L'arca olearia

Un'olivicoltura con un occhio all’ambiente. Una sfida prima di tutto economica

Un oliveto sostenibile produce di più e con qualità comparabile a quella di uno tradizionale. Se poi il governo decidesse di attivare i registri per i crediti di carbonio anche in agricoltura…

20 marzo 2010 | Alberto Grimelli

La speranza, espressa dal Prof. Cristos Xiloyannis dell’Università della Basilicata è che il governo vari al più presto una regolamentazione, con relativi registri, sui crediti di carbonio anche in agricoltura.

Se è noto che gli olivicoltori non ne possono più di libri, registri e altre scartoffie il Prof. Xiloyannis è sicuro che accoglierebbero con gioia questo regime perché fornirebbe loro qualche centinaio di euro ad anno per ogni ettaro olivetato.
Sarebbe un’ottima opportunità per la salvaguardia ambientale, della fertilità dei nostri suoli, contro l’erosione ma anche un provvedimento utile all’Italia che potrebbe più semplicemente ottemperare al protocollo di Kyoto e un’ottima soluzione per gli agricoltori che vedrebbero incrementare i loro miseri redditi.

Le ricerche condotte dal Prof. Xiloyannis e dal suo gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienze dei Sistemi Colturali, Forestali e dell’Ambiente hanno infatti dimostrato che un oliveto tradizionale immette nell’atmosfera circa 6 tonnellate di CO2 all’anno, mentre un sistema colturale sostenibile, che utilizza poche semplici accortezze, riesce a “immagazzinarne” 15-20.
Considerando che un credito di carbonio, sul mercato internazionale, vale dai 20 ai 30 euro, i conti sono presto fatti. Gli olivicoltori potrebbero incassare dai 300 ai 450 euro all’anno per ettaro più di quanto molti Psr danno per una gestione integrata.

Inoltre se l’intera olivicoltura nazionale si convertisse a un sistema sostenibile, sarebbe capace di ridurre le emissioni del nostro Paese di ben 23 milioni di tonnellate di CO2, pari al 25% di quanto promesso dall’Italia alla stipula del protocollo di Kyoto.

Positive, inoltre, sarebbero anche le ricadute sul piano quantitativo, mentre dal punto di vista qualitativo, nel corso dei dieci anni di sperimentazione, non sono state evidenziate differenze.
La differenza tra i due sistemi si nota a colpo d’occhio (vedi foto sottostante).



L’oliveto sostenibile si è potuto avvantaggiare di una modesta irrigazione effettuata con acqua proveniente dal depuratore comunale ma anche e soprattutto di inerbimento permanente, una concimazione minerale effettuata sulla base delle reali necessità della pianta e infine della trinciatura dei residui di potatura che rimanevano sul campo.

In otto anni la media produttiva dell’oliveto condotto secondo il metodo sostenibile è stata di 9,7 tonnellate per ettaro d’olive contro le 4,2 dell’oliveto condotto secondo il modello tradizionale.

Nulle le differenze sulla chimica dell’olio come si evince dalle due tabelle sottostanti.





Adottare un sistema sostenibile dunque conviene, anche sotto il profilo economico ma è anche una scelta che preserva la fertilità del terreno a beneficio delle generazioni future.
In Basilicata le percentuali di sostanza organica nei suoli sono molto basse, di poco superiori all’1%, ovvero alla soglia considerata a rischio desertificazione.
Consumata progressivamente nel corso degli anni, per ripristinare la fertilità del terreno occorreranno molti anni. Secondo i calcoli condotti, con i vantaggi dell’inerbimento, della trinciatura dei sarmenti saranno comunque necessari 14 anni per innalzare di un punto percentuale la sostanza organica nei primi 30 centimetri di suolo.

La sostenibilità può essere utilizzata anche ai fini della differenziazione del prodotto e del marketing? Certo che sì.
Si possono utilizzare sistemi di certificazione che, controllando i processi aziendali, consentano poi di dichiarare in etichetta quanti chilogrammi di carbonio sono stati “immagazzinati” per ogni bottiglia prodotta e venduta.
Un indice, molto più attendibile di tanti Km0, per misurare l’attenzione alla salvaguardia ambientale da parte dell’impresa agricola, utile ai sempre più attenti consumatori ecologisti per scegliere veri prodotti sostenibili.

L’impresa olivicola sicuramente ne beneficerà, anche in termini economici.
Dai conti economici effettuati sulal base della ricerca del Prof. Xiloyannis un’azienda condotta secondo il metodo sostenibile sarà in attivo per circa 4800 euro/ettaro/anno mentre col metodo convenzionale ci si dovrebbe accontentare di soli 21 euro/ettaro/ano.

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