L'arca olearia

L’EXTRA VERGINE FA BENE TUTTO. IL BINOMIO OLIO DI OLIVA E SALUTE NON PUO’ ESSERE USATO COME ELEMENTO DI DIFFERENZIAZIONE. OCCORRE TROVARE NUOVE STRADE

Per rinverdire un prodotto che ha attraversato i secoli non ci si può solo affidare ai suoi aspetti nutraceutici. Studiare le nuove tendenze e le strategie di comunicazione più efficaci è il punto di partenza. C’è bisogno di immagini e un nuovo linguaggio che sappia conquistare il consumatore

20 maggio 2006 | Alberto Grimelli

L’ extra vergine ha beneficiato, negli ultimi dieci anni, di una massiccia campagna di sensibilizzazione rivolta al consumatore.
Il messaggio era chiaro, semplice e lineare: le proprietà salutistiche dell’olio di oliva ne fanno un prodotto con caratteristiche superiori a quelle dei grassi animali e degli oli di semi.
Consiglio oleicolo internazionale, associazioni di produttori, istituzioni, tutti si sono prodigati per promuovere l’extra vergine usando come grimaldello proprio il binomio olio&salute.
E’ stato un effettivo successo.
Si è riusciti a penetrare in mercati difficili, il nord Europa ma anche gli Usa, il Giappone.
Le campagne promozionali sono state tanto massicce che la cultura dell’olio e i benefici effetti sulla salute si sono diffusi nonostante lo scarso appeal di molte campagne di comunicazione.
Ho udito spesso parlare del rapporto acidi grassi saturi/insaturi, di monoinsaturi e complicate spiegazioni sui relativi processi metabolici. Informazioni scientificamente corrette, direi impeccabili, che però non hanno colpito l’immaginario del consumatore. Non, almeno, tanto quanto una semplice verità, ovvero che la composizione in acidi grassi dell’ extra vergine è quella più simile al latte materno.
L’associazione mentale olio d’oliva - latte materno è ovviamente vantaggiosa ed estremamente efficace. Un’immagine, uno spot, ovvero quanto è mancato a molte campagne di comunicazione che si sono succedute negli anni.
Nonostante queste carenze, l’olio di oliva si è guadagnato una propria dignità e forza. Si sono affacciate sul mercato nuove realtà produttive, piccole e medie aziende che hanno iniziato a imbottigliare e a proporre così le proprie produzioni. Si sono cercati nuovi spazi commerciali.
Si è scelta la via della differenziazione, essendo una strategia già ampiamente sperimentata, quindi perseguibile.
La via della differenziazione richiede tuttavia piani di marketing e di comunicazione che differiscono sostanzialmente da quelli di comparto, di settore o di prodotto.
La parola doveva passare alle aziende, alle cooperative, ai consorzi.
Spaesati e senza linee guida si sono rivolti alle istituzioni, italiane ed europee. Biologico e denominazioni d’origine sono stati gli strumenti offerti. Mezzi potenti ma, in quanto tali, non risolutivi. Era infatti necessario riempire questi contenitori di argomentazioni, sostanza e significato.
Occorreva fare comunicazione e marketing.
Purtroppo non è emersa nessuna nuova idea, nessun progetto e soprattutto nessun nuovo linguaggio. Avulsi dalle nuove tendenze di marketing e dalle moderne strategie di comunicazione, aziende, consorzi e cooperative sono rimaste al palo. Dop e biologico sono rimasti una piccola nicchia di mercato, senza riuscire a sfondare né in valore. né in volume, nè nell’immaginario collettivo.
Risultati scarsi a fronte dei quali si è tentato di appigliarsi al buon vecchio binomio olio&salute.
Errore strategico e concettuale, pertanto grave.
L’olio extra vergine d’oliva fa bene alla salute, dato consolidato e incontestabile, ma fa bene tutto sia esso Dop, Igp, biologico o “di marca”. I benefici effetti dell’olio di oliva sono quindi un ottimo viatico, se ben sfruttati, per incrementare il consumo di extra vergine, senza particolare riferimento a quello di qualità o tipico.
Inoltre, reperita iuvant ma non nel marketing, poiché alla fine si rischia di annoiare, quindi di fornire un’immagine vecchia e stantia di un prodotto che ha attraversato secoli ma che sta vivendo una seconda giovinezza grazie all’apporto di nuove tecniche e tecnologie.
Infine vorrei ricordare che se l’obiettivo è la differenziazione, la prima tappa deve essere creare una netta distinzione tra il prodotto delle piccole e medie aziende olearie e quello delle cosiddette industrie. Essendo il tema olio&salute non prerogativa dei soli olivicoltori e frantoiani ma di tutto il comparto ed avendo alcune aziende di marca investito ed insistito sull’argomento, doveva essere naturale cercare un nuovo percorso.
Si è invece voluto insistere. Non mi ha allora stupito lo sfogo di Luigi Tega di fronte all’ennesimo convegno sulle proprietà salutistiche dell’extra vergine.
Seppur condividendo a pieno le ragioni e le motivazioni esaurientemente espresse da Tega, vorrei tuttavia lanciare una piccola provocazione.
Tutti i convegni hanno come scopo vendere? Nella nostra società consumistica è ancora possibile concepire un simposio come un memento d’incontro e di scambio svincolato da logiche commerciali?

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