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GLI EXTRA VERGINI A MARCHIO DOP "BUCANO" IL MERCATO GLOBALE. GRANDI LE ATTESE, MANCA PERO' UNA ADEGUATA FORZA PROPULSIVA

Presentato a Roma il secondo Rapporto nazionale sugli oli a denominazione di origine. Il successo è lontano, ma Alemanno promette 719 milioni di euro (sic!) per le "imprese vere". Una ricercatrice motivazionale, intanto, ritiene che i consumatori entrino in "trance" davanti allo scaffale

13 dicembre 2003 | Mena Aloia

Il 2 dicembre scorso è stato presentato a Roma il secondo Rapporto nazionale sulle Dop degli oli di oliva realizzato dall’Unione nazionale tra i produttori olivicoli con il contributo del Ministero delle Politiche agricole e forestali.
La prima domanda posta da Ranieri Filo Della Torre, il direttore della più grande Unione tra i produttori in Italia, è stata: ”Stiamo parlando di un nano o di un bambino?”. La risposta non si è fatta attendere, precisa e inequivocabile: “Stiamo parlando di un bambino, ovviamente; di un bambino che cresce”.

Nella campagna di commercializzazione 2002-03, l’olio extra vergine a marchio Dop e Igp ha rappresentato solo il 2,5% del valore delle vendite complessive del settore extra vergine, passando dai 9,9 milioni di euro del 2001 ai 15,8 milioni di euro del 2003 con una crescita pari al 58%.
In realtà è molto più ampia la disponibilità di prodotto che può essere avviata alla certificazione, come emerge bene dalla relazione di Roberto D’Auria, analista di mercato presso l’Ismea. Esiste infatti un’elevata potenzialità produttiva, che si stima in circa 116.000 tonnellate, pari al 30% della produzione complessiva delle aree Dop e Igp e al 18% della produzione nazionale.
Oggi, comunque, la quota degli oli effettivamente commercializzati come Dop e Igp copre appena il 4,4% del potenziale di queste aree.
Naturalmente la situazione si presenta piuttosto differenziata tra le diverse realtà.
Mentre l’Igp “Toscano” comprende il 63% della sua disponibilità, seguito dalla Dop “Garda”, con il 39%, e dalla Dop “Riviera Ligure” con il 28%, altre denominazioni che dispongono di elevate potenzialità produttive, come “Terra di Bari” e “Dauno”, si attestano invece su quote sostanzialmente irrilevanti. Non si può certo dire che in queste aree le Dop funzionino bene.

Il principale vincolo allo sviluppo delle denominazioni di origine, non è, dunque, di natura produttiva, ma riguarda in particolare gli sbocchi di mercato. Appare chiara l’importanza di una adeguata comunicazione per creare un futuro solido alle produzioni di qualità.
Ascoltando la relazione di Caterina Bignami, di professione ricercatrice motivazionale, si ha la conferma che esiste ancora troppa confusione tra i consumatori; e anche se mi è difficile credere, come sostiene l’esperta motivazionale, che i consumatori “entrino in trance davanti allo scaffale” o che addirittura abbiano una “iper-stimolazione”, è triste pensare che la sigla Dop risulti sconosciuta alla maggioranza dei consumatori e che, come tale, non è mai correlata spontaneamente all’olio di oliva.
Il significato è riconosciuto solo in maniera intuitiva ed arbitraria. Alla domanda:” la P cosa vuol dire?”. Le risposte sono state: provinciale, produttori, produzione.

Questo, però, non è solo un problema italiano. Anche Manuel Parras Rosa, dell’Università di Jaén, ha voluto sottolineare come in Spagna il consumatore non conosca le Dop e non sa, di conseguenza, perché dovrebbe pagarle di più.
E’ condivisibile la distinzione ch’egli ha fatto fra qualità oggettiva e percezione della stessa.
I lavori del Secondo Rapporto nazionale sono stati chiusi dall’immancabile ministro Gianni Alemanno, che ha tranquillizzato tutti assicurando 719 milioni di euro (sic!) di risorse da concentrare sulle “imprese vere” e assicurando anche la conclusione delle trattative sull’Ocm per l’aprile 2004.

Il ministro Gianni Alemanno

In sostanza, si può affermare che il fenomeno delle Dop rappresenti una realtà di mercato limitata con ampi margini di crescita in futuro.
Ne sono dimostrazione le trenta denominazioni riconosciute all’Italia (29 Dop e una Igp), l’aumento della domanda e dei consumi e della crescita del sistema delle imprese olivicole italiano sempre più in grado di offrire al mercato prodotti di qualità, garantiti e certificati.


Nota della Redazione. Il riferimento ai 719 milioni di euro, annunciati dal ministro Alemanno nel corso dell'incontro che si è tenuto a Roma, ci sono sembrati una cifra esorbitante. Abbiamo cercato di contattare il Ministro, attraverso il suo portavoce, ma non è stato possibile verificarne l'attendibilità. "Siamo in stato di emergenza, abbia pazienza. Abbiamo bisogno di tutte le forze in questo momento" è stata la dichiarazione del suo collaboratore (TN).

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