L'arca olearia

L'origine dell'olio in etichetta, la posizione dei frantoiani

Assume centralità il ruolo del frantoio, quale elemento chiave della produzione del prodotto made in Italy. Il presidente dell'Aifo Piero Gonnelli illustra la materia e interviene per fare luce su una questione complessa, con proposte operative anche sui menu dei ristoranti

21 novembre 2009 | Piero Gonnelli



Il decreto attuativo del Reg. CE n. 182/09 che modifica il Reg. CE n. 1019/02 in materia di commercializzazione dell’olio di oliva è attualmente in fase di registrazione alla Corte dei Conti ed entrerà in vigore il giorno successivo alla pubblicazione G.U.
Dopo ampio e profondo confronto tra gli operatori della filiera, l’Italia si è adeguata alle disposizioni europee in materia di indicazione obbligatoria di origine per il settore olio di oliva.
L’adozione delle nuove disposizioni, che aboliscono ben cinque precedenti decreti, ha l’obbiettivo di fare chiarezza circa l’origine del prodotto presente nei punti vendita e sugli scaffali dei supermercati, ma non solo. Tale obbligo di trasparenza è imposto anche agli stessi operatori del settore.

L’obbligo di tenuta dei registri di carico e scarico degli oli sarà obbligatorio per le imprese di condizionamento e commercianti di olio sfuso, e non solo per i frantoi come si è verificato fino ad oggi.
Soltanto gli olivicoltori che commercializzano olio sfuso/confezionato ottenuto da oliveti propri, che frangono in frantoi di terzi, sono obbligati unicamente ad inserire i dati produttivi dei propri oliveti nel sistema geografico Gis. Coloro che, invece, dispongono del cosiddetto “frantoio aziendale” sono obbligati a trasmettere le comunicazioni produttive ad Agea entro il 10 di ogni mese, come si verifica per tutti i frantoi italiani.

Tali nuovi obblighi dovrebbero riuscire a monitorare i flussi e le produzioni di olio di oliva sul territorio italiano imponendo un controllo e un monitoraggio tanto nelle movimentazioni da parte degli operatori quanto sulla tipologia di informazioni da apporre in etichetta.
Il decreto, infatti, evidenzia come le diciture “Italia”, “prodotto italianao”, “italiano”, etc. possono essere apposte solo per oli le cui olive sono state coltivate in Italia e frante presso un frantoio italiano.

Tali diciture sono vietate nel caso in cui la bottiglia contenga olio extra vergine o vergini di oliva provenienti da altri Paesi, per esempio dalla Grecia, Turchia, Spagna, etc.
In questo caso sull’etichetta dovrà obbligatoriamente essere apposto “Miscela di oli di oliva comunitari/non comunitari” ovvero “Unione Europea”, la lista con l’elenco dei Paesi stessi oppure “il nome di una regione geografica più grande di un Paese”. In quest’ultimo caso si parlerà di “Mediterraneo”?

Quindi il cosiddetto sapore o gusto mediterraneo equivarrà ad una miscela di oli provenienti da più Paesi che si affacciano sul mar Mediterraneo quali Turchia, Tunisia, Marocco, etc.
Pertanto, il consumatore avrà una gamma di oli tracciati quali i prodotti Igp e Dop (legati ad un’area ben precisa e limitata: esempio Chianti Classico, Lago di Garda, Monti Iblei, etc.), oli italiani e, infine, le miscele di oli mediterranei.

Nella speranza che tali definizioni possano fornire al consumatore gli strumenti utili e corretti per scegliere in maniera consapevole.
Il decreto rappresenta un grosso passo avanti, ma l’Aifo ritiene e spera che nel futuro possano essere recepite altre disposizioni tra le quali quelle che di seguito vengono indicate.

L’Associazione ritiene fondamentale sottolineare l’importanza di fare chiarezza in etichetta, ritenendo doveroso prevedere l’utilizzazione delle diciture “prodotto e imbottigliato” solo per i frantoi e le aziende agricole al fine di superare l’evidente confusione oggi presente tra i consumatori incapaci di distinguere l’olio extra vergine di oliva confezionato dal vero produttore di olio rispetto a quanto distribuito dai confezionatori.

Per la stessa motivazione, Aifo ritiene doveroso l’inserimento l’obbligatorio nel Menù dei ristoranti, delle mense, degli esercizi di somministrazione al pubblico, etc. della tipologia di grasso (vegetale-animale) che viene impiegato nella preparazione dei cibi.
Solo rendendo riconoscibile il prodotto sarà possibile farne apprezzare i relativi pregi e caratteristiche.

Alcune considerazioni conclusive sul nuovo decreto sono necessarie: l’aspetto che sicuramente viene evidenziato attiene alla figura e al ruolo del frantorio che ne esce disegnato come elemento chiave nella produzione dell’extra vergine italiano, quale punto focale, nel quale le olive italiane necessariamente convergono.

Allo stesso tempo, però, viene imposto loro di attestare le produzioni italiane dei vari olivicoltori mediante l’indicazione di origine sui documenti rilasciati al momento della frangitura di olive altrui.
In pratica, è il frantoio che attesta l’italianità del prodotto con presa in carico delle olive sul registro “100% italiano”.
Ma se le olive sono di proprietà di terzi come è possibile dichiarare ed assumersi la responsabilità per fatto altrui?

Aifoo segnala come tale incongruenza richieda che la prima dichiarazione sui documenti di trasporto debba essere assolta dagli olivicoltori. In difetto, il frantoiano non potrà accollarsi tale onere senza un’autocertificazione degli agricoltori.
L’Associazione, inoltre, rileva l’utilità di prevedere un’iscrizione obbligatoria al portale Sian anche per i commercianti di olive con l’obbligo di trasmissione dell’elenco degli acquirenti nonché delle quantità di olive vendute.

Solo monitorando e tracciando tutti i vari operatori che agiscono nella filiera sarà possibile assicurare in maniera trasparente l’extra vergine italiano effettuando, altresì, i controlli opportuni in base all’analisi dei rischi effettivi.

E’ opportuno per gli operatori, infine, segnalare che in base all’art. 8 del decreto, relativo agli adempimenti, l’apposizione in etichetta delle indicazioni facoltative di cui al Reg. Ce 1019/02 potrà essere effettuata previa e consueta comunicazione preventiva, ma una tantum, all’Icq competente per territorio. Pertanto tale comunicazione rimarrà valida fino al momento in cui non vi sono variazioni in merito da segnalare nuovamente.

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