L'arca olearia
E’ tempo di lanciare l’allarme per la prossima campagna olearia

I costi e le aspettative di olivicoltori e frantoiani sono molto più elevati delle prospettive di crescita delle quotazioni per l’olio extra vergine di oliva italiano. Occorre un accordo con la GDO per evitare una sanguinosa guerra tra poveri
09 settembre 2022 | T N
I consumatori italiani si aspettano che i prezzi dell’olio extra vergine di oliva italiano salgano, ma non troppo. Gli imbottigliatori cercano di tenere basse le quotazioni dell’extra vergine per soddisfare le esigenze della GDO che non vuole salire troppo con i prezzi. I frantoiani stanno ricevendo le sollecitazioni dei grossisti nel contenere i prezzi ma i costi, specie energetici, sono aumentati esponenzialmente. Gli olivicoltori sperano e si augurano che le olive vegano acquistate a prezzi molto superiori rispetto all’anno scorso, a causa della scarsa produzione (meno offerta > più alto il prezzo) e dell’aumento dei costi produttivi (energia, concimi, fitofarmaci, carburante…).
Il rischio è che si innesti una guerra tra poveri, con il consumatore che, vedendo eroso il suo potere di acquisto, prediliga gli oli a basso prezzo a scaffale, riducendo gli acquisti di extra vergine nazionale. La GDO, con olio invenduto, cercherà di rinegoziare i contratti. Gli imbottigliatori cercheranno di recuperare marginalità sui frantoiani che, a loro volta, lo faranno sugli olivicoltori.
E’ una spirale perversa che bisogna interrompere prima che si inneschi.
L’allarme può apparire ingiustificato ma non lo è. Basta partire dai numeri.
La GDO sta già facendo pressioni perché il prezzo dell’olio italiano a scaffale non superi i 6 euro/litro, soglia psicologica oltre la quale, generalmente, il consumatore fatica ad acquistare, per ristrettezze economiche o mancanza di consapevolezza, l’olio italiano.
E’ difficile, però, che tale soglia possa venire rispettate poiché la combinazione di una scarsa produzione e dell’aumento dei costi poterà le quotazioni dell’extra vergine nazionale ai livelli della campagna olearia 2014/15, quindi a 6 euro/kg e oltre.
Si tratta di un livello che, normalmente, potrebbe venire considerato molto soddisfacente, almeno nelle maggiori tre regioni produttrici, Puglia in primis.
In questa campagna olearia non sarà però così, perché il costo di produzione si avvicinerà molto, se non sorpasserà i 6 euro/kg.
Tutti i costi sono aumentati del 60-70% e siamo in presenza di una produzione praticamente dimezzata a causa delle ondate di calore e della siccità. Quindi maggiori costi a fronte della metà della produzione.
Il costo di produzione dell’olio nazionale è praticamente raddoppiato all’origine, o più.
Se consideriamo che il costo di produzione medio, stimato da Ismea prima di Covid e guerra, era di 3,2 – 3,4 euro/kg per un’annata media, è evidente che oggi ci troviamo a un costo che supera i 6 euro/kg.
Olivicoltori e frantoiani, quindi, nella migliore delle ipotesi, anche a fronte di un quasi raddoppio della quotazione rispetto all’anno scorso, vedranno i propri bilanci in pareggio o in perdita.
E’ questo lo scenario che vede alcuni frantoiani decidere di non aprire e qualcun altro di operare solo fino allo scatto del nuovo contratto energetico che, molto spesso, vede prezzi raddoppiati o triplicati.
E’ questo lo scenario per cui, senza la garanzia di almeno 100 euro/quintale, molti olivicoltori rinunceranno alla raccolta.
Prima che si inneschi una guerra tra poveri serve un patto di filiera che coinvolga direttamente la Grande Distribuzione affinchè ciascun attore rinunci a una parte della marginalità per una distribuzione equa dei magrissimi profitti che si genereranno.
Occorre però soprattutto spiegare al consumatore che non è e non sarà uno scandalo trovare l’olio extra vergine di oliva italiano dagli 8 euro al litro in su, né vi sono manovre speculative.
La campana è suonata e non segna solo l’inizio della campagna olearia ma anche un allarme per tutto il settore.
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