L'arca olearia
Il sottocosto “vero” è la morte del comparto dell'olio d'oliva italiano

Perchè non si fa sottocosto sull'olio d'oliva o sull'olio di sansa d'oliva? Queste sono categorie molto chiare per immagine, funzione e tipologia di consumatori. L'olio extra vergine d'oliva invece no. Occorre partire da qui
17 settembre 2015 | Gigi Mozzi
Gentile dottor Zucchi,
Lei ha dato al tema sottocosto, tre capitoli (la verità, la lotta, gli strumenti), con i quali arriva alla politica dei prezzi e alla classificazione delle categorie degli oli da oliva: in questo percorso ci sono alcuni passaggi che è utile chiarire altrimenti la Sua proposta rischia di essere male interpretata.
(1) la verità del sottocosto
Secondo Lei la verità non è una, ma sono due: il sottocosto “vero" e il sottocosto “presunto” .
La prima verità non è discutibile, nel senso che il sottocosto vero, non esiste:
il "sottocosto vero", inteso come sistema commerciale, non lo fa nessuno, è come l’estrema unzione, poi si muore.
Potrei citarLe molti esempi che ho incontrato con il mio lavoro, ma il più istruttivo l’ho vissuto in diretta.
Alcuni anni fa, ho sfidato la legge del sottocosto vero, con l’olio extravergine di oliva venduto ad Esselunga,
in nome di una strategia sopraffina: preparavo la strada per la cavalleria del collettivo,
ma quando mi sono girato per vedere chi arrivava, non ho più visto nessuno e il prodotto è morto.
Certo, ci sono i prodotti in "sottocosto vero":
sono quelli di fine stagione, di fine collezione, di fine assortimento, di fine gestione (e sottolineo “fine”).
La seconda verità, il "sottocosto presunto" (quello che sembra, ma non è) è più interessante:
si potrebbe dire che nel nostro mercato, il sottocosto presunto è “quello che sembra -extravergine-, ma non è”.
Il sottocosto presunto non riguarda la sansa, il vergine e nemmeno l’olio d’oliva, ma solo l’extravergine
e, prima ancora che riguardare il “sottocosto", riguarda "quello-che-sembra-extravergine".
L’unica verità del sottocosto è quella della verità dell’extravergine
e invece di trovare l’accordo sul sottocosto, bisogna mettersi d’accordo sull’extravergine.
(2) combattere il sottocosto
Sono un pò confuso sulle ragioni che Lei pone alla base del sottocosto e sulle leve per combatterlo:
non so dove Lei ha scoperto che i prodotti base di un mercato sono quelli di prezzo più basso (forse intende le private label ?),
non so quale Trader aggancia i prezzi dei prodotti superiori a quelli dei prodotti più bassi (forse avviene il contrario),
non so in quali mercati, la scomparsa dei prodotti intermedi trasforma i top in commodity
e non so quale Insegna ha un modello di business costruito sul listing fee, e sul “più ce n’è, meglio è”.
Credo che per combattere il sottocosto dell’extravergine, non dovremmo fare molte operazioni,
se non quella di definire la categoria dell’extravergine artigianale e quella dell’extravergine industriale:
perchè è di questo che stiamo parlando.
Le altre categorie, vergine, oliva e sansa sono già ben chiare e distinte, con immagini, funzioni, prezzi e mercati ben definiti.
Non sono due le verità del sottocosto, sono due le categorie dell’extravergine.
(3) gli strumenti per combattere il sottocosto
Le operazioni che Lei propone, per il ribaltamento della situazione attuale, sono descritte in modo chiaro e completo
ma non è chiaro il significato delle parole con cui descrive lo scopo:
“l’obiettivo è valorizzare le caratteristiche di tutti gli oli, integrandoli a vicenda nello stesso mercato”.
La Sua proposta di creare nuove categorie dell’olio da olive, è lampante, meno precisa la presenza alternata di ciascuno nel mercato:
un olio d’oliva per la frittura, nell’ambito dei vergini un olio da cucina (dal prezzo più basso) e un olio da condimento (a prezzo superiore e parametri più ristretti)
il sansa d’oliva, con un ruolo di apripista nei mercati stranieri.
Noterei la scomparsa prematura dell’olio extravergine di oliva, a meno che non sia diventato una sottocategoria, nell’ambito dei vergini.
Se vogliamo pensare ad una sistematica del mercato dell’olio da olive, credo che non sia sufficiente pensare alle categorie di prodotto:
dovremmo pensare anche (e soprattutto) alle categorie dei consumatori: prima della frittura o del condimento c’è la persona che frigge o che condisce, con le sua abitudini, la sua cultura, le sue motivazioni alimentari, le sue disponibilità finanziarie.
Prima di pensare alle "categorie di prodotto" dovremmo pensare alle "categorie di consumo" e invece di partire dall’albero per arrivare al piatto,
potrebbe essere più interessante fare il percorso inverso.
Parliamo sempre delle 200/300.000 tonnellate prodotte in Italia e delle 600/800.000 tonnellate importate e consegniamo, al mercato interno e internazionale, qualcosa come 900.000 tonnellate di extravergine Made in Italy:
in Italia il consumo potrebbe valere 600.000 tonnellate ma sarebbe più utile contare, oltre ai consumi fuori casa, anche le famiglie che consumano extravergine
e che al netto delle sovrapposizioni potrebbero essere circa 20 milioni (di cui forse 9 milioni le prime 10 marche industriali, quasi 4 milioni le altre marche industriali, oltre 2 milioni le marche dei distributori e 5 milioni i prodotti artigianali).
E capire, per ogni categoria di consumo (in casa e fuori) le quantità consumate, i modi e le funzioni, la frequenza e la fedeltà, le opportunità e il potenziale.
Sarebbe un peccato non cogliere l’occasione della Sua proposta di un progetto di riposizionamento degli oli da oliva
e sarebbe un peccato farlo senza considerare il mitico "convitato di pietra", il consumatore (perchè è lui che fa girare il sistema).
giampaolo sodano
22 settembre 2015 ore 23:47caro grimelli, facciamo un gioco. prendi il pezzo di gigi mozzi e mandalo a una decina di persone intelligenti e in buonafede chiedendo loro di esprimere una opinione su di esso. fai una sintesi e dopo l'intervento di gonnelli metti a confronto le proposte dei presidenti e quelle delle persone intelligenti. vediamo se combaciano. PS. IL VOTO FACCIAMOLO DARE A IVANO GIACOMELLI COME PRESIDENTE DELLA PIU' NUMEROSA ASSOCIAZIONE DI CONSUMATORI