Cultura

STORIA DEL LATTE E DEI SUOI TANTI USI

Già seimila anni fa si produceva pecorino e ricotta in Sicilia, secondo quanto emerso da recenti scavi nell'isola. Le origini delle caseificazioni sarebbero però ancora più lontane nel tempo. In questo breve viaggio intorno ai latticini compaiono anche abitudini e impieghi delle civiltà greca e romana

13 novembre 2004 | T N

Proprio un anno fa, gli archeologi delle Università di Oxford e Cambridge e i ricercatori della locale Sopraintendenza hanno concluso gli studi su quella che può essere definita una delle più antiche “aziende agricole” mediterranee, risalente al periodo dell’Età del Rame (circa 6000 anni fa): il sito archeologico di Troina, in Sicilia. Dall’analisi dei reperti rinvenuti, in particolare dai vasi, i ricercatori hanno scoperto che gli antichi abitanti del sito non solo erano grandi consumatori di latte, ma ne conoscevano anche le tecniche di conservazione e producevano già due diverse varietà di formaggio: la ricotta e la “tuma”, una sorta di pecorino non stagionato.

Le origini
La storia del latte e dei latticini è legata alla storia dell’uomo da tempi remotissimi, sicuramente da quando l’uomo ha iniziato a addomesticare gli animali ed in seguito ad allevarli. Questa è l’inconfutabile evidenza nella quale ci si imbatte quando ci si interroga sull’origine dell’uso alimentare del latte e dei suoi derivati. Già 8000 anni fa le popolazioni della Mesopotamia tentavano di addomesticare animali lattiferi ed è verosimile pensare che già allora gli uomini cercassero di utilizzare e di lavorare il latte a fini alimentari.
Alcune prove di quanto siano antichi l’uso diretto e la lavorazione del latte si trovano anche in Italia. Il colino di terracotta scoperto a Piadena, risalente a 3500 anni fa è, infatti, molto probabilmente uno strumento che serviva per lo sgrondo della cagliata. Le scoperte archeologiche confermano dunque che gli antichi consumavano sia il latte che il formaggio, ma non è tuttora chiaro in che modo l’uomo sia riuscito a scoprire la cagliata e, di conseguenza, a produrre formaggio.

La leggenda
Quando una scoperta si perde nella notte dei tempi è inevitabile che intorno ad essa fioriscano le più svariate leggende. La più nota è sicuramente quella di un mercante arabo che, dovendo attraversare il deserto, portò con sé alcuni alimenti, tra cui il latte. Per il trasporto si servì di una sacca fatta con lo stomaco essiccato di una pecora. Il movimento del viaggio, il caldo e gli enzimi rimasti sulla parete dello stomaco della pecora avrebbero acidificato il latte e coagulato le proteine presenti al suo interno in piccoli grumi. Sarebbe nata così la cagliata.
Leggende a parte è verosimile che la scoperta del formaggio sia stata effettivamente casuale e legata al tentativo di trasportare e conservare più a lungo il latte, alimento di cui i nostri antenati avevano già empiricamente scoperto le ottime proprietà nutritive.

La civiltà greca
Il fatto che gli antichi consumassero e apprezzassero il latte e il formaggio è provato da diverse testimonianze di carattere letterario e religioso. Già la mitologia greca si è occupata della scoperta del formaggio, attribuendola alle Ninfe, le quali avrebbero insegnato ad Aristeo, figlio di Apollo, l’arte di cagliare e trasformare il latte. Forse la più conosciuta attestazione letteraria dell’antichità circa la produzione e l’utilizzo del formaggio è quella dell’Odissea, nella quale Omero rappresenta il ciclope Polifemo all’interno della sua grotta, intento ad operazioni di mungitura di pecore belanti. Meno conosciute, ma senz’altro importanti, sono le attestazioni presenti in Ippocrate, primo medico nella storia dell’umanità, che parla del formaggio definendolo “forte, molto riscaldante e nutriente” e in Aristotele, il quale descrive in maniera documentata la tecnica di coagulazione del latte tramite l’utilizzo di succo di fico.

La civiltà romana
Anche i romani ebbero un ruolo importante nella storia del latte e dei suoi derivati. Se infatti nell’antica Grecia si consumava soltanto latte di origine ovina, a Roma si iniziò ad utilizzare il latte bovino. La civiltà romana non solo perfezionò ulteriormente le tecniche casearie, ma le diffuse, tramite il suo Impero, nel nord Italia, in Gallia, in Germania ed in Inghilterra, facendo sì che vi si dedicassero anche le popolazioni autoctone. È attestata infatti intorno al 58 d.C. la produzione del primo formaggio svizzero, mentre si dovrà aspettare l’impero di Adriano (120 d.C.) per il primo formaggio inglese.
Anche nella letteratura latina si ritrovano riferimenti interessanti al latte e al formaggio. Primo tra tutti senz’altro è il mito della fondazione della città di Roma, la cui storia narra di come Romolo e Remo, una volta abbandonati, fossero stati allattati da una lupa e con ciò salvati da una morte certa.
Significativa la testimonianza di Marco Terenzio Varrone, il quale descrive i principali tipi di formaggi che venivano consumati nel I secolo a.C. (vaccini, caprini e ovini sia freschi che stagionati) e documenta come la preferenza dell’epoca venisse accordata a quelli ottenuti tramite il caglio di lepre o di capretto, anziché di agnello. Di diverso parere è invece Columella, il quale nei suoi trattati di economia agricola, risalenti al I secolo d.C., oltre a descrivere le tecniche di trasformazione casearia dell’epoca, soffermandosi sull’uso di coagulanti vegetali come il fiore di cardo e il succo di fico, attribuisce la preferenza proprio al caglio di agnello poco apprezzato al tempo di Varrone.
Insomma, ci si trova di fronte ad una disputa a distanza tra i gusti di due epoche, a testimonianza di come da sempre l’esercizio del gusto sia una facoltà propria dell’uomo e di come da sempre il latte e i suoi derivati siano tra i protagonisti indiscussi di tale esercizio.

Fonte: Milk University

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