L'arca olearia

Ma cosa accadrà con il dominio mondiale del Gruppo Sos nel mondo dell'olio?

I Salazar non finiscono di stupire. Dalla Spagna i padroni dell'olio fanno sapere che per l'entrata in Borsa a Milano c'è da attendere. E intanto cercano soci italiani. Ecco cosa dichiaravano alla rivista Olint

13 settembre 2008 | T N

Mai dire mai. Talvolta accade, sì, accade che qualcuno possa fare il passo più lungo della gamba. Così, per lo meno, sembra all'apparenza, Jasus Salazar in questi giorni ha dichiarato che no, in Bordsa a Milano ancora è prematuro, non è possibile quotarsi. Lo ha sostenuto al quotidiano spagnolo "El Economista" (link esterno), senza mezzi termini: il mercato al momento non lo consente. L'acquisizione di Bertolli è stato un passo impegnativo, e così si vorrebbe collocare, in mani italiane, il 30% della società che gestisce i marchi Bertolli, Sasso e Carapelli.
Vedremo. Intanto, giusto per farsi un'idea, proponiamo la lettura di un'intervista risalente allo scorso anno che tuttavia chiarisce le intenzioni dei fratelli Salazar. E pensare che negli anni Novanta i due fratelli vendevano caramelle, con tale capacità di espansione che di lì a poco hanno investito nell'olio, acquisendo marchi prestigiosi con quote di mercato di grande respiro. Attualmente, tra l'altro, il Gruppo Sos controlla il 56% del mercato italiano dell'olio (con Sasso, Carapelli, Bertolli, San Giorgio e Dante), con quote cheraggiungono in Spagna il 25% con Carbonell e Koipe, fino ad arrivare, con il loro bagaglio di marchi, al 20% del mercato canadese e al 19% del mercato statunitense.
Ma quanto erano dolci e gustose le caramelle che vendevano?

C'è da riflettere. Intanto ora la parola al professor Godini.



IL PROGETTO "TERRA"
Nel numero 12, del maggio 2007, la rivista spagnola OLINT, ha pubblicato una lunga intervista ai fratelli Jesús e Jaime Salazar, rispettivamente Presidente e Vicepresidente del Gruppo SOS Cuétara, leader mondiale nella commercializzazione dell’olio d’oliva, che ha acquisito prima il marchio Carapelli e quindi il marchio Bertolli.

Pensando di fare conoscere l’opinione dei due imprenditori sul futuro del mercato dell’olio d’oliva ed i dettagli del loro ambizioso “Progetto Terra”, recentemente presentato alla stampa, ho ritenuto offrire alla meditazione dei lettori di Teatro Narturale la traduzione dei tratti essenziali delle dichiarazioni dei fratelli Salazar.
(Prof. Angelo Godini)



L'INTERVISTA

Olint: Qual è la vostra visione del mercato mondiale dell’olio d’oliva nei prossimi anni?
Salazar: Oggi il mercato dell’olio d’oliva è consolidato solo in 3 paesi: Spagna, Italia e Grecia, dove il consumo annuo pro-capite è tanto alto che potrà aumentare ancora poco. In altri paesi europei ed extraeuropei il mercato tende invece a crescere e la ragione risiede nella crescente importanza attribuita al concetto di salute, che è intimamente legato al consumo di olio d’oliva. Noi crediamo fermamente che in quegli altri paesi il consumo dell’olio d’oliva andrà aumentando: raddoppiando ogni 5 anni se il prezzo si manterrà alto, ogni 3 anni se il prezzo sarà più competitivo.

Olint: Qual’è l’incidenza attuale del Gruppo SOS nel settore dell’olio d’oliva?
Salazar: Il Gruppo SOS, con tutti i suoi marchi (spagnoli, italiani e di qualche altro Paese), detiene circa il 15% della quota mondiale, vale a dire 250.000 tonnellate annue di olio d’oliva. Nei Paesi tradizionali produttori di olio d’oliva, SOS è attualmente il primo gruppo. Noi auspichiamo che l’aumento dei consumi in paesi che non siano Spagna, Italia e Grecia sarà accompagnato dalla crescita delle nostra posizione su quei mercati. In cifre, il nostro gruppo vende oggi olio d’oliva per circa 1 miliardo di Euro. Il gruppo numero 2, Unilever, vende per 400 milioni di Euro. Il nostro obiettivo è quello di consolidare la posizione di leader conquistando sempre nuovi mercati.

Olint: Quali ragioni strategiche vi hanno convinti all’acquisto di Carapelli e Minerva?
Salazar: Il nostro target è il consumatore. Il consumatore di molti paesi ritiene che l’olio d’oliva sia tutt’uno con la cultura italiana. Il Gruppo SOS ha acquistato il marchio italiano perchè il consumatore chiede marchi italiani. I paesi anglosassoni e del nord Europa stanno cominciando solo ora a scoprire l’olio spagnolo, però sempre in seconda posizione. Invece di attendere 20 o 30 anni per convincerli che l’olio spagnolo è altrettanto o più buono di quello italiano, la cosa più semplice ci è sembrata quella di prendere il veicolo italiano e utilizzarlo.

Olint: Dunque arriviamo al paradosso dell’olio d’oliva italiano in mani spagnole?
Salazar: Credo che si tratti del grande apporto del Gruppo SOS, che ha risolto una vecchia aspirazione di tutto il settore spagnolo: quella di essere non solo il maggiore produttore, ma anche il numero uno nel settore della commercializzazione dell’olio d’oliva. Oggi il Gruppo SOS è leader mondiale ed il nostro obiettivo è quello di consolidare, giorno dopo giorno, la nostra posizione acquisendo sempre nuovi mercati ed allargando il divario tra noi ed i nostri diretti concorrenti.

Olint: Se consideriamo le proiezioni di crescita dei consumi a livello mondiale, a quale quota di mercato spera di arrivare nel giro di 5-10 anni SOS Cuétara?
Salazar: Il mercato totale attuale è di 2,5 milioni di tonnellate annue, ma sappiamo che va crescendo in paesi emergenti (Giappone, Australia, USA, Germania). E’ possibile che nei prossimi 5 anni i consumi salgano a 3 milioni di tonnellate/anno. Noi desideriamo assecondare la crescita e la nostra quota di mercato; per questo la nostra strategia è quella di introdurre i nostri marchi nei nuovi mercati. L’evoluzione del mercato internazionale dipende chiaramente dalla capacità di produzione reale mondiale. Il mondo consuma oggi più olio d’oliva di quanto sia in grado di produrre, cioè la produzione attuale è insufficiente a soddisfare la domanda del mercato internazionale, almeno a prezzi ragionevoli.

Olint: La comparsa di nuovi modelli colturali, come il superintensivo, ha permesso che nasca una nuova olivicoltura in molte nazioni dove finora non esisteva. Come valutano questa situazione?
Salazar: In una prospettiva globale la riteniamo una situazione fenomenale, perchè in questi nuovi paesi l’olio è destinato in primis al consumo interno, ma anche perché auspichiamo che la cultura dell’olio d’oliva vi si diffonda. Altra cosa altrettanto importante per noi, in quanto acquirenti di grandi quantità di prodotto (acquistiamo circa 1.000 tonnellate d’olio al giorno), è che questi paesi vanno ad aumentare l’offerta mondiale di olio. Dal punto di vista imprenditoriale, l’aumento di offerta globale costituisce per noi un rischio ed un’opportunità insieme: la nostra superiorità competitiva ci deriva dallo stare in Spagna, il principale paese produttore, e perciò, se i luoghi di produzione si moltiplicano e noi non saremo capaci di assecondarne e controllarne lo sviluppo, l’aumento dell’offerta potrà costituire per noi un rischio. Ma se guardiamo all’aumento di offerta come ad una diversificazione delle fonti di approvvigionamento che ci consenta di inserirci in nuovi paesi, di acquistare molto più prodotto a prezzi più competitivi e di migliorare la nostra posizione, il rischio diventa una grande opportunità.

Olint: State per presentare il “Progetto Terra”. In cosa consiste e quali i motivi per realizzarlo?
Salazar: Fino a pochi anni fa non avevamo sentito la necessità di una maggiore integrazione, ma adesso il problema è quello della produzione di qualità. Siccome ci teniamo ad assicurare la tracciabilità dei nostri prodotti, abbiamo preso la decisione di acquistare oleifici. Oggi il gruppo possiede cinque frantoi in Spagna, uno in Marocco, Turchia, Grecia e Italia e prevediamo di incrementare il numero ogni anno. In secondo luogo, lavoriamo molto attivamente per aumentare il nostro peso e presenza sui mercati in espansione dove miriamo a diventare il principale attore, perché ciò ci consentirà di mirare alla stabilizzazione dei prezzi. In terzo luogo, per motivi di sicurezza di approvvigionamento, già acquistiamo grandi quantità di prodotto al di fuori dei mercati tradizionali di rifornimento, come Spagna e Italia. Però a noi mancava qualcosa che consolidasse questa strategia. I motivi per i quali abbiamo intrapreso questo passo erano l’enorme necessità di acquisire terreni, piantare oliveti e attendere il tempo necessario per portarli in produzione. Oggi, grazie allo sviluppo tecnologico insito nella coltivazione superintensiva, intorno a 2/3 anni si può già cominciare a raccogliere, contro i 5-6 anni degli impianti tradizionali. Il Superintensivo non solo è una tecnologia che permette di puntare sulla qualità, sulla produttività e sulla meccanizzazione integrale, ma anche di accorciare i tempi di rientro dei capitali investiti. E’ proprio grazie al superintensivo che abbiamo deciso di comprare aziende, da soli e con terzi, per aumentare anno dopo anno la nostra percentuale di autosufficienza, per autogarantirci una qualità adeguata, per aver certezza di disporre di materia prima al momento giusto, cioè all’inizio di ogni campagna olearia. Il “Progetto Terra” comincia quest’anno, quando pianteremo 2.000 ha nella penisola iberica e ogni anno pianteremo da 5.000 a 10.000 ha. Altrettanto faremo, tra 2-3 anni, al di fuori della penisola iberica. E’ un progetto molto ambizioso, che si finanzierà anche con fondi internazionali.

Olint: Avete già idea della dimensione minima del progetto?
Salazar: Abbiamo maturato l’idea che sia difficile lavorare con unità poderali inferiori a 500 ha, e aggiungiamo che, in ciascun paese, ci piacerebbe poter contare su superfici di 10.000 ha. All’inizio concentreremo la nostra attenzione nella penisola iberica, quindi ci espanderemo nel bacino mediterraneo ed infine nel nord e sud America. Un esempio è il Cile, perchè rappresenta una ottima opportunità, in quanto paese non a rischio, che offre stabilità politica, ampi territori, elevata professionalità e infrastrutture adeguate. Non bisogna poi dimenticare che il Cile è un paese con mentalità fortemente vocata all’esportazione e che favorisce la creazione di imprese. Bisogna anche considerare che il Cile si trova nell’emisfero sud, e pertanto complementa il circuito produttivo dell’emisfero nord. Il “Progetto Terra” è un progetto di largo respiro, ci siamo legati ad esso per non uscirne più. Dobbiamo riconoscere che in questo momento il nostro gruppo necessita dell’equivalente di 150.000 e 200.000 ha secondo le zone di produzione. Esso inoltre ha un valore di immagine per il consumatore perchè tendiamo all’integrazione globale, al controllo dell’intera filiera, dall’albero alla bottiglia e tutto ciò con l’applicazione delle tecnologie più avanzate. Contiamo sul fatto che ciò creerà fiducia nel consumatore perchè il consumatore attribuisce grande valore alla tracciabilità del prodotto. La nostra missione è quella che l’olio d’oliva che mettiamo in bottiglia sia il più possibile vicino quello che produce l’albero, che patisca le minori manipolazioni possibili, con tecniche di campo e industriali le meno invasive possibile.

Olint: Il “Progetto Terra”, in un mercato in espansione, significa una presa di posizione forte e quindi un nuovo equilibrio di mercato?
Salazar: A noi basta possedere un 25% del mercato. L’intenzione è quella di eliminare intermediari, anche per potere – come già detto - assicurare la tracciabilità, tenere alta la qualità, abbassare i costi, e portare il prodotto al consumatore a prezzi ragionevoli. Il Progetto nasce perché il mondo è incapace di fornire materia prima in quantità tale da soddisfare la domanda reale. Abbiamo bisogno di standardizzare i processi per assicurare la qualità e la quantità. Abbiamo potuto prendere questa decisione perché esiste il sistema superintensivo: se non fosse esistito e se avessimo dovuto continuare a piantare oliveti coi metodi tradizionali non avremmo potuto competere. E’ per questo che abbiamo comprato “Todolivo” che, in Spagna, è la principale impresa che opera nel settore dell’assistenza agli olivicoltori per la coltura. Nel settore industriale, ogni grande impresa controlla l’intera filiera produttiva, per ridurre i costi affinché il consumatore possa ottenere il prodotto finale a prezzi competitivi. Per quale ragione non possiamo pensare di fare la stessa cosa in agricoltura, modernizzando la coltura dell’olivo? Se l’olivicoltura si modernizza, migliora la qualità e si abbassano i costi. Ciò è un vantaggio per l’olivicoltore come per il consumatore, come per tutta la filiera. Non possiamo dimenticare la meccanizzazione e credere che possiamo continuare a produrre olive e olio come facevano i nostri antenati. Il Gruppo SOS, in quanto leader del mercato, non deve fare altro che provocare e trasferire un cambio radicale al comparto. Ed è quello che intendiamo fare.

Olint: Secondo voi, quanti ettari è necessario piantare per arrivare a soddisfare la domanda mondiale?
Salazar: Noi prevediamo che la domanda mondiale di olio d’oliva passerà da 2,5 a 3 milioni di tonnellate annue. Le 500.000 tonnellate che oggi mancano equivalgono ad una grande quantità di ettari nuovi che dovranno essere piantati. Il fatto è che l’olivicoltore classico è tipo molto tradizionale e continua a piantare oliveti con tecnica tradizionale, per mancanza di capitali oppure per diffidenza verso le innovazioni. Confidiamo di vedere questa crescita nel giro di pochi anni, perché nel giro di pochi anni vedremo realizzati 500.000 ha di nuovi oliveti.



SI RINGRAZIA, PER LA GENTILE CONCESSIONE, LA REDAZIONE DI "OLINT": link esterno

Traduzione del Prof. Angelo Godini, Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali, Università di Bari



TESTI CORRELATI

Parla il "Re dell'olio", Jesus Salazar: "Il nostro obiettivo è di essere leader mondiali...". Nostra intervista:
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Parla il "Re dell'olio", Jesus Salazar: "Il mio ingresso in Italia...". Nostra intervista:
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