L'arca olearia
Dall'osservatorio privilegiato della guida del Gambero Rosso uno sguardo sulla campagna olearia
Impressioni, e qualche anticipazione, in un'intervista con Indra Galbo: “ci si è concentrati forse troppo sul frantoio tralasciando l'oliveto”. Mea culpa ma anche ottimismo, perchè il mondo dell'olio d'oliva è in fermento
23 gennaio 2015 | T N
La campagna olearia è stata molto difficile, con problemi a ripetizione ma, comunque, si è sentito dire di isole felici e di qualche produttore che è riuscito comunque a ottenere extra vergini di oliva eccellenti.
Quanto c'è di vero? Lo abbiamo chiesto a Indra Galbo che con la guida del Gambero Rosso ha sicuramente un osservatorio privilegiato sulle dinamiche del settore.
- Come sono andati gli assaggi per la prossima guida Oli d'Italia 2015?
Abbiamo quasi finito di degustare tutti i campioni che, dopo aver passato le selezioni regionali, sono arrivati alla Città del Gusto di Roma per le finali. È stato sicuramente un calendario di assaggi meno pressante rispetto alle edizioni dello scorso anno proprio per una minore presenza di campioni, ma non per questo meno impegnativo e affascinante. Al SOL di Verona presenteremo una guida che sarà una fedele rappresentazione della campagna olearia appena trascorsa.
- Avete fatto quindi il punto della situazione sulle varie realtà regionali?
Anche quest'anno con il curatore Stefano Polacchi ci siamo fatti più di un'idea sullo stato della produzione olivicola italiana che va un po' oltre alle mere statistiche e alle percentuali. Paradossalmente il numero dei campioni difettati è stato mediamente più basso rispetto agli anni passati, ma questo è dovuto prevalentemente al fatto che alcuni produttori hanno preferito non presentare i loro prodotti consapevoli che non sarebbero stati all'altezza del livello qualitativo delle produzioni passate.
- Quali sono state le zone più critiche e quelle più performanti?
Sicuramente c'è da confermare la situazione critica in quasi tutto il centro Italia, ma anche qui non sono mancate eccezioni ed eccellenze. Per esempio ha reagito positivamente la zona di Canino e la Tuscia, soprattutto grazie ad alcune aziende che hanno trainato il livello qualitativo della produzione, ma soprattutto abbiamo assistito a una grande performance degli oli abruzzesi. Stili differenti e cultivar diversissime tra loro, lavorate con grande cura da produttori che anno dopo anno stanno aumentando vertiginosamente la qualità del loro oro verde. E poi c'è la parte settentrionale della Puglia che grazie alla Coratina e all'Ogliarola barese ci ha regalato belle emozioni dal fruttato intenso.
- Cosa cambia nella guida rispetto allo scorso anno?
Coerentemente con la scelta di valorizzare i singoli territori con i loro stili e le loro peculiarità, si è deciso di separare Campania e Basilicata che fino allo scorso anno erano raggruppate. Questo però è un discorso che va ben oltre a una semplice logica editoriale e che è iniziato due anni fa con la scelta del curatore di assegnare un premio alla “miglior performance territoriale” proprio per valorizzare stili, cultivar e alta qualità produttiva di alcuni territori. È un contributo che fornisce input positivi ai produttori che vogliono fare della qualità il loro modus operandi.
- Qual'è la tua valutazione su un'annata così difficile?
Questa campagna olearia è stata uno spartiacque tra coloro che negli ultimi anni hanno badato più al lavoro nel frantoio tralasciando il lavoro nell'oliveto. Ovviamente escluderei da questo discorso i piccolissimi produttori. Per quanto riguarda tutti gli altri mi è sembrato che negli ultimi anni si è parlato molto dei più svariati tipi e modelli di impianti oleari e poco di trattamenti fatti nei momenti giusti. Il paradosso l'ho visto a ottobre quando sono andato a un piccolo convegno in Umbria dove si parlava di olio nuovo e delle problematiche legate alla mosca olearia. Una bravissima agronoma della regione parlava degli attacchi della mosca e dei trattamenti da fare. Il problema è che ciò accadeva a ottobre quando ormai i giochi erano già fatti. Spero quindi che quest'annata sia servita da lezione e che dalla prossima si faccia tesoro degli errori commessi.
Fortunatamente devo dire però che alcune cose nel mondo dell'olio stanno cambiando a cominciare dalla comunicazione del prodotto che piano piano sta diventando meno tecnica e più “approcciabile” da parte del grande pubblico, a patto che venga fatta da professionisti del settore. A tal proposito conforta il comunicato stampa di ieri del Mipaaf nel quale si legge che si è deciso per lo stanziamento di circa 70 milioni di euro all'anno destinati all'olivicoltura, una parte dei quali rivolti alla comunicazione e all'internazionalizzazione del settore.
Oltre a tutto ciò il prossimo punto su cui si dovrà lavorare sarà quello di migliorare la comunicazione e il confronto tra produttori che a mio avviso, rispetto al mondo del vino, è ancora ferma al pleistocene.
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