L'arca olearia
Una gestione economicamente sostenibile dell'oliveto, per combattere il rischio di abbandono
Se un oliveto non ha un carattere di monumentalità che ne presuppone una particolare salvaguardia, è tempo di pensare al suo rinnovamento. Nella gestione dell'oliveto, raccogliere meccanicamente è semplice, potare meno come ci spiega l'agronoma di Pandolea
01 aprile 2016 | Marcella Cipriani
L’ olivo può essere considerato una coltura sostenibile?
In tre appuntamenti affronteremo tre diversi aspetti della sostenibilità che applicati congiuntamente saranno in grado di preservare la olivicoltura italiana dal potenziale declino: sostenibilità economica, sostenibilità ambientale, sostenibilità genetica.
La sostenibilità economica, a cui spesso non viene attribuita la dovuta importanza, è un presupposto fondamentale per il mantenimento della coltura e delle infrastrutture ad essa connesse, per lo svolgimento dell’importante ruolo ecologico ambientale, storico, paesaggistico culturale che l’olivo possiede; quando la coltura non riesce più a fornire reddito, perché l’impianto non è più economicamente sostenibile, il rischio è l’abbandono con aumento del pericolo di incendi e la probabile conversione ad altre colture: è quello che sta succedendo in molte aree marginali, in oliveti difficilmente gestibili in quanto situati in zone con orografia complessa o in aree vocate con impianti allevati con forme di allevamento incompatibili con una meccanizzazione razionale della raccolta come ad esempio il vaso cespugliato.
In un bilancio colturale, per aumentare il reddito è possibile agire in due direzioni: aumentando il valore della produzione oppure riducendo i costi. Tutte le attività di incentivazione del settore olivicolo negli ultimi anni sono state rivolte alla prima parte dell’equazione con attività di promozione del “made in Italy” che tendesse a elevare il prezzo dell’olio; poche azioni, invece, sono state rivolte alla riduzione dei costi e al rinnovamento delle strutture produttive, che, in molti casi, sono divenute ormai obsolete, pur non avendo un carattere di monumentalità che ne presuppone una particolare salvaguardia.
Oltre al valore della produzione incide sulla prima parte del bilancio colturale la produttività dell’oliveto e la produttività potenziale è condizionata dalla fertilità: quasi tutte le varietà tradizionali attualmente coltivate in Italia sono autosterili (es cv Leccino) o solo parzialmente autofertili (es cv Frantoio), pertanto la produttività è maggiormente influenzata da fattori esterni, quali la adeguata fioritura dell’impollinatore, le condizioni meteorologiche sfavorevoli che potrebbero ostacolare la circolazione del polline (pioggia o alte temperature associate a vento caldo); inoltre la alternanza produttiva, accentuata da potature biennali e da condizioni di stress nutrizionale ed idrico delle piante, determina una differenza di quantità e qualità del prodotto di anno in anno difficilmente gestibile dal punto di vista commerciale.
Altro aspetto da tenere in considerazione per la sostenibilità economica della coltura dell’olivo è la dimensione aziendale, da cui deriva la possibilità di disporre in proprio di macchine ed attrezzature per la gestione dell’impianto; una dimensione aziendale media di superficie olivetata di 25 o 30 ettari può facilmente sostenere in ammortamento l’acquisto di un raccoglitore con vibratore ed ombrello rovesciato, di macchine per la gestione del suolo e per la distribuzione di prodotti fitosanitari, rendendo l’azienda autonoma da servizi per contoterzi con evidente vantaggio sulla tempestività delle operazioni colturali.
Non vi è alcun dubbio che le voci di costo che incidono in modo sostanziale nel bilancio della coltura sono la potatura e la raccolta; se in molti casi è possibile ridurre il costo della raccolta con la meccanizzazione, nella maggior parte degli impianti esistenti, gestiti con forma di allevamento a a vaso policonico, non è possibile, invece, meccanizzare la potatura.
La potatura è una di quelle tecniche colturali che, se effettuata in modo improprio, determina frequentemente insuccessi produttivi; è una operazione necessaria non solo per regolare l’equilibrio tra la fase riproduttiva e vegetativa, ma anche per mantenere la forma di allevamento prescelta. Negli oliveti in cui si effettua la raccolta meccanizzata, essa è finalizzata anche a massimizzare l’efficienza della raccolta, attraverso il mantenimento di una struttura rigida idonea alla trasmissione delle vibrazioni alle branchette fruttifere per la caduta dei frutti e attraverso l’accorciamento dei rami fruttiferi posti più in basso affinché non intralcino le operazioni di aggancio del braccio vibratore.
Le altre operazioni di gestione dell’oliveto che permettono di regolare la crescita e la produzione della piante, quali concimazione, irrigazione e difesa, in condizioni ordinarie, incidono in misura minore sul bilancio colturale rispetto alla potatura e alla raccolta; la concimazione reintegra le asportazioni conseguenti alla raccolta delle olive, salvaguardando la fertilità del suolo, la difesa fitoiatrica consente di mantenere in buono stato sanitario le piante e di contrastare eventuali parassiti che minacciano la quantità e la qualità della produzione, la irrigazione consente di sopperire ad eventuali stress idrici; quanto più si agisce nei tempi, nelle modalità e con le quantità che rispondono alla reale esigenza della pianta, tanto più si raggiunge la massima efficienza del sistema produttivo, anche in termini di sostenibilità economica. Per predisporre piani di concimazione, irrigazione e difesa fitoiatrica sono necessarie conoscenze approfondite dell’agroecosistema “oliveto” oltre che specifiche competenze professionali; ecco perché affidarsi ad un tecnico agronomo risulta più sostenibile dal punto di vista economico rispetto ad una gestione senza metodo.
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