L'arca olearia

L'alternanza di produzione dell'olivo frutto dei cambiamenti climatici

Non solo ondate torride e venti caldi in fioritura, in alcuni areali si può porre il problema del clima troppo mite durante l'inverno. Un problema che si presenta anche per l'ubiquitaria Arbequina

02 dicembre 2020 | Silverio Pachioli

La produzione 2020 di olio d’oliva italiano potrebbe attestarsi, secondo le prime stime, sulle 235.000 tonnellate, circa il 36% in meno rispetto all’annata 2019. Il Meridione sembra avere le maggiori decurtazioni produttive con un -51% in Puglia.
L’andamento negativo viene genericamente riferito all’alternanza di produzione. Nell'olivo, la differenza di resa tra gli anni "di carica" e quelli “di scarica" può raggiungere anche 20 t ha −1 (Lavee 2007).

Sembra interessante, però, analizzare le possibili interazioni tra il fabbisogno in ore di freddo e le rese produttive, anche alla luce delle frequenti “bizzarrie” climatiche. Affinché avvenga la differenziazione fiorale l’olivo richiede un accumulo di ore di freddo durante l’inverno; le gemme vegetative, invece, si sviluppano regolarmente in germogli anche senza freddo invernale.
Le temperature ottimali sarebbero comprese fra 10 e 13ºC (Fabbri y Benelli, 2000), anche se studi effettuati sulla varietà Arbequina indicano che la temperatura ottimale per avviare l'accumulo di freddo è di 7,3 ° C, raggiungendo una media di 350 ore fredde; il punto di “rottura” in cui si annulla l'accumulo di freddo si verifica a 20,7 ° C (De Melo – Abrue et al., 2004).
Le basse temperature consentirebbero solo alle gemme laterali di sviluppare infiorescenze, mentre quelle terminali continuano a crescere vegetativamente (Sayed et al., 1970). Esperienze di Hartmann e Whisler (1975, citati da Ramírez 2001) constatarono che le temperature fluttuanti tra 2ºC e 15ºC per 75 giorni inducono la fioritura; a conclusioni analoghe sono giunti Rallo y Cuevas (2008) in prove effettuate a Córdoba (Spagna), con la cultivar “Arbequina”, con trattamenti di freddo (8 settimane a 8 a 12 ºC) seguiti da temperature di 20-22ºC.
È stata postulata una teoria in due possibili fasi: il primo stimolo inducente per la differenziazione si verificherebbe in estate, mentre un secondo stimolo sarebbe necessario durante l'inverno. La differenziazione, quindi, sarebbe in funzione dell'interazione tra l'intensità dei fattori estivi, comprensivo della somma termica o dei gradi-giorno (soglia 12,5 ° C nel caso dell'olivo), e le condizioni ambientali in inverno (Andreini et al., 2008). Altri fattori, come i carboidrati, i nutrienti (es. azoto), l’acqua, il carico produttivo, l’epoca di raccolta, il quadro ormonale, ecc., sono importanti. Ad esempio, una carenza di nutrienti può dar origine a fiori parzialmente sviluppati, con pistilli assenti o non funzionali (Ibacache, 2003).
Le fredde temperature invernali sono necessarie per una maggiore espressione dei geni codificanti la proteina FT (Flowering Locus T) e la successiva fioritura. In molte piante questa proteina viene sintetizzata nelle foglie ed è in grado di muoversi verso il floema per raggiungere il meristema.
Il numero delle ore minime “di freddo” (lunghezza periodo e temperature) per una regolare fioritura appare di difficile determinazione e non generalizzabile a causa delle numerose varietà coltivate, delle condizioni sperimentali, ambienti di coltivazione, aspetti fisio-biochimici, ecc., ma sembra essere ben al di sopra delle classiche 100-200 ore riportate in letteratura (Hartmann e Porlingis 1957 ; Hartmann e Whisler 1975; Aybar et al . 2015 ). Cultivar provenienti da regioni più fredde in Europa a malapena riescono a fiorire sotto gli inverni più caldi (Aybar et al . 2015 ).

L’analisi della situazione in alcuni areali olivicoli abruzzesi evidenzia, per l’annata 2020, una bassa produzione, in particolare per la varietà Leccino. I germogli, pur avendo avuto un regolare allungamento, non hanno emesso/sviluppato infiorescenze produttive. Il rilievo dei dati meteo effettuato dal Centro Agrometeorologico Regionale (Abruzzo) evidenzia che l’inverno 2019-2020 è risultato particolarmente mite (il numero delle ore di temperatura inferiori a 7°C si è attestato su circa 400 in molte località tipiche per la coltivazione dell’olivo) e può non essere stato sufficiente per l’accumulo di unità di freddo anche per l’olivo, così come per molte altre specie da frutto (es. albicocco). Il maggiore accumulo di freddo si è riscontrato nel mese di gennaio, mentre quello minimo nel mese di febbraio. Sarebbe interessante per l’olivo verificare le effettive necessità di ore di freddo riferite a periodi diversi, in particolare a quelli indicati dalla fisiologia come importanti per il processo di induzione/differenziazione.

In futuro sarà necessario anche per l’olivo individuare tecniche genetiche ed agronomiche capaci di migliorare la risposta della specie ai cambiamenti climatici, oltre a “ridefinire in visione moderna” il concetto di “alternanza di produzione”.

Fonte: Georgofili.info - Accademia dei Georgofili

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