L'arca olearia 03/04/2020

Olivicoltori in campo: il coronavirus fa paura, la crisi di più

Olivicoltori in campo: il coronavirus fa paura, la crisi di più

Una quotidianità molto diversa, anche in campagna, in mezzo agli olivi. Tra il Covid-19 che incombe e gli ordini cancellati, si lavora comunque, pensando alla prossima campagna olearia, alle bizze del meteo e alle giacenze che rimarranno


“Noi stiamo bene, ma è molto difficile, ho perso degli amici e la paura è davvero tanta…”. Queste sono parole di Gianfranco Comincioli, olivicoltore e viticoltore a Puegnago sul Garda, riva della provincia di Brescia. In questi giorni il pensiero è corso spesso agli olivicoltori lombardi, amiche ed amici alle prese con una situazione davvero preoccupante che mette in secondo piano tutto; abbiamo pensato anche a tutti gli altri. Cosa sta accadendo, come si gestisce questa situazione e come si immagina il futuro?
“Noi abbiamo chiuso l’azienda ai primi di marzo - racconta Comincioli - ed in famiglia gestiamo le spedizioni frutto del lavoro di e.commerce grazie al quale stiamo mantenendo i contatti con la nostra clientela, in Italia ed all’estero. In campagna abbiamo ultimato i lavori nel vigneto e siamo a metà nell’uliveto; stiamo usando molta cautela dopo le gelate e le grandinate della scorsa primavera che ci hanno azzerato la produzione di tutto”.
Siamo sul ‘GardaSee’, il mare di casa per bavaresi ed austriaci e qui l’olivicoltura ha un legame forte con il sistema turistico.
“Mammamia, oggi è una bella giornata ed in questo fine settimana – continua Comincioli - saremmo già stati invasi da turisti dell’area middle-europea che quest’anno temo non vedremo per niente. Clienti importanti che hanno acquisito una cultura del buono molto avanzata. Perdiamo tutta quella vendita diretta, che conta almeno il 50 per cento per noi, che va all’estero, da marzo ad ottobre. Il contatto in rete ci aiuta di certo, ma manca tantissimo quello umano che va oltre il mero acquisto. Comunque ogni soluzione che stiamo adottando non è finalizzata al presente, e troneranno utili anche alla fine dell’emergenza”.
Parole che danno importanza alla qualità del prodotto, che hanno senso ovunque, ma incrementano di valore a mano a mano che il cliente le percepisce e si concretizzano in maniera diversa nei territori ad alta vocazione turistica. La sinergia tra territorio, qualità di prodotto e turismo, che ha fatto scuola nel vino, nell’olio stenta a prendere vigore perché a non averla capita sono i produttori. I turisti sono alla porta ed in pochi aprono.

“Anche noi stiamo tutti bene – ci dice Maria Provenza, del Frantoio Torretta di Battipaglia - Stiamo lavorando di meno, tutti facciamo sacrifici, ma non abbiamo mandato a casa nessuno. Per quello che è rimasto da fare sono sufficienti due persone, che lavorano uno da una parte e uno dall’altra nei 40 ettari dei nostri uliveti e la campagna promette molto bene, nonostante l’inverno troppo mite. Pensare che all’inizio dell’anno si era aperto un mercato veramente promettente e avevamo notato che il consumatore cominciava ad avvicinarsi con fiducia ai prodotti più importanti. Poi è arrivata questa cosa ed il mercato si è fermato. Lavoriamo essenzialmente con privati e pizzerie e ristoranti della Costiera, con i grandi alberghi, le enoteche, ma sono tutti chiusi e non si sa quando potranno riaprire. Abbiamo faticato per portarli ad acquistare olio di qualità ed ora erano veramente soddisfatti qui è tutto chiuso e non se ne parla di riaprire. Io penso anche a loro, se salta la stagione sarà durissima. Pensa alle pizzerie importanti di Napoli con una lunga fila fuori… come faranno, ma il nostro danno è niente rispetto a quello delle famiglie colpite dal virus. Alla ripresa – conclude Maria - non saremo più come prima, tutti saremo più attenti ed avremo maggiore attenzione nei rapporti e nel modo di approcciarsi alle persone, ma anche all’olio; dovremo saper gestire questa sensibilità”.

Alla fine della giornata non c’è nemmeno bisogno di fare i conti, nemmeno a mente, la quotidianità diversa, la frenesia scomparsa, il tempo che non passa, sono più che sufficienti.
“Anche noi in tutto il comprensorio della piana di Gioia Tauro stiamo bene, ma la gente ha paura - dice Mimmo Fazari dell’Olearia San Giorgio - fino a dieci giorni fa lavoravamo, poi ci siamo fermati e tutti seguiamo alla lettera le indicazioni, anche se c’è chi scalpita. Io sono in campagna, gli agrumi tardivi sono avanti, e i mercati hanno bisogno di prodotto. Il motore gira al 30 per cento del normale in questo periodo, la campagna era un po’ anticipata e gli agrumi erano in fiore, poi le temperature dell’ultimo periodo hanno riequilibrato tutto, quasi tutto, il mercato nel mese di marzo è stato un disastro. Fermo, completamente fermo. I nostri clienti in Italia e nel mondo, sono per il 95 per cento ristoranti, fino ai primi del mese siamo riusciti a spedire in Germania, Svizzera, Canada, poi più niente, anzi, sono stati annullati gli ordini già previsti. Ma non finisce qui perché si sono fermati gli incassi, e di riflesso abbiamo chiesto tempo ai nostri fornitori, quando il giro si ferma si ferma per tutti. E se penso al futuro, alla ripresa, non immagino niente di buono prima di settembre e li si presenteranno problemi diversi, ci sarà chi riapre e chi no, e il nostro olio che abbiamo in casa? Non posso nemmeno pensarci…”.

Massimiliano D’Addario dell’azienda Marina Palusci di Pianella in Abruzzo, è come sempre al lavoro, e le sue parole a tratti assumono toni che non possono essere riportati, ma il senso è chiaro.
“Non vedo nero, ma marrone - esordisce - Sto bene anzi, stiamo bene, ma è quasi mezzanotte e sono qui da solo ad imbottigliare. Il problema è che siamo in molti a non sapere dove andare a sbattere la testa, nella quasi certezza che nessuno ci aiuterà. Abbiamo prodotto in giro che dev’essere ancora pagato e buona parte ce lo perderemo e per fortuna non abbiamo ancora venduto dell’altro; sono certo che i grandi marchi metteranno sugli scaffali gli oli più buoni di sempre, grazie ai produttori che saranno costretti a svendere l’olio avanzato per fare spazio al nuovo. Noi lavoriamo essenzialmente con la ristorazione e per rispetto del loro lavoro non abbiamo proposto sconti o spedizioni gratuite, noi siamo quello che siamo sempre. È un momento molto difficile, bisogna guardarsi intorno, raccogliere le idee ed agire velocemente per salvarsi. Noi piccoli ce la faremo; nelle aziende familiari si lavora tutti e alla fine del mese se c’è lo stipendio si prende, se non c’è, no. Comunque da situazione di estrema crisi sono sempre nate opportunità e speri ci aiuti a fare pulizia nel mondo della ristorazione ed a far ripartire chi è più motivato. Accanto alle brave persone, ci sarà senz’altro chi essendo già in difficoltà approfitterà di questa crisi per chiedere aiuti; purtroppo in Italia è troppo facile chiudere e riaprire consentendo ai farabutti di fare i farabutti”.

“A Giovinazzo stiamo bene, - racconta Salvatore Stallone de ‘Le Tre Colonne’ - la gente sta in casa perché qui le forze dell’ordine non scherzano. Noi possiamo muoverci, lavoriamo con ‘terzisti’ ma abbiamo sospeso tutto per precauzione, ma eravamo a buon punto delle nostre 8.000 piante. Noi di casa lavoriamo, Maria in azienda impegnata a spedire gli ordini che continuano ad arrivare, io e Michele in campagna. Se ci hanno bloccato gli ordini per Giappone e Svizzera, accontentiamo i clienti privati affezionati. Abbiamo ancora una metà della produzione in magazzino ma prevedo tempi lunghi per la ripresa e dopo, niente sarà come prima. Cambieremo atteggiamento noi nella fase organizzativa in azienda, i consumatori verso l’olio e si aprirà uno spiraglio per la valorizzazione del lavoro agricolo. Ma guardo anche oltre la nostra azienda, guardo alla mia regione, ieri la neve ha imbiancato le Murge, noi sul mare ci siamo salvati, senza avere danni agli olivi, ma per verdura, uva, mandorli, ciliegi e pesche, sarà un disastro, anche per le patate. C’è paura e nessuno vuole lavorare alla raccolta, tra quaranta giorni sarebbe stato tempo delle ciliegie, e già avevano perso il raccolto lo scorso anno. Tutte primizie pronte per i mercati esteri. Spero che non ci abbandonino anche se i segnali non sono per nulla incoraggianti, proprio ieri- conclude Stallano – ho ricevuto l’indennizzo per le gelate dello scorso anno: 180 euro ad ettaro…”.

“Noi stiamo bene – racconta Paolo Cassini da Isolabona, nell’entroterra di Ventimiglia - ci sono casi isolati, ma in vallata niente, la gente sta buona almeno in paese, hanno paura, ma in città purtroppo di gente in giro ce n’è fin troppa. Da noi nessuno. Comunque è tutto bloccato, stavamo costruendo il nuovo magazzino e ci hanno fermato. Non ho più olio, lo scorso anno ne abbiamo prodotto poco; per chi ne ha tanto è un problema vero, è tutto fermo, non lo vendono e l’olio non è come il vino che lo puoi vendere il prossimo anno, a ottobre ne arriva dell’altro. Noi siamo in campagna con due ragazzi, a pulire le piante, stamattina c’era una leggera brina, ma le piante stanno proprio partendo adesso e quindi nessun danno, l’annata sarà migliore della passata. Ha piovuto. Da queste parti sono tutti ad offrire le piante in cambio di olio per casa. Io ne ho prese anche in affitto, ma proprio conciati male, nessuno gli fa niente, abbandonati, un vero disastro. A Dolceacqua ne ho di belle secolari, 300 piccole ad Apricale, per fare l’olio buono, un posto scomodissimo. Durante il lavoro io vado avanti e sistemo il grosso, i ragazzi dietro con le forbici tolgono il secco e il non produttivo, facciamo 40, 50 piante al giorno. Spero finisca presto, ma da buon ligure vedo un po’ nero. Se sto virus non sparisce e rimane latente sarebbe un problema grandissimo. Per questo adesso dobbiamo stare buoni. Importante è che stiamo bene”.

di Maurizio Pescari

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