L'arca olearia 14/11/2009

Da terra. Eppure è extra vergine

Può tornare in auge la raccattatura? E’ economicamente conveniente? E’ davvero possibile produrre extra vergini d’oliva? Ecco tutte le risposte


E’ possibile produrre olio extra vergine d’oliva con frutti raccolti da terra.
Si tratterà, molto probabilmente, di un prodotto di scarsa qualità ma che rispetterà tutti i requisiti di legge in vigore per fregiarsi di tale denominazione commerciale. Non crediamo possa accedere alle denominazioni d’origine e ad altre certificazioni di qualità.

Vi sono naturalmente alcuni requisiti e alcune regole da tener presente per ottenere extra vergine dalle olive raccattate:
- massima pulizia della piazzola di raccolta mediate diserbo e rullatura
- frequenti passaggi di spazzatura
- mai eseguire scopatura in presenza di terreno smosso o bagnato
- conservazione molto breve e celere frangitura delle olive

Lungi da noi voler promuovere tale sistema di raccolta, riteniamo sia da ritenersi accettabile in alcune condizioni, come alberi secolari, vigorosi e molto alti, varietà scalari con drupe molto piccole, oliveti tradizionali con sesti molto larghi in zone con particolari vincoli dove non sia possibile un rinnovo degli impianti.
Potrebbero sembrare casi limite eppure rappresentano percentuali significative dell’olivicoltura tradizionale in alcune province ed aree del sud Italia.
Offirire agli olivicoltori delle alternative significa limitare l’abbandono degli oliveti, salvaguardando così il territorio e il suo assetto idrogeologico.

La raccattatura permette di abbattere i costi di raccolta, rispetto alla brucatura, del 70% e più in funzione delle condizioni del terreno (giacitura, tessitura, inerbimento…), del sesto d’impianto e della conformazione dell’oliveto (piante sparse o su filari…), del macchinario utilizzato (solo scopatrice o multifunzione…) e del cantiere di raccolta utilizzato.

Tanto più il terreno è accidentato, declive e inerbito tanto meno efficiente risulterà la raccattatura a causa di perdite dovute alla mancata raccolta, a zone non esplorate dagli organi scopatori dei mezzi meccanici, a eventuali problemi di eccessiva contaminazione delle olive con terra che favoriranno fermentazioni e scadimento qualitativo.

Sebbene l’organizzazione del lavoro possa prevedere una spazzatura anche per piazzole risulta certamente decisamente più efficiente e meno onerosa quella su filari.

In commercio, rispetto a un recente passato in cui le scopatici erano mutuale da quelle che spazzavano le strade, la tecnologia ha fatto progressi e esistono macchine multifunzione che oltre a scopare le olive provvedono alla loro cernita e al loro stoccaggio in bins, riducendo il fabbisogno di manodopera.

Il cantiere di raccolta può essere organizzato con diverse modalità:
- iniziale battitura delle piante e successiva raccattatura, per poi passare a frequenti passaggi per raccogliere quanto naturalmente cascolato
- iniziale scuotitura delle piante e successiva raccattatura, per poi passare a frequenti passaggi per raccogliere quanto naturalmente cascolato
- raccolta del solo naturalmente cascolato, con frequenti passaggi

Evidente che dal punto di vista di efficienza complessiva la soluzione di una scuotitura per poi passare alla raccattatura rappresenta la soluzione migliore in quanto consente, in prima battuta, dopo la scuotitura di raccogliere la maggior parte del prodotto, lasciando sul terreno le olive per pochissimo tempo, anche solo poche ore, riducendo i rischi che partite d’olive possano risultare tanto scadenti da non produrre extra vergine.

Dal punto di vista economico la raccattatura da terra ha un’incidenza simile, se non uguale, alla raccolta con scuotitrice dotata di ombrello rovescio, necessitando della stessa quantità di manodopera.
Evidente, quindi, che per impianti moderni e razionali la scelta della raccattatura appare antieconomica potendo produrre extra vergine di qualità a parità di costi.
In impianti tradizionali, aventi le caratteristiche già elencate, la raccattatura consente margini di guadagno di alcune decine di centesimi di euro per chilogrammo d’olio, un profitto che certamente non permette arricchimenti ma che giustifica la cura, ancorché minima, di questi oliveti.

di Alberto Grimelli