Mondo Enoico
Affinare i vini toscani in botti di legno di castagno

Il legno di castagno interagisce con le caratteristiche del vino in modo diverso rispetto a quanto avviene con il legno di rovere, migliorando la stabilità del colore nei vini rossi, che risultano allo stesso tempo anche più intensi
06 maggio 2025 | 09:00 | C. S.
Con l’evento di presentazione dei risultati e di degustazione dei prodotti vinificati e affinati nei carati di castagno toscano, tenutosi al Castello di Verrazzano (Greve in Chianti, Firenze) il 16 aprile scorso, si è chiuso il progetto ToSca.
Al progetto, finanziato nell’ambito della sottomisura 16.2 del PSR Regione Toscana 2014-2022 hanno partecipato tre aziende toscane, il Podere Scurtarola di Massa, il Castello di Verrazzano di Greve in Chianti e il Podere 1808 di Pistoia, oltre al Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali (DAGRI) dell’Università di Firenze, la Fondazione per il Clima e la Sostenibilità e la Federazione Strade del Vino, dell’Olio e dei Sapori di Toscana.
È stato un percorso lungo quello che ha portato, attraverso tanti anni di approfondimento e studio, le aziende, gli artigiani e i ricercatori e ricercatrici toscani a lavorare insieme con il supporto delle istituzioni, per ridare vita alla filiera legno-vino. Una tradizione che si era interrotta e che grazie a un lungo lavoro di sperimentazione può tornare a vivere.
A raccontarlo è Marco Mancini della Fondazione Clima e Sostenibilità, anima da più di dieci anni del processo di riscoperta del legno di castagno per la costruzione di carati, come avveniva abitualmente in Toscana fino alla metà del ‘900.
Mancini ha ripercorso nel suo intervento tutte le tappe e i risultati ottenuti nei tre progetti PROVACI (2014-2017), REVIVAL (2019-2022) e ToSca (2023-2025), che hanno permesso di ricostruire con scientificità e competenza quella che si è definita filiera legno-vino, dai boschi della Toscana ai vini toscani.
Studi e approfondimenti nati già nel 2013 da un’idea progettuale di Giampiero Maracchi, ex presidente dell’Accademia dei Georgofili scomparso nel 2018 e di Raffaello Giannini, professore di selvicoltura dell’Università di Firenze e Presidente del comitato scientifico della Fondazione per il Clima e la Sostenibilità, con obiettivo di ricreare in Toscana la filiera che lega il comparto forestale al settore vitivinicolo, dando valore alla produzione legnosa e al tempo stesso recuperando e reinterpretando in chiave moderna un elemento della tradizione enologica toscana qual è la botte di castagno.
Dopo gli approfondimenti dei progetti precedenti sugli aspetti di gestione forestale e di sviluppo delle competenze necessarie per la lavorazione del legno e la fabbricazione dei carati, con ToSca il gruppo di lavoro del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali (DAGRI) dell’Università di Firenze ha indagato gli aspetti relativi alla qualità dei vini, nelle loro caratteristiche di stabilità e di identità organolettica.
La sperimentazione è stata impostata seguendo nelle tre cantine partner un preciso disegno sperimentale, nel quale sono stati utilizzati i carati di castagno toscano da 250 e da 500 litri sottoposti a tre diversi livelli di tostatura (alta, media e bassa) per la maturazione sulle fecce fini di due vini bianchi, Vermentino e Trebbiano toscano della vendemmia 2024, e per l’affinamento di un anno del Sangiovese 2023.
Il team di ricerca fiorentino, formato da Valentina Canuti, Paola Domizio, Monica Picchi, Lapo Pierguidi, Valentina Civa, Francesco Maioli, Natascia Bartolozzi e Giada Gironi, ha approfondito tutti gli aspetti connessi al rapporto vino-legno, dal profilo polifenolico a quello dei composti volatili, dalla stabilità e le caratteristiche del colore alle quelle delle componenti colloidali.
“L’obiettivo” ha spiegato Valentina Canuti, professoressa di enologia dell’Università di Firenze e responsabile scientifica del progetto, “era di approfondire le relazioni che si stabiliscono tra i vini toscani e i carati in legno di castagno, per dare ai produttori toscani un’informazione che fosse il più possibile completa per introdurre nelle loro cantine una pratica tradizionale in chiave moderna e innovativa, valorizzando così in modo originale e identitario lo stile dei loro vini”.
Le informazioni portate dai vini sono state chiare: dall’analisi dei risultati, ha spiegato Canuti, è stato possibile osservare che a livello chimico il legno di castagno interagisce con le caratteristiche del vino in modo diverso rispetto a quanto avviene con il legno di rovere, migliorando ad esempio la stabilità del colore nei vini rossi, che risultano allo stesso tempo anche più intensi. Nel profilo aromatico un aspetto interessante e che necessita di essere approfondito è legato alla maggior presenza di composti varietali volatili nei vini affinati in castagno.
È stato Lapo Pierguidi a presentare i risultati ottenuti insieme a Monica Picchi presso il Sensory lab del DAGRI dal panel addestrato nella descrizione sensoriale dei vini di Sangiovese: l’affinamento in castagno esalta in modo significativo la nota olfattiva di amarena, ma questo effetto si riduce nel caso della tostatura alta, che attenua anche l’intensità dell’odore di rosa. Al contrario nella tostatura media dei vini affinati in castagno a essere valorizzate ed esaltate sono le note floreali.
Differenze percepibili tra legni di diversa origine botanica e trattati con diverse tostature che i partecipanti all’incontro hanno potuto verificare nella degustazione tecnica nella quale sono intervenuti i produttori Andrea Triossi del Podere 1808, Pierpaolo Lorieri del Podere Scurtarola e Giovanni Luigi Cappellini del Castello di Verrazzano. I carati in legno di castagno toscano potranno così portare ai vini toscani uno stile nuovo che parla al tempo stesso di tradizione e, come ha ancora sottolineato Giovanni Cappellini, che nella sua azienda ha creduto nel progetto fino dalle prime sperimentazioni ormai quasi dieci anni fa, saranno in grado di dare vini che non somigliano a nessun altro vino.
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