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Giù le mani dal panel test dell'olio d'oliva: l'ordinanza della Corte di Cassazione a difesa del metodo

Giù le mani dal panel test dell'olio d'oliva: l'ordinanza della Corte di Cassazione a difesa del metodo

Mentre il mondo olivicolo-oleario si divide in fazioni, tra chi difende il panel test e chi lo vorrebbe abolire, la giurisprudenza corre, creando importanti precedenti: non è importante quale difetto, ma solo che sia presente

16 aprile 2021 | Alberto Grimelli

Il metodo organolettico, creato da Mario Solinas per gli oli vergini di oliva, ha fatto crescere la qualità dei prodotti offerti ai consumatori negli ultimi vent'anni.
Ha svolto perfettamente il suo compito di distinguere gli oli difettati, per problemi o errori in fase di produzione, estrazione e conservazione, dagli extra vergini privi di difetti e con sensazione di fruttato.

Nonostante le critiche sulla presunta soggettività quando gli strumenti analitici (gli assaggiatori) sono adeguatamente formati e costantemente aggiornati, con un buon allenamento periodico, il metodo funziona come un orologio. Certo nel momento in cui il Consiglio Oleicolo Internazionale, sotto la cui egida nacque il metodo, smette di “produrre” gli standard dei difetti si crea un vulnus che rischia di incrinare l'intero sistema, poiché rende meno standardizzata la procedura di formazione e allenamento degli assaggiatori. Talvolta ci si deve chiedere da che parte stia il Coi: tra quelli che difendono il metodo o tra quanti lo vogliono abrogare? Mah...

Intanto a difendere il panel test, per fortuna, ci pensa la magistratura italiana che nonostante l'assalto degli avvocati difensori, spesso di illustri imbottigliatori, non cede e anzi rilancia: per declassare un olio non è importante quale difetto sia stato riscontrato, quanto la presenza di un difetto.

E' quanto si legge in una delle ultime pronunce della Corte di Cassazione, l'ordinanza 13081/2020 del 30 giugno dell'anno scorso, pronunciata dalla V sezione ordinaria.

Nelle trentadue pagine dell'ordinanza si legge infatti che gli avvocati difensori di un noto marchio umbro avevano eccepito che “le controanalisi al panel test avevano dato risultati inconciliabili tra di loro e con quelli di prima istanza, essendosi riscontrato in un caso il difetto di “muffa” e nell'altro “riscaldo/morchia”.
La Corte richiama l'articolo 2 part. 2 del regolamento comunitario 1348/2013 dove si legge che “...le caratteristiche in questione (ndr caratteristiche organolettiche) sono considerate conformi a quelle dichiarate se le due contranalisi confermano la classificazione dichiarata...”
E ora veniamo a quanto asserito dai giudici: “ritiene questa Corte che i dubbi interpretativi sulla norma regolamentare non abbiano ragion d'essere e che quindi la richiesta (ndr dell'imbottigliatore di annullare la condanna per la presunta soggettività e incertezza del panel) debba essere rigettata perchè manifestamente infondata.” E ancora: “la congiunta valutazione chimica e organolettica dell'olio è indefettibile non solo nell'ottica normativa eurounitaria ma prima ancora su base convenzionale, nel contesto internazionale del settore oleicolo. Pertanto è evidente che la radicale contestazione del metodo del panel test – nella sostanza propugnata dalla società ricorrente – è un chiaro fuor d'opera, non potendo comunque prescindersi, nella definizione dell'olio di oliva extravergine, da una valutazione sensoriale, ovviamente demandata al fattore umano.

E' una delle prime circostanze, a me note, che un giudice della Suprema Corte, con ammirevole lucidità, pone in relazione la definizione e quindi l'essenza stessa dell'olio extra vergine d'oliva con l'essere umano. Per abrogare il panel test bisogna anche cambiare la definizione di extra vergine, che fa riferimento alle caratteristiche organolettiche che possono essere valutate con l'esame organolettico, ovvero la ricerca dei caratteri di una sostanza in base alle impressioni che questa esercita sui sensi. Quindi il legislatore, europeo e internazionale, ha legato l'esistenza e l'essenza stessa della categoria commerciale dell'extra vergine ai sensi umani. Una sfumatura ben colta dalla Corte di Cassazione, in una consecutio logica che evidentemente sfugge agli imbottigliatori che continuano a contestare la soggettività del panel test.

Se il panel test ha fallito lo ha fatto unicamente nel campo della valorizzazione dell'olio extra vergine d'oliva, dove non è riuscito a segmentare realmente la categoria commerciale, creando valore per l'eccellenza. Forse, però, occorre ricordare che il panel test, come lo conosciamo, è stato congegnato unicamente per la classificazione commerciale. Nel corso degli ultimi trent'anni abbiamo provato a ingegnarci per adattare un metodo quali-quantitativo (presenza o assenza di un difetto e intensità) a valutazioni di tipo descrittivo e rappresentativo. Abbiamo adattato schede e procedure, cercando di renderle funzionali a progetti editoriali o promozionali. Probabilmente abbiamo confuso la standardizzazione, necessaria per esprimere giudizi omogenei tra persone disomogenee, con l'oggettivazione, che necessariamente invece spersonalizza.
Nella classificazione commerciale l'uomo usa i sensi in maniera oggettiva: recepisce lo stimolo e lo traduce in un segno sulla scheda, dandogli semplicemente nome e intensità.
Nella valorizzazione l'uomo usa i sensi in maniera soggettiva: recepisce lo stimolo, ponendolo in una scala valoriale personale, ovvero lo interpreta in relazione alle proprie preferenze, gusti, desideri, emozioni e ricordi.
Con il panel test l'uomo usa semplicemente i suoi sensi e le sue capacità intellettive (memoria, discriminazione...). Quando si passa alla valorizzazione entra invece in campo la vera umanità, fatta di emotività, connessioni, relazioni e “giochi neurali” che rendono il nostro cervello un mistero ancor oggi poco esplorato.
Per classificare un olio bastano i sensi, per descriverlo serve umanità.

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Alessandro Vujovic

17 aprile 2021 ore 17:55

Sono d’accordo sia con le considerazioni del Capo Panel che sull’importanza delle valutazioni organolettiche fatta da un Panel ai fini della classificazione di un olio vergine di oliva, ma credo che si debba lavorare assiduamente con controlli di qualità inter ed intra-laboratorio al fine di rendere omogeneo il giudizio tra panel e maggiormente spersonalizzato.
Ho letto la sentenza per Cassazione ed in questo caso ci troviamo a due valutazioni diverse dei Panel su difetti intercorsi in pre-frangitura, sarebbe stato più complicato il riscontro di un difetto pre-frangitura ed uno post-frangitura ma anche altrettanto complicato quando vengono riscontrati da metà dei giudici del Panel difetti diversi.
Credo che la chimica, anche se in questo caso non è prevista dalla normativa, possa dare un valido contributo nel confermare una tesi del Panel, mediante l’identificazione e quantizzazione delle molecole caratteristiche di ogni difetto.
Anzi, aggiungo che in certi casi può rilevare un difetto coperto da un altro che ha una maggiore evidenza organolettica.
A metà del 1800 il sospetto di diabete era evidenziato da alcuni segni clinici (poliuria, polidipsia, polifagia, dimagramento…) e con questa sintomatologia veniva aggiunto un esame soggettivo organolettico, da cui è derivato il termine “melituria” e quello di “diabete mellito”.
Oggi il glucosio nell’urina viene dosato con una affidabilità, precisione, accuratezza, ripetibilità intra ed inter-laboratori vicina al 100%.
Ma la chimica deve sostituire le valutazioni del Panel?
Non lo deve sostituire, anche per i costi, ma può essere utile per confermare certe valutazioni come quelle in presenza di un difetto o assenza di quel difetto o presenza di un difetto diverso, come in tutti quei casi dai quali ne può derivare un lungo contenzioso giudiziario.
Alessandro Vujovic CTU del Tribunale di Perugia per l’olio di oliva.

Marco Lucchi

17 aprile 2021 ore 07:36

Giuste considerazioni. Ma è anche vero - lo dico da capo panel di un panel professionale, e quindi convinto difensore del metodo - che i panel hanno bisogno di supporto per essere omogenei nel giudizio, hanno bisogno di campioni di riferimento e intescambio di valutazioni standardizzate su cui tarare il panel. Molto spesso gli assaggiatori, appassionati volontari, hanno come unico riferimento il capo panel che spesso è colui che li ha formati. Il ring test non basta, bisogna investire di più sull' addestramento coordinato e allora si potranno smontare gli attacchi al panel test