Cultura

Contro l’eclissi della coscienza

Bisogna reagire dal basso per ricostruire il senso della morale, cominciando dai piccoli gesti nel segno della correttezza

02 luglio 2011 | Sante Ambrosi

Il grande poeta tedesco Holderlin in una memorabile poesia aveva annunciato che “fuggiti sono gli dei e non è ancora il tempo del loro ritorno”. Immagino che per “dei” egli intenda una serie di valori, più o meno legati al Dio Trascendente. Noi sappiamo che per molto tempo anche un ateo aveva dei valori che lo regolava nei suoi comportamenti individuali e sociali. Questo per dire che non necessariamente la perdita della fede in Dio significa di conseguenza perdita dei valori umani. Ma quello che noi constatiamo oggi non è tanto la perdita di una fede in Dio. Questa magari viene affermata e ostentata come appartenenza di una cultura, ma essa è completatamene svuotata di contenuti etici. E’ quello che vediamo attraverso le cronache di tutti i giorni. Quello che impressiona è la totale assenza di coscienza che regoli i comportamenti umani. Tutto si è mercificato, tutto è diventato merce di scambio.

La coscienza di appartenere a una comunità verso la quale contribuire con il proprio lavoro e la personale creatività è scomparsa a livello generale. Non per tutti, per fortuna, ma ciò che si constata è una nebbia morale che avvolge e risucchia sempre di più e sempre più diffusamente gli animi al punto che non ci si vergogna più di nulla.

Non vogliamo dire che nel passato non ci fossero peccati, anche gravi, tradimenti in diversi settori, ma c’era, almeno, il senso della vergogna. Chi veniva sorpreso in fragrante almeno si vergognava in qualche modo. Ora non succede più. E questo è il segno più evidente della scomparsa della coscienza.

Bisogna reagire dal basso per ricostruire il senso della morale, cominciando dai piccoli gesti, dal gusto di lavorare nella correttezza, convinti che in questo modo si lavora per un futuro migliore e per una società più giusta. Proprio per questo vale la pena di ricordare il comportamento di una grande figura, quella di Thomase More.

Thomase More nacque nel 1477 in Inghilterra. Educato nella famosa università di Oxford, percorse una brillante carriera come avvocato, docente e magistrato, fino a ricoprire la carica di cancelliere del regno. Cristiano convinto e padre di quattro figli, non esitò a opporsi al re Enrico VII, che voleva il suo consenso nel ripudio della legittima moglie per un nuovo matrimonio e nella sua rottura con la Chiesa di Roma. Incarcerato e poi condannato, scrisse bellissime lettere ai suoi familiari.

Vogliamo riportare un passo da una sua lettera alla figlia Margherita:

Mia cara Margherita, io so che per la mia cattiveria, meriterei di essere abbandonato da Dio, tuttavia non posso che confidare nella sua misericordiosa bontà, perché la sua grazia mi ha fortificato sino ad ora e ha dato tanta serenità e gioia al mio cuore da rendermi del tutto disposto a perdere i beni, la patria e persino la vita, piuttosto che giurare contro la mia coscienza

Un esempio d’altri tempi? Noi diciamo di no, ma un esempio che deve essere ricuperato per ricostruire il tessuto sociale di oggi, convinti come Brecht che è felice quella nazione che non ha bisogno di eroi.

 

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