Mondo Enoico

ESEMPI DI ORDINARIA INCOMPRENSIONE TRA MONDO PRODUTTIVO E CONSUMATORI

A fronte delle legittime lamentele, da parte di produttori, per la sentenza contraria sulla protezione delle menzioni geografiche tradizionali, le associazioni dei consumatori sfiduciano apertamente i Consorzi di tutela con una lettera indirizzata al Ministro Alemanno

18 marzo 2006 | T N

La notizia che il Tribunale della Comunità europea ha respinto il ricorso italiano sulla protezione delle menzioni geografiche tradizionali ha colpito duramente, al cuore, più di un produttore.
Si tratta di una battaglia di civiltà, volta a tutelare l’immagine del Made in Italy e a difendere gli stessi interessi dei consumatori, che oggi potranno venire ingannati più facilmente e legalmente.
Il regolamento comunitario sotto accusa è il CEE 316/2004, che ha concesso l'utilizzo delle nostre denominazioni storiche e tradizionali ai vini anche se privi di un legame con il territorio cui la menzione fa riferimento.
"E' una decisione gravissima - sostiene Confagricoltura - che danneggia ulteriormente il nostro patrimonio vitivinicolo. Questa sentenza conferma la politica di riduzione della tutela dei nostri prodotti di qualità che si sta portando avanti a livello internazionale".
Adesso sarà definitivamente possibile, non solo vedere le storiche menzioni Amarone, Brunello e Morellino stampigliate sulle etichette dei vini provenienti da ogni parte del mondo, ma anche un Vinsanto greco e il nostro Marsala che, dopo il giudizio della Corte, sarà solo "Rubino" e non più "Ruby".
L'Italia aveva fatto richiamo a quattro elementi per il ricorso: vizi di procedura e mancanza di un contraddittorio effettivo; violazione del regolamento di base, delle conclusioni del Consiglio sugli accordi bilaterali relativi ai vini; violazione del principio di proporzionalità e sviamento di potere; violazione di norme internazionali inderogabili. Il Tribunale non ha però ritenuto accettabili nessuna della note italiane e ha respinto il ricorso nel suo complesso.

Mentre il mondo produttivo era schierato a difesa dell’italianità, dalle associazioni dei consumatori arriva una pugnalata alla schiena, pardon, al cuore stesso del sistema vitivinicolo di qualità italiano.
Dieci associazioni dei consumatori (Assoutenti, Adiconsum, Adoc, Centro Tutela Consumatori e Utenti, Cittadinanzattiva, Confconsumatori, Federconsumatori, Lega Consumatori, Movimento difesa del Cittadino, Unione nazionale Consumatori) hanno inviato una lettera al Ministro delle Politiche Agricole Alemanno invitandolo a non attribuire ai Consorzi di tutela la funzione di controllo sui vini di qualità prodotti in regioni determinate (V.Q.P.R.D.).
"I Consorzi di tutela sono infatti espressione degli stessi produttori - scrivono le associazioni - anzi di quelli di maggiore dimensione visto che il potere al loro interno è direttamente proporzionale ai quantitativi prodotti da ciascuno. Essi non offrono pertanto le necessarie garanzie di terzietà e indipendenza per svolgere funzioni di certificazione. La nostra preoccupazione nasce, oltrechè dalla considerazione che una decisione così delicata possa essere elaborata senza alcuna consultazione di una parte in causa essenziale come quella dei consumatori (obbligatoriamente consultati su queste questioni nel Gruppo Permanente Vini di Bruxelles), soprattutto dal fatto che, essendo i Consorzi di tutela espressione degli stessi produttori, non verrebbe in questo modo garantita la necessaria obiettività delle verifiche. Come rappresentanze dei consumatori abbiamo sempre invocato nella delicata attività dei controlli l'osservanza delle regole elementari di terzietà e indipendenza e non possiamo, pertanto, concordare con un sistema che vedrebbe riuniti negli stessi soggetti le figure di controllori e controllati. Non a caso, infatti, i Consorzi di tutela non hanno mai avuto nessun accreditamento quali soggetti capaci di accertare e certificare la qualità dei processi di produzione e di qualità dei prodotti. La posizione del Ministero - concludono le associazioni - ci sembra tanto più incomprensibile in quanto essa appare nettamente in controtendenza con gli orientamenti della Commissione europea, la quale proprio di recente si è espressa, in sede di modifica del Reg. CEE 2081/92, per l'accreditamento obbligatorio degli organismi di controllo delle DOP/IGP".

Fonti: Confagricoltura e Help Consumatori

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