L'arca olearia
Passi avanti per il progetto “Olivoteca d’Italia”, scrigno della biodiversità
Dopo la presentazione in anteprima per i lettori di Teatro Naturale, Pasquale Di Lena fa ora il punto della situazione. L’idea prende pian piano corpo e si fa largo anche fra le Istituzioni
10 gennaio 2009 | Pasquale Di Lena
Un lancio alla grande visto che, subito, è stato ripreso dallâAnsa alla fine di dicembre; riportato da Televideo e presente per tutta la prima settimana di Gennaio; oggetto di interviste da parte di quotidiani e televisioni a noi che lâabbiamo pensato ed al presidente della Cia Politi che, dando ad esso il nome, ha fatto proprio il progetto insieme alla Associazione Nazionale delle Città dellâOlio, lâAssitol, ed alcune istituzioni come la Regione Campania, la Provincia di Campobasso ed altre che lâhanno valutato con grande interesse.
Ritorniamo sullâargomento, dicevamo, e lo facciamo riportando il ragionamento che ci ha portato a pensare a questo particolare contenitore di un oliveto speciale. Non solo perché raccoglie, presenta e promuove il ricco patrimonio di biodiversità dellâolivicoltura italiana, ma lo rende attrazione di studiosi e cultori dellâolivo e dellâolio, meta di turisti, in particolare scolastico, e di appassionati consumatori.
Tanto più nel momento in cui lââOlivoteca dâItaliaâ diventa la maglia centrale di una rete di strutture similari a carattere pubblico e di livello regionale.
Siamo partiti da pochi dati, sufficienti per avere il quadro della realtà dellâolivicoltura italiana allâinterno di quella mondiale ed abbiamo visto che, sui 12 miliardi di alberi che danno ambienti e paesaggi spettacolari a questo nostro paese, sono 224 milioni gli alberi di olivo che ricoprono 1,1 milione di ettari di superficie coltivata a oliveto in Italia
Ben 400 le varietà autoctone, cioè un patrimonio enorme di biodiversità con oltre 100 di esse, quindi più del il 25%, diffuse in Campania, che da sola pareggia il numero di varietà sparse sui vari continenti, fatta eccezione dellâarea del Mediterraneo.
Un patrimonio unico al mondo, se è vero che la Francia ne ha solo 53, seguita da Portogallo 24, Spagna 20 (il paese che produce più olio al mondo, due varietà in più del piccolo Molise), Croazia 16, Grecia 13, Magreb 39 (Nord africa), lâAsia 66 e lâ America, appena 4.
In pratica lâItalia dellâolivo raddoppia il patrimonio di varietà sparse sui vari continenti (233), con 124 di esse dei paesi, sopra citati, che si affacciano sul mediterraneo, e 109 accreditate ai rimanenti paesi del mondo. Ecco come si spiega la diffusione di 350 tipi di olio che, ad oggi, il nostro Paese è in grado di porre allâattenzione del consumatore-ricercatore di qualità del mondo.
Con lâItalia è il mediterraneo, con le sue 500 e più varietà , il bacino della biodiversità dellâolivo.
Una coltivazione che in Italia dà una produzione media di 6 milioni di q.li di olio.
A questo primato della biodiversità câè da aggiungere quello delle Dop (Denominazioni di origine protette) e una Igp (Indicazione geografica protetta), bel 37 sulle 98 Dop riconosciute dalla Ue.
LâOlivo è tanta parte del paesaggio agrario italiano (ad eccezione della Valle DâAosta e del Piemonte che registra 33 ettari di oliveto), soprattutto della fascia appenninica e delle isole, ed è tanta parte di quel tesoro verde rappresentato dagli alberi, in particolare di quelli detti âmonumentaliâ per la loro grandezza e maestosità , e, per la loro età .
I due mila anni dellâolivo di Canneto, a Fara Sabina in provincia di Rieti, raddoppiati dallâolivo di Luras, vicino a Tempio Pausania, in provincia di Sassari, detto olivo di Santu Baltolu, chiamato localmente âSozzastruâ, che si può, a ragione, considerare, con i suoi 4 mila anni di vita, il padre di tutti gli olivi.
Senza una protezione, un gran numero di questi âpatriarchiâ, come vengono chiamati in Puglia, sono spariti grazie alla speculazione e, anche, alla stupidità degli uomini, che non percepiscono la preziosità del tempo e non hanno rispetto delle piante che questo tempo riescono, come lâolivo, ancora a raccontarlo per dare linfa alla identità di un territorio, di una persona, di un popolo.
Si sa che lâolivo, con il suo olio, vuol dire bontà della cucina, salute, benessere, ma, anche, paesaggio, ambiente, storia, cultura, e, perché no, memoria. In pratica territorio.
LâOlivoteca dâItalia, pensata come scrigno che rappresenta queste peculiarità dellâolivo e del suo olio, una volta realizzata, serve a raccogliere questo patrimonio unico di biodiversità per salvaguardarlo e tutelarlo ed a dare ai nostri deliziosi oli extravergini di oliva una immagine vincente, in modo da renderli competitivi sui mercati.
Essa ha, anche, il significato di una dedica doverosa al re degli alberi ed a quel mondo dei produttori e degli altri operatori della filiera che, anche di fronte a crisi pesanti, continuano a produrre per lâamore grande che vivono per questa preziosa pianta.
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