L'arca olearia
La Calabria può ripartire grazie ai suoi olivi millenari
Quanti sanno che l'Aspromonte nasconde una ricchezza storica e culturale inestimabile? Olivi messi a dimora dai Normanni, appartenuti poi alle varie baronie ed ancora agli Aragonesi ed ai Borboni
02 luglio 2014 | Rosario Franco
Ci sono cose, che se solo fossero correttamente valorizzate potrebbero, da sole, contribuire altre a far conoscere la Regione, anche al cambiamento che tutti auspichiamo della Calabria.
Potrebbero, da sole, innescare quei meccanismi virtuosi di sviluppo in ambito turistico culturale. Potrebbero, da sole, far parlare di una Calabria diversa e giusta, abbattendo i muri degli stereotipi.
Ci sono ulivi in Aspromonte che, da soli, raccontano mille anni di storia. Ulivi messi a dimora dai Normanni nel 1100. Ulivi appartenuti poi alle varie baronie ed ancora agli Aragonesi ed ai Borboni. Ulivi che nei secoli hanno creato ricchezza e hanno sfamato intere generazioni di contadini calabresi.
Alberi di mille anni e sedici metri di circonferenza, alberi che riescono a lasciare a bocca aperta anche navigati motociclisti e visitatori che raggiungono questo difficile territorio.
Da questi alberi giganteschi viene prodotto anche l'olio, un olio che ci piace definire estremo per l'enorme pazienza e difficoltà che occorre per produrlo.
In quest'area affascinante della Calabria si produce anche extra vergine di alta qualità, quello che offre mille sentori all'olfatto e al gusto. Quello che grazie alla sapienza dei produttori si fa conoscere nei mercati di tutto il mondo: Giappone, Canada, Germania, Australia, Austria, Ucrania, ecc. ecc.
Questo è possibile grazie anche alla sapienza e alla passione, di agronomi ed esperti di olio extra vergine, che trasmettono le loro conoscenze con i "corsi di analisi sensoriale".
Queste cose vissute in un viaggio di un giorno, andrebbero raccontate in un mese...
Anche questa è Calabria.
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