L'arca olearia

REGIONE CHE VAI PREZZO CHE TROVI. SI PUÒ PAGARE ANCHE TRE VOLTE TANTO PER FRANGERE LE OLIVE

Nessuna accusa, è il libero mercato a determinare il prezzo. Come si giustificano, tuttavia, così ampie variazioni nei costi di molitura tra Nord e Sud Italia? Possono l’efficienza nella organizzazione e gestione del frantoio permettere risparmi così significativi? Quanto incidono alcuni servizi aggiuntivi?

21 maggio 2005 | T N

Per ragioni di privacy e di opportunità abbiamo deciso di omettere i nomi dei frantoi interpellati. Abbiamo invece preferito fornirvi un quadro, ancorchè parziale, dei prezzi medi di molitura praticati in varie regioni oliandole italiane. Il confronto è stato fatto su impianti continui con la stessa capacità media di lavorazione oraria e operanti secondo il sistema partitario.
Ecco dunque cosa è emerso:

Puglia 6-7 euro per quintale di olive
Sicilia 11-12 euro per quintale di olive
Lazio 12-13 euro per quintale di olive
Toscana 15-16 euro per quintale di olive
Liguria e Lago di Garda 17-18 euro per quintale di olive


Differenze decisamente significative.
Al Nord possono arrivare a pagare anche tre volte tanto per il servizio di frangitura rispetto al Sud.

Naturalmente non è nostra intenzione accusare alcuno. Non vogliamo mettere sul banco degli imputati una categoria, i frantoiani, che è già assillata da maldicenze di ogni tipo. “Quello più onesto ti ruba sulla quantità di olive, quello più disonesto ti sottrae anche un po’ di olio” questa una delle più comuni frasi che si possono ascoltare fuori da un qualsiasi frantoio durante la stagione del raccolto. Chiacchiere e malignità difficili da arrestare, specie quando le rese non sono quelle attese e auspicate dagli olivicoltori, e non lo sono mai.

Nessuna imposizione, nessun obbligo dettato dal Governo o altre Istituzioni. Il prezzo di frangitura è determinato dal libero mercato.
Proprio perchè si tratta di un sistema che opera secondo la legge della domanda e dell’offerta ci hanno stupito differenze così rilevanti. Ci ha meravigliato che, esistendo così importanti margini di risparmio, non vi sia un trasferimento delle conoscenze ed informazioni che consentono di economizzare e ridurre in tale misura il prezzo di frangitura.
È anche vero che ogni regione, spesso anzi aree più ristrette, è un mercato a sè stante per evidenti ragioni logistiche. Infatti l’elevato costo di trasporto delle olive, oltre che i rischi di decadimento qualitativo, impediscono all’olivicoltore di rivolgersi a frantoi molto distanti.
Inoltre alcune diseconomie di scala, come l’elevata alternanza di produzione, incidono sicuramente di più in territori meno intensamente olivetati.
Ci siamo però chiesti se queste le indubbie differenze esistenti fra territori possano influire così drasticamente sui costi, alcuni dei quali, come l’energia elettrica, dovrebbero essere identici in tutta Italia. Da altre voci di spesa, come quelle per la manodopera, secondo il contratto collettivo nazionale di lavoro e tenuto conto delle variazioni dovute alle integrazioni provinciali, non emergerebbero divari superiori al 20%.
Certamente la cura e l’attenzione prestata al processo di estrazione, cicli di manutenzione assidui e accurati, innovazioni tecniche e tecnologiche sollecitamente e costantemente apportate agli impianti hanno un costo che necessariamente grava sul prezzo finale di frangitura.
Come pure servizi aggiuntivi ed evoluti, quali analisi chimiche e organolettiche o possibilità di imbottigliamento, rappresentano un valore aggiunto che deve essere remunerato. Una delle prestazioni più gradite all’olivicoltore è il ritiro delle olive e la consegna dell’olio a domicilio; taluni frantoi chiedono un’integrazione (1-2 euro per quintale di olive), altri preferiscono includere tale costo nel prezzo finale di frangitura.

Risulta quindi oltremodo difficile e quantomeno artificioso indicare un costo di frangitura medio nazionale senza stilare il bilancio di un’azienda reale. I parametri e i fattori che possono impattare sui costi, come abbiamo tentato di enunciare, sono vari e disparati.
Tuttavia l’eclatante divario di prezzo da Nord a Sud ci appare francamente inspiegabile, se non prestiamo credito alle insistenti voci su frodi e magiche moltiplicazioni di modelli F che rappresentano introiti tanto cospicui da poter considerare l’attività di frangitura assolutamente secondaria. A questo proposito sarà sufficiente attendere l’applicazione della nuova Ocm olio di oliva che dovrebbe eliminare tali margini di illegalità.
Ma non è sufficiente.
Invitiamo i frantoiani a un maggiore dialogo con gli altri elementi della filiera, offriamo loro ospitalità, fin d’ora, sulle pagine di Teatro Naturale, per esprimere non solo le proprie idee e posizioni su questioni di politica olivicola ma anche le proprie ragioni a proposito di costi e ricavi, di servizi e innovazioni.
Crediamo che posizioni di chiusura o indisponibilità, quali quelle che abbiamo riscontrato in parte della categoria, siano controproducenti per il comparto ma, in primis, soprattutto per i frantoiani stessi.

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