L'arca olearia
Olivicoltura italiana sul letto di morte. Sarà la nuova Pac a dare il colpo di grazia?
Per il nostro Paese sembra delinearsi la scelta del “metodo irlandese” che porterà a riduzione negli aiuti del 50% nel sud Italia e del 20% nel centro. Ecco le prime simulazioni sui sussidi, per aziende olivicole specializzate, effettuate dal Cno. “Il libero mercato – afferma Gennaro Sicolo - sarebbe l'ideale, però occorre anche che la competizione avvenga con le stesse regole sociali, ambientali, economiche.”
24 gennaio 2014 | Alberto Grimelli
Chi vuole dare il colpo di grazia all'olivicoltura nazionale? Chi può guadagnare dalla riduzione del settore produttivo a pura testimonianza? All'apparenza nessuno trarrebbe giovamento da un'Italia olearia senza olivi, un puro serbatoio di extra vergini, o presunti tali, provenienti da ogni angolo del globo, opportunamente miscelati, per rispondere così alle normative, e poi spacciati per il mondo come Made in Italy. Un simile business avrebbe le ore contate.
La Spagna, la Tunisia e altri competitor che hanno oliveti, che investono nel settore primario, potrebbero sbugiardare facilmente questo Italian sounding privo di ogni fondamento. E' quel che sta succedendo in Cina dove i nostri produttori si sentono chiedere dai buyer perchè dovrebbero pagare di più un olio “italiano” di provenienza spagnola. Meglio comprarlo direttamente dal paese iberico, a qualche decina di centesimi in meno.
L'olivicoltura italiana ha una sua ragion d'essere anche per il legame, profondo e indissolubile, con le tradizioni, anche gastronomiche.
Eppure l'olivicoltura italiana rischia di sparire. L'abbandono degli oliveti aumenta a ritmi spropositati e l'allarme lanciato settimana scorsa dal CNO non poteva rimanere pura cronaca. (L'impatto della nuova Pac sull'olivicoltura? Riduzione fino al 70% degli aiuti).
Cosa sta dunque succedendo con la nuova Pac? Davvero l'Italia olivicola rischia grosso? Gli aiuti Pac, i sussidi e le altre forme di aiuto non sono un retaggio del passato? Qualcosa da eliminare a favore del libero mercato? Perchè sono necessari ancora tanti aiuti all'agricoltura in generale e all'olivicoltura in particolare?
“Oggi – risponde Gennaro Sicolo, presidente del CNO - non ci sono le condizioni per eliminare il sostegno della Pac. Una ipotesi del genere sarebbe dirompente per il sistema olivicolo nazionale. Bisogna essere concreti e realisti. Senza la Pac non ci sarebbe più produzione di olive e di olio di oliva nella maggior parte delle zone italiane specializzate. Rimarrebbe solo chi produce per autoconsumo e forse quei pochi che occupano nicchie particolari, spuntando prezzi assai più elevati rispetto alla media del prezzo di mercato nazionale e internazionale.
Il libero mercato sarebbe l'ideale, però occorre anche che la competizione avvenga con le stesse regole sociali, ambientali, economiche. Faccio un esempio: come possiamo noi italiani competere con la produzione di Paesi terzi dove il costo del lavoro è molto basso e gli operai sono pagati in nero (Turchia, Tunisia, Marocco ecc.)?
La Pac è un ammortizzatore oggi indispensabile per l'agricoltura in generale e l'olivicoltura in particolare. Certo deve cambiare ed adattarsi ai tempi, ma con gradualità, tenendo conto delle condizioni specifiche nelle quali operano i settori e le imprese (equilibri sociali, territoriali, ambientali) e facendo da contrappeso ai rischi di una selvaggia globalizzazione."
Vediamo allora cosa potrebbe accadere.
Ecco due simulazioni del probabile valore dei pagamenti diretti della Pac per una azienda olivicola specializzata del sud Italia e per una del centro Italia, in caso di scelta, come sembra prefigurarsi, del "metodo irlandese" (differenziazione iniziale al 2015 del valore del pagamento di base, in funzione dei diritti storici Pac disaccoppiati oggi in circolazione e convergenza graduale fino al 2019) e di applicazione del bacino unico.
Il CNO ha considerato che oltre al greening (30%), il supplemento giovani (2%) e la riduzione lineare per la riserva (3%), sia attuato il sostegno specifico (aiuti accoppiati), detraendo dalla dotazione nazionale l'aliquota massima del 15%. In tal modo la dotazione che resta disponibile per i titoli del pagamento di base è del 50%.
I due casi studiati si riferiscono ad un'azienda agricola che non modifica la propria dimensione nel corso degli anni e che nel 2014 dispone di diritti Pac disaccoppiati di importo pari a 1.000 euro per ettaro (l'unità produttiva del sud Italia) e di 300 euro per ettaro (quella del centro Italia).
E' stata considerata un'assegnazione di 10 milioni titoli a livello nazionale, corrispondente ad un dato intermedio tra la Sau del censimento Istat del 2010 ed il numero di ettari ammissibili dichiarati dagli agricoltori italiani nelle domande annuali della Pac negli ultimi anni.
Nella simulazione non si è tenuto conto delle risorse che con il sostegno accoppiato pare dovrebbero essere erogate a favore dell’olivicoltura. Gli elementi oggi disponibili non consentono infatti di formulare ipotesi solide in merito.
Le simulazioni effettuate devono essere considerate, tuttavia, indicative, per effetto dei seguenti elementi:
- le numerose variabili che incidono, alcune delle quali non considerate;
- la loro eterogeneità;
- l'imprevedibilità delle decisioni nazionali;
- la mancanza delle norme applicative comunitarie;
- il comportamento degli operatori economici e delle istituzioni.
Una Pac sbilanciata, secondo le vostre simulazioni, potrebbe portare a una disaffezione dal settore di molti olivicoltori, con conseguenze drastiche per l'olivicoltura nazionale. Ma non è che, a incidere di più sulla crisi del settore olivicolo, vi è l'età avanzata degli agricoltori? Non è che l'abbandono dell'olivicoltura è frutto sopratutto del mancato passaggio generazionale?
"La Pac - risponde Gennaro Sicolo - non è alla base della crisi del settore che, in verità, dipende da un fattore molto semplice: i prezzi di mercato non sono tali da remunerare i costi di produzione e assicurare un reddito equo, stabile e adeguato all'olivicoltore. Da qui nasce la tendenza all'invecchiamento e la rinuncia da parte delle giovani generazioni. Bisogna fare attenzione a distinguere la causa dall'effetto. Il mercato avaro per i produttori olivicoli italiani è la causa dei mali che affliggono il sistema olio di oliva in Italia insieme alla difficoltà di sconfiggere la piaga delle truffe, nonostante l’apprezzato impegno delle Istituzioni per contrastarlo. Dobbiamo risolvere questo nodo e poi ci sarà sicuramente entusiasmo delle imprese, i giovani torneranno fiduciosi ed il fenomeno dell’abbandono degli oliveti si ridimensionerà."
Il CNO punta molto l'attenzione sulle OP, le organizzazioni dei produttori, come aggregatori dell'offerta e erogatori di servizi. Perchè le OP e non formule alternative come le Reti d'Impresa?
"Il sistema delle OP è, secondo me, la risposta più efficace e coerente con le esigenze delle imprese e con le politiche recenti dell'Unioni europea. A riguardo basta osservare lo spazio che la nuova ocm unica dedica alla organizzazione del settore e della intera filiera. Le reti di impresa costituiscono una opzione complementare e non alternativa. L'esperienza degli ultimi tempi spinge gli imprenditori olivicoli a cooperare tra loro, per affrontare insieme il mercato, per ottimizzare i processi produttivi, per diffondere le innovazioni,per risolvere problemi specifici, come ad esempio quelli ambientali. Le OP, le reti di imprese, l'interprofessione sono gli strumenti per aggregare ed organizzare il settore e metterlo in condizione di affrontare la competizione internazionale."
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