L'arca olearia

Fruttato, dolce, equilibrato. Sulle etichette si troveranno davvero?

Il regolamento 640/08 e l’interpretazione che il Ministero delle politiche agricole starebbe per dare sono tanto rigidi da mettere in difficoltà le imprese

11 ottobre 2008 | Graziano Alderighi

Il legislatore europeo, dopo anni di incertezza, ha disciplinato l’uso delle indicazioni sulle caratteristiche organolettiche in etichetta.

Teatro Naturale ha già avuto modo di ragguagliarvi qualche settimana fa (link esterno), ora possiamo dirvi di più in virtù di alcune indiscrezioni giunteci e dell’interpretazione che il Ministero delle politiche agricole sta per fornire a mezzo di una circolare in via di definizione.

Già a luglio avevamo espresso le nostre perplessità sulla rigidità del 640/08 che stabiliva limiti tassativi, che non ammettono né deroghe né margini di tolleranza, in merito alle soglie stabilite nel regolamento.

In particolare il termine fruttato intenso potrà essere utilizzato solo con una mediana superiore a 6.
Il termine fruttato medio se da 3 a 6.
Il termine fruttato leggero se sotto a 3.

Il termine “equilibrato” può essere utilizzato per un olio che non presenta elementi di squilibrio. Per squilibrio si intende la sensazione olfatto-gustativa e tattile dell'olio in cui la mediana dell'attributo amaro e/o quella dell'attributo piccante è superiore di due punti a quella dell'attributo fruttato.
L'espressione “olio dolce” può essere utilizzata per un olio nel quale la mediana dell'attributo amaro e quella dell'attributo piccante sono inferiori o uguali a 2.

A cosa si devono tali rigidità?
E’ infatti noto che anche gli strumenti e i metodi analitici presentano margini di tolleranza, perché non sono stati previsti in caso di panel test?
Pare proprio che siano stati gli spagnoli ad essersi impuntati, nonostante le obiezioni italiane.

Ci saremmo quindi attesi dal Ministero delle politiche agricole un atteggiamento flessibile, che contemplasse un’interpretazione estensiva della norma comunitaria, invece, sulla base di un documento in fase di discussione che abbiamo avuto modo di leggere, il Ministero ha optato per l’intransigenza, complicando ancor più, se possibile, l’attività e le procedure per le aziende che volessero avvalersi della facoltà di indicare in etichetta gli attributi sensoriali.

Per poter dichiarare in etichetta una determinata caratteristica occorre la certificazione da parte di un panel, ma il Ministero ha deciso di non decidere se deve trattarsi di un comitato ufficiale riconosciuto oppure se è sufficiente anche l’operato di un panel privato o aziendale.

Il capo panel, nel certificato, non dovrà inoltre fornire all’azienda il risultato numerico del singolo attributo (ad es. fruttato 4,5) ma indicherà soltanto la possibilità di utilizzazione dell’attributo “fruttato medio”, mettendo così in difficoltà il produttore che non saprà se l’olio esaminato sia vicino a uno dei valori soglia.

Ugualmente, avendo la possibilità gli organismi di controllo di far eseguire, a loro volta e in qualsiasi momento, dei controlli possono emergere motivi di contenzioso nel caso il valore di intensità della caratteristica sia vicina a uno dei valori soglia.

Come se non bastasse, occorre ricordare che l’olio è un prodotto “vivo” che muta il proprio profilo organolettico col passare del tempo e in funzione dello stato di conservazione.
Controlli eseguiti in momenti diversi, magari a distanza di mesi, potrebbero originare risultati diversi, con la conseguenza di possibili motivi di contenzioso tra azienda e organismi di controllo.

In conclusione, se verrà confermato l’attuale quadro normativo, i rischi connessi all’indicazione delle caratteristiche organolettiche in etichetta per le aziende olearie sono molti e terribilmente seri, tali da poter anche scoraggiare a tentare l’impresa da parte di produttori seri che potrebbero giovarsi invece di tali diciture a livello d’immagine e di marketing, differenziandosi da altri prodotti.

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