L'arca olearia

RISTORATORI CONTRARI. LA FIPE NON CONDIVIDE LA NOSTRA BATTAGLIA E PREFERISCE LASCIARE L'EXTRA VERGINE NELLE AMPOLLINE

La Federazione italiana pubblici esercizi non ci sta. Secondo il direttore generale Edi Sommariva l'olio posto in tavola non viene venduto al consumatore, ma solo utilizzato alla stregua di altre pietanze. Va bene mantenere quindi l'anonimato. La scelta di una presentazione più dignitosa non deve essere un'imposizione, ma un atto volontario

19 marzo 2005 | Alberto Grimelli

È la volta dei ristoratori.
Dopo aver sentito il parere degli chef italiani ci sembrava assolutamente doveroso dar voce anche alla categoria che più verrebbe interessata dalla nostra proposta di legge: i pubblici esercizi.
In rappresentanza dei ristoratori italiani abbiamo intervistato il dottor Edi Sommariva, direttore generale della Federazione italiana pubblici esercizi (Fipe).

- Teatro Naturale ha promosso un’iniziativa volta ad eliminare le anonime ampolline dai pubblici esercizi. Una proposta di legge, in un articolo unico, che recita: “ai pubblici esercizi è fatto divieto di somministrare direttamente al consumatore, fatti salvi gli usi di cucina e di preparazione dei pasti, olio extra vergine di oliva in ampolle o altri contenitori non etichettati conformemente alla normativa vigente” . Quale la posizione della Federazione italiana dei pubblici esercizi?
Il principio della trasparenza nei confronti del consumatore che sottosta a questa proposta di legge è del tutto condivisibile, la soluzione data a questo principio generale non la condivido, perchè l’olio messo in tavola non è venduto al cliente, ma viene da lui utilizzato allo stesso modo delle pietanze che consuma, ovvero alla stregua di insalate, verdure e altri piatti.
Quindi ritengo che, anzichè imporre per legge un comportamento virtuoso, perchè trattasi unicamente di comportamento virtuoso, dovrebbe riguardare la sfera della volontarietà. Già qualche ristoratore usa contenitori etichettati, anche se, mi risulta, non sono pochi quelli che si lamentano del fatto che l’etichetta si sporca facilmente dando un’immagine di scarsa igienicità e pulizia.
Guardando avanti, esistono altri metodi per garantire il principio di trasparenza che il consumatore è in grado di apprezzare, e la Fipe li sta portando avanti.
Abbiamo costruito, in collaborazione col Ministero della Salute, un progetto che si chiama “Bollino Blu” attraverso il quale, su base volontaria, è possibile continuare a servire l’olio in ampollina, però chiarendo al consumatore l’origine del prodotto. Acquistando l’extra vergine il ristoratore ha a disposizione un documento, la fattura, che attesta la provenienza dell’extra vergine. Si andrebbe quindi ad inserire, su discrezione del ristoratore, il nome del produttore dell’olio in una carta dei sevizi che sarà soggetta ad un sistema di controlli da parte di organismi terzi, certificati Sincert.
Ecco che il principio di trasparenza verrebbe salvaguardato da un marchio di qualità riconosciuto e riconoscibile, tutelando il consumatore.
La divulgazione di questo progetto dipende naturalmente dalla pubblicità che possiamo operare noi e i mass media, ma anche dagli olivicoltori, dall’interesse che questi hanno a figurare sui menù. Ci pare che questa attenzione dei produttori non sia così presente o forte come l’iniziativa meriterebbe.
- Da cosa desume che olivicoltori e frantoiani non sono interessanti a figurare sul menù?
Dal fatto che il progetto negli ambienti produttivi è conosciuto, è stato pubblicizzato ma che non troviamo un riscontro da parte, non tanto del singolo produttore, quanto delle organizzazioni di categoria olivicole. Se queste promozionassero quest’idea, la divulgassero tra i produttori, ecco che ne trarrebbe beneficio il mondo produttivo ma anche i ristoratori che potrebbero offrire un valore aggiunto, tale è l’indicazione dell’origine, ai loro clienti. Un prodotto simpatico, buono, salutistico e delicato come l’olio extra vergine d’oliva potrebbe quindi venire maggiormente apprezzato dal mercato senza aggravi di prezzo. Non è che l’olio etichettato o con una certificazione dell’origine debba costare di più.
- L’ampollina, in sè per sè, è un pessimo contenitore per l’olio extra vergine d’oliva. Varie le ragioni, la trasparenza del vetro danneggia l’olio favorendone l’ossidazione, come pure il tappo che lascia inevitabilmente passare molta più aria rispetto ad altri sistemi di chiusura. Senza accennare al fatto che è piuttosto consueta la pratica del rabbocco dell’ampolla, che, notoriamente, provoca l’inracidimento precoce dell’extravergine in quanto viene a contatto con un prodotto vecchio e ossidato. Per salvaguardare la qualità del prodotto non trova che sia quindi utile eliminare le ampolline?
Nella teoria le sue affermazioni sono condivisibili, ma ho alcune obiezioni.
Innanzitutto diamo per scontato che il ristoratore non abbia la sensibilità per evitare la pratica del rabbocco, che non è in grado di utilizzare contenitori scuri ovvero che non impieghi quelle buone norme per preservare integre le caratteristiche dell’olio. Il bravo ristoratore le attenzioni a cui lei accennava le ha per sua natura. Non è onesto considerare il ristoratore e i suoi collaboratori superficiali, in quanto mancanti di rispetto verso il prodotto e di conseguenza verso il cliente.
Viene inoltre svilito il ruolo del ristoratore, che non ci mette nulla di suo. So bene che il produttore spesso preferisce evitare gli intermediari e “dialogare” direttamente col consumatore, ma, in questo caso, sbaglia, perchè altrimenti vada a vendere il suo olio al supermercato, Lì non succederà assolutamente nulla, lì il consumatore acquisterà il packaging scelto dal produttore.
L’intermediario, il cameriere che sa raccontare la storia dell’olio, le sue caratteristiche, consigliandone di volta in volta l’uso fa una promozione e conferisce un valore aggiunto che non vengono riconosciuti dall’olivicoltore, ma dal consumatore.
Non ragioniamo quindi in termini contrapposti, ma in maniera intelligente. Tutti abbiamo lo stesso obiettivo, conquistare il consumatore finale.
- Il ruolo di intermediario del ristoratore non viene, a mio avviso, svilito anche presentando oli in bottiglia. Sarà infatti sempre il ristoratore a scegliere quali e quanti oli offrire nel suo esercizio, rispetto ai suoi piatti e alla sua cucina. Si tratta quindi di un ruolo di selezionatore e quindi di intermediario nei confronti dell’utente finale.
L’olivicoltore nell’etichetta tende a inserire indicazioni, a raccontare alcune cose dell’olio. Quindi al cameriere resta solo da portare in tavola il prodotto. Lo riduciamo al silenzio, poichè il consumatore può, magari con la lente d’ingrandimento, leggere le informazioni direttamente. Questo tipo di comunicazione però non stimola la curiosità dell’utente, non lo spinge a fare domande.
- Anche le etichette sulle bottiglie di vino contengono informazioni sul prodotto. Non per questo però il ristoratore sente svilito il suo ruolo, anzi aggiunge spesso dettagli, delucidazioni e naturalmente anche consigli in merito all’abbinamento con la sua cucina.
Le bottiglie di vino, certo, hanno tutte l’etichetta, ma non c’è una norma che vieta al ristoratore di vendere il cosiddetto vino della casa. È giusto che sia così. Se mettiamo una norma di legge anche su questo potremmo favorire la produzione, ma potremmo, al contempo, disorientare il consumatore.
Ove c’è una vendita assistita, come è la somministrazione, dobbiamo lavorare affinchè siano gli assistenti, camerieri e lo stesso ristoratore, ad acculturarsi. Lì sì dobbiamo lavorare, anche se molto è stato fatto negli ultimi anni. Le ampolle esistono ma cominciano ad affacciarsi i carrelli degli oli, le bottiglie etichettate.
La battaglia che Teatro Naturale porta avanti, se esclusivamente provocatoria, la approvo perchè dovrebbe scatenare delle reazioni positive sia dei ristoratori sia dei produttori che insieme dovrebbero comunicare, con o senza etichetta, il valore dell’extra vergine al consumatore.