L'arca olearia
Per conquistare i consumatori internazionali di olio di oliva occorrono valori autentici
Progettare campagne che generino empatia, coinvolgere i consumatori nella storia del prodotto e investire in certificazioni riconosciute può fare la differenza. I giovani consumatori, sebbene meno fedeli all’olio d’oliva, sono fortemente influenzati dai social media
08 agosto 2025 | 17:00 | Giosetta Ciuffa
Atteggiamento del consumatore sull'olio di oliva come variabile chiave nel suo comportamento insieme a gusto, salute, marca, origine geografica e conoscenza del prodotto, in un mercato diversificato e in continua evoluzione dove informazione, cultura e tecnologia giocano un ruolo decisivo. Un’attitudine da generare nel consumatore, stuzzicare e risvegliare mediante una connessione tra lui/lei e il prodotto, che passa per i valori aziendali sposati dai primi e nei quali si riconoscono.
È quanto emerge da alcuni studi, condotti dal Consiglio oleicolo internazionale (COI) in diversi Paesi dal 2020 al 2024, dai quali si evince che i consumatori attribuiscono valore sia ad attributi tangibili come qualità nutrizionale e sensoriale, sia a quelli intangibili come prestigio, origine o esperienza di consumo. Inoltre, fattori come i social media, le emozioni, la generazione di appartenenza, lo stile di vita e la consapevolezza della salute e della sostenibilità influenzano sempre più le decisioni d’acquisto. Se ne è discusso nel giugno scorso durante il seminario Coi “Studi sul comportamento del consumatore: capitalizzare i risultati e definire le direzioni future”, che ha visto coinvolti sette Paesi del bacino mediterraneo, Stati Uniti, Argentina, Australia, Iran e cinque Paesi dell’Asia Centrale.
Se finora si è fatto attenzione prettamente a gusto, prezzo e qualità nutrizionale - valori tangibili quindi – gli studi suggeriscono che nella decisione di acquisto si stanno affermando elementi intangibili quali reputazione del prodotto, storia, legame con il territorio e valore simbolico rappresentato. “L’esperienza del consumo, la connessione emotiva con il prodotto e la sua compatibilità con i valori personali – come la sostenibilità o lo stile di vita salutare – sono ora elementi chiave che produttori e distributori devono integrare nelle loro strategie”, osserva il deputy executive director del Coi Abderraouf Laajimi che, insieme alla responsabile Promozione e Economia María Juárez, ha commentato i dati rilasciati.
A seconda delle zone geografiche, sono emerse alcune tendenze chiave.
Per l’area mediterranea presa in esame, l’olio d’oliva è parte della tradizione culinaria ma è minacciato da fattori economici e cambiamenti nello stile di vita: le famiglie a basso reddito tendono a sostituirlo con opzioni più economiche. I consumatori con redditi più elevati mostrano invece un crescente apprezzamento per l’olio, motivato dalla salute e dalla sostenibilità. Purtroppo si registra però un progressivo disinteresse tra i giovani, che si informano e acquistano principalmente tramite social media, a differenza degli anziani che preferiscono mezzi tradizionali e punti vendita fisici. In Paesi quali Italia, Spagna, Grecia, Tunisia e Siria, l’aumento dei prezzi ha portato a un calo dei consumi anche tra gli affezionati. Si distinguono due profili: chi consuma per motivi di salute e chi lo fa per identità territoriale. I non “fedeli” invece, sono molto sensibili al prezzo.
Australia e Stati Uniti rappresentano mercati in crescita, con consumatori disposti a pagare di più per prodotti di alta qualità. In entrambi i Paesi la salute, l’ambiente e la necessità di informazioni chiare sono fattori determinanti; negli Stati Uniti, il consumo di olio extra vergine d’oliva è però ancora fortemente associato alle insalate. In Argentina, una minoranza continua a consumare abitualmente olio d’oliva ma la maggioranza della popolazione lo ha sostituito con altri grassi, per ragioni economiche o culturali. Nonostante ciò, il potenziale di crescita resta elevato. In Asia Centrale, il consumo è ancora limitato, ma si notano segnali di espansione, soprattutto in Azerbaigian (unico produttore) e Uzbekistan, dove la riduzione dei prezzi potrebbe stimolare ulteriormente il mercato. Infine in Iran, sebbene l’olio extra vergine d’oliva sia percepito come costoso rispetto ad altri oli vegetali, c’è maggiore consapevolezza dei suoi benefici. La differenziazione del prodotto resta comunque limitata e predomina l’uso dell’olio di sansa.
Alla luce dei dati rilasciati, è consigliabile considerare le variabili citate (atteggiamento, sapore, marchio o origine) nelle strategie di marketing del proprio prodotto. Una connessione emotiva basata sulla coerenza e sulla qualità è un valore da perseguire per sé stessi e la propria azienda, (individuare i valori fondanti della propria attività, su cui creare tale connessione, definisce la propria immagine e proposta), valore da offrire ai propri consumatori effettivi e potenziali. “Senza dubbio, i produttori che riescono a creare un legame emotivo con i propri consumatori hanno un chiaro vantaggio competitivo - fa presente Abderraouf Laajimi -. Questo implica molto più che offrire un prodotto di qualità: richiede di costruire una storia coerente, posizionare il marchio attorno a valori autentici, evidenziare l’origine geografica o il metodo di produzione e rafforzare la fiducia attraverso la trasparenza. I dati mostrano che l’atteggiamento del consumatore nei confronti del prodotto, ovvero la sua predisposizione positiva o negativa, è un fattore determinante. Pertanto, progettare campagne che generino empatia, coinvolgere i consumatori nella storia del prodotto e investire in certificazioni riconosciute può fare la differenza”.
Tra le righe della ricerca promossa dal Coi, va inoltre evidenziata la crescente importanza di segmentare strategicamente i consumatori in base ai loro stile di vita, generazione, sensibilità al prezzo e canale di acquisto preferito. I giovani consumatori, sebbene meno fedeli all’olio d’oliva, sono fortemente influenzati dai social media; apprezzano i prodotti sani e sostenibili e acquistano principalmente online. Questo - sottolineano al Coi - “rappresenta un’opportunità concreta per posizionare prodotti premium o biologici attraverso campagne digitali personalizzate in base ai loro valori e al loro linguaggio”. Invece i consumatori con un maggiore potere d’acquisto sono disposti a pagare di più per qualità, origine o attributi salutistici: “comunicare certificazioni e premi (come il premio Mario Solinas) può essere efficace, così come elementi che rafforzano la fiducia e il valore percepito del prodotto”. Cosa che si rivela fondamentale nei mercati emergenti, dove la percezione di un prezzo elevato non è sempre accompagnata da una reale conoscenza del prodotto. Spiegare meglio le differenze tra le tipologie di olio (ad esempio, extra vergine vs. raffinato) può “promuovere un accesso progressivo a prodotti di qualità superiore. Oltre a concentrarsi sul prodotto in sé, i produttori dovrebbero quindi adattare il loro messaggio, il formato e il canale di vendita ai diversi profili anziché affidarsi a una strategia univoca. Questa interpretazione pratica dello studio può aprire nuove strade alla differenziazione commerciale”.
Impedire l’abbandono del consumo di olio da parte dei meno abbienti nell’area mediterranea, secondo la responsabile Promozione e affari economici del Coi Maria Juárez, può essere fatto combinando l’educazione con azioni concrete per migliorare l’accesso al prodotto mediante “politiche pubbliche per incoraggiare un consumo responsabile di olio d’oliva tra i gruppi vulnerabili attraverso programmi sociali o aiuti ai consumatori” ma anche “formati di imballaggio più piccoli e accessibili e sviluppare linee di prodotto su misura per diversi livelli di potere d’acquisto, senza compromettere la qualità di base, per quanto riguarda il settore privato”. Senza tralasciare di rafforzare il legame culturale con l’olio d’oliva, soprattutto nei contesti urbani dove tale legame potrebbe indebolirsi, per evitare che venga percepito come un lusso riservato a pochi, conclude Juárez.
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