Legislazione
Etichetta nutrizionale e claims salutistici. Quando uno sbaglio può costare davvero caro
Varato dal governo lo schema di decreto legislativo contenente le sanzioni per le violazioni del regolamento comunitario 1924/2006. Multe fino a 40.000 euro senza però proporzionalità con le quantità immesse in commercio. A vigilare Ministero della salute, Regioni e Asl
15 giugno 2013 | R. T.
Il 30 maggio scorso il governo ha dato il via libera alla prima bozza del decreto legislativo contenente le sanzioni relative a violazioni sull'etichettatura nutrizionale e claim salutistici.
Con il regolamento comunitario 1924/2006, entrato in vigore il 1 luglio 2007, infatti non è più possibile indicare liberamente, e con espressioni più o meno fantasiose, che un cibo fa bene alla salute ma occorre adeguarsi alle nuove diciture comunitarie e relative regole.
La pecca del sistema è che, fino ad oggi, in Italia, l'eventuale violazione del regolamento non dava luogo a sanzioni dirette, ma semmai solo indirette, ovvero sfruttando le norme sulle pratiche commerciali scorrette e sulla pubblicità ingannevole.
Dopo che il provvedimento avrà passato il vaglio della Conferenza Stato-Regioni e delle competenti commissioni parlamentari, i trasgressori saranno puniti con sanzioni fino a 40.000 euro.
Il legislatore italiano ha creato una scala di sanzioni pecuniarie, in aggiunta a eventuali illeciti penali, che vanno da 1000 a 10.000 euro nel caso si messaggi falsi, ambigui e fuorvianti, fino al massimo di: dai 10.000 ai 40.000 euro, per riferimenti a “cambiamenti delle funzioni corporee che potrebbero suscitare o sfruttare timori nel consumatore, sia mediante il testo scritto sia mediante rappresentazioni figurative, grafiche o simboliche”.
Anche lanciare messaggi che incoraggiano o tollerino il consumo eccessivo di un alimento può costare caro: dai 4000 ai 40.000 euro. Considerati meno gravi le fattispecie di “dare adito a dubbi sulla sicurezza e/o sull'adeguatezza nutrizionale di altri alimenti” e “affermare, suggerire o sottintendere che una dieta equilibrata e varia non possa in generale fornire quantità adeguate di tutte le sostanze nutritive”. In questo caso le multe variano dai 1000 ai 10.000 euro.
Particolarmente grave viene anche considerato il fatto che un'azienda non fornisca alle autorità competenti tutti gli elementi necessari per valutare la fondatezza scientifica delle indicazioni: fino a 40mila euro di multa.
Chi volesse inserire già oggi la tabella nutrizionale in etichetta, obbligatoria dal 2016, deve sapere che eventuali violazioni possono costare fino a 24.000 euro.
Le anomalie dello schema di decreto legislativo
Competenti per l'attuazione e la vigilanza del decreto legislativo saranno Ministero della salute, Regioni e Asl.
La competenza del Ministero della salute in proposito è fuori discussione, almeno per quanto riguarda linee di indirizzo, piani di controllo e interpretazioni della norma.
Qualche perplessità può suscitare la competenza della Asl invece di organi, come Ispettorato repressione frodi, Corpo forestale dello Stato e Nucleo anticontraffazione dei Carabinieri, che, sebbene sotto un altro Ministero, il Mipaaf, svolgono proprio quotidiani accertamenti, presso le aziende e i punti vendita anche per riscontrare la regolarità delle etichette.
Altro punto critico dello schema di decreto legislativo riguarda la mancanza di proporzionalità tra sanzione e volumi di prodotto commercializzato. Alcune associazioni di categoria hanno già fatto notare come tale sistema, oltre a violare le regole comunitarie, favorisce certamente le industrie alimentari contro le piccole e medie imprese.
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