi conditi con abbondante olio l’oliva, aglio e mentuccia, come vuole la migliore tradizione romana. Il garzone però, un certo Pietro da Fusaccia, non è in grado di rispondere e pensa bene di prenderne uno e di metterselo elegantemente al naso. Davvero troppo per non scatenare la risposta violenta di un carattere irascibile quale quello di Michelangelo Merisi che afferra il piatto e glielo tira in faccia dopo avergli gridato: “se ben mi pare, becco, fottuto, ti credi di servire qualche barone”.

Diversamente da quanto si pensa Caravaggio non è solo l’artista che frequenta i bassifondi della città. La sua biografia si presta bene ad essere letta con quei contrasti radicali di luce ed ombra che caratterizzano la sua pittura: lo dobbiamo immaginare invece nei salotti più importanti di Roma, quali Palazzo Madama, attuale sede del Senato dove tra il 1597 e il 1601 è stato ospite del potente Cardinal Del Monte attraverso il quale è entrato in contatto con gli intellettuali e i mecenati di maggior rilievo del tempo.

Quando pensiamo a Caravaggio e il cibo la nostra mente va inevitabilmente ai brani meravigliosi di natura morta nei suoi dipinti quali la trasparenza di caraffe di vino, il colore intenso dei frutti, il pane spezzato sulla tovaglia candida. Raramente immaginiamo il pittore a tavola. Eppure presso i suoi committenti doveva prendere parte a banchetti sontuosi caratterizzati da lunghi cerimoniali di servizio. La cucina al suo tempo era ancora strettamente legata al calendario liturgico che proibiva il consumo di carne in alcuni giorni della settimana, durante la Quaresima e di prodotti di origine animale per le vigilie. L’olio veniva usato soprattutto nei giorni di magro in sostituzione dello strutto e del burro. Se nei paesi del nord Europa vi era un olio scadente, di coloro scuro e dal sapore rancido quello che doveva degustare Caravaggio doveva essere certamente di migliore qualità.

Non ci è dato di sapere se i carciofi all’origine della disputa all’osteria del Moro fossero al burro o all’olio a mio avviso l’unica cosa importante di questo aneddoto ed è per questo che ho voluto riportarlo è che ancora emergono documenti sul grande maestro lombardo.

Uno dei ‘ritratti’ più caratterizzanti del pittore ci è stato consegnato dalla testimonianza di un certo Luca, figlio di un barbiere che descrive il pittore come “un giovenaccio … con poca di barba negra grassotto con ciglia grosse et occhio negro, che va vestito di negro non troppo bene in ordine che … porta li capelli grandi longhi dinanzi …”. Parole emerse in un altro atto giudiziario relativo all’aggressione di un musico.

Queste e altre informazioni fondamentali per la conoscenza della vicenda umana ed artistica del grande pittore lombardo non le avremmo avute se non fossero stati salvati e restaurati i documenti conservati presso l’Archivio di Stato di Roma.

L’aspetto più inquietante di questa vicenda è che questo materiale lo avremmo perso perché i continui tagli alla cultura han fatto sì che non ci fossero fondi per la conservazione ed il restauro dei documenti. Parliamo di 10 volumi - poca cosa rispetto agli oltre 60 km di scaffali conservati all’ombra della cupola di Sant’Ivo alla Sapienza - e del costo di 2.500 euro a volume. Una cifra irrisoria per deacidificare la carta corrosa dagli inchiostri e ridare forza ai sottilissimi fogli in cui sono stati scritti ordini di cattura, atti giudiziari… tessere di storia.

Una corsa contro il tempo, specchio di un paese che fatica a salvaguardare il proprio patrimonio; se non ci fosse stato un nome di grande richiamo quale quello di Caravaggio e una grande mobilitazione gli inchiostri acidi avrebbero continuato a divorare inesorabilmente le carte.

Questa volta la vicenda ha avuto un esito positivo e allora possiamo sapere dell’arresto di Caravaggio nei pressi di Piazza Navona per detenzione abusiva di armi e della sua frequentazione in un contesto di nobili e alti prelati con alcune cortigiane. I volti di queste donne a volte li ritroviamo in alcuni suoi dipinti come avviene ad esempio per Maddalena Antognetti nei panni ‘improbabili’ della Madonna di Loreto nella chiesa di Sant’Agostino.

Tra queste una figura che ha colpito la mia sensibilità è Fillide Melandroni arrestata per essere stata colta fuori dalla zona riservata alle prostitute, i cosiddetti ‘ortacci’, nei pressi del Mausoleo di Augusto. Aveva solo 13 anni!

Fillide, come afferma in un documento, aveva avuto “conoscenza carnale” con Ranuccio Tomassoni che avrà un ruolo fatale nella vita di Caravaggio. La donna aveva tentato di emanciparsi dalla strada, un nobile Giulio Strozzi si era innamorato di lei: era una cortigiana di alto livello, frequentava letterati. Lo Strozzi aveva chiesto a Caravaggio di dipingerne il ritratto; avrebbe voluto sposare Fillide ma la famiglia si era opposta all’unione.

Quando passo con la bicicletta nei presso di San Lorenzo il Lucina penso a Fillide sepolta fuori del sagrato della chiesa perché aveva rifiutato la confessione e la comunione. Mi commuovo all’idea che nell’inventario dei suoi beni siano citati gli orecchini con le perle che indossava nel ritratto di Caravaggio. A volte il destino gioca strani scherzi ma l’avventura di Caravaggio a Roma si chiude drammaticamente nel 1606 quando in una lite durante una partita a pallacorda ferisce a morte Ranuccio Tomassoni. Dovrà lasciare la città per sfuggire alla condanna a morte.

Di Fillide non ci rimane neanche il ritratto che le aveva fatto Caravaggio. Le guerre non distruggono solo la dignità degli uomini ma anche i capolavori più alti che alcuni di essi ci hanno lasciato: il dipinto, conservato a Berlino è andato perduto nella Seconda Guerra Mondiale.

A noi non resta che sperare che il nostro paese sarà abbastanza lungimirante oppure minimamente intelligente da conservare e difendere il nostro incomparabile patrimonio paesaggistico e storico artistico.

E’ una scommessa di ampio respiro!

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