L'arca olearia

La chimica in aiuto degli esperti assaggiatori

Il panel è uno strumento d’analisi ma è perfettibile e recenti ricerche possono fornire elementi utili che è possibile utilizzare, pur di non abusarne

21 marzo 2009 | Alberto Grimelli

Nulla a che fare con naso elettronico o altre diavolerie elettroniche, anche perché, come ha spiegato Lanfranco Conte (Università di Udine) nel corso del seminario tecnico Olio Capitale 2009: “il naso elettronico, adeguatamente preparato, è utile a identificare prodotti fuori dagli standard impostati”.

Agli assaggiatori è chiesto di più, molto di più.
Il ruolo assegnato fin dal 1991, anno in cui è entrato in vigore il regolamento comunitario 2568, è quello di classificare gli oli in virtù della presenza e/o assenza di certe caratteristiche.
Il metodo è stato studiato per diversi anni dal Coi, pubblicato nel giugno 1987 e adottato per l’analisi sensoriale degli oli da oliva (DOC. T.20/n.3).
Come ha ricordato Lorenzo Cerretani (Università di Bologna), l’unico tallone d’Achille del metodo è l’addestramento degli assaggiatori e l’armonizzazione fra i panel.
La proliferazione dei corsi per assaggiatori ha portato a formare un gran numero di esperti, iscritti all’apposito albo, però troppo spesso né costantemente aggiornati e allenati né abituati a lavorare in gruppo.
Il rischio, sempre più concreto, è che emergano assaggiatori individualisti, il cui giudizio, ancorché non valido secondo il metodo Coi, venga considerato più valido e attendibile di qualsiasi altro.
Contro simili tentazioni l’assaggiatore deve sempre ricordare di attenersi alle regole stabilite, così pure al vocabolario codificato ed essere consapevole dei propri limiti fisiologici.

Tra questi è utile ricordare che esistono delle soglie sensoriali per alcuni composti volatili C5, C6 e C9:



Così è anche utile sapere che in olii identificati come difettati da panel, così pure in quelli utilizzati dal Coi per i ring test (esami a cui vengono sottoposti i comitati di assaggio per verificare la rispondenza a determinati requisiti), i composti volatili che ne compongono l’aroma sono molti:



Alcuni fra questi non sono direttamente correlabili con il difetto prevalente.
Tuttavia la ricerca della molecola, o più probabilmente del gruppo di molecole, che presentano una prevalente valenza sensoriale per la caratterizzazione dell’attributo potrebbe essere particolarmente utile, anche in funzione della creazione di campioni d’olio realmente standard, tali da non poter far nascere alcun equivoco e permettendo un efficace addestramento e omogeneizzazione del panel.

Se la chimica, o meglio la cooperazione fra chimica e assaggiatori, possono portare a notevoli progressi nell’arte dell’assaggio, pare che il legislatore sia invece più intento a sbizzarrirsi in evoluzioni.

Tra le menzioni che troviamo nel Reg. 640/08, che ha codificato le caratteristiche organolettiche in etichetta, troviamo anche equilibrato.
Per una curiosa bizzarria questo attributo viene descritto mediante il suo opposto. Ovvero se un olio non è squilibrato allora è equilibrato. Cosa deve avere quindi un olio per essere squilibrato? La sensazione olfatto-gustativa e tattile dell'olio dell'attributo amaro e/o quella dell'attributo piccante deve essere superiore di due punti a quella dell'attributo fruttato.

E’ poi noto che nell’olio non è presente zucchero e che la sensazione dolce è descritta, nel vocabolario dell’assaggiatore, come l’assenza d’amaro. Il legislatore ha apportato una correzione, indicando che può essere usata l’espressione olio dolce se il punteggio dell'attributo amaro e quello dell'attributo piccante sono inferiori o uguali a due in una scala da zero a dieci.

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