L'arca olearia

I veri oleologi siamo noi

I veri oleologi siamo noi

Si tratta di una figura professionale che sta emergendo ma affinchè acquisti autorevolezza occorre che se ne limiti l'abuso da parte di chi non è quotidianamente a fianco delle imprese olivicole e olearie

14 aprile 2012 | Alberto Grimelli

Oleologo. Cos'è? Chi è?

Fino a qualche anno fa erano queste le domande più comuni a cui si trovava a dover dare risposta chi si occupa, professionalmente, di consulenza alle aziende olivicole e olearie.

Un'evoluzione, occorre ammetterlo, c'è stata. Oggi la domanda a cui gli oleologi si trovano più di frequente a rispondere è: ma cosa fai? Di cosa ti occupi esattamente?

Una domanda a cui ho voluto rispondessero tre oleologi di provata esperienza, giovani, brillanti e intraprendenti: Duccio Morozzo della Rocca, Enrico Maria Lodolini e Natascia Riggi.

Ognuno col proprio bagaglio di conoscenze e la propria specializzazione hanno offerto, durante Olio Capitale, anche un inedito spaccato dello scenario olivicolo-oleario nazionale e internazionale.

“Ognuno ha seguito il proprio percorso per arrivare ad approdare nel mondo oleario – ha dichiarato Duccio Morozzo della Rocca, titolare della Olive Bureau – personalmente ho iniziato, dopo aver frequentato il master di Pisa in Olivicltura e Olio di Qualità, facendo assistenza e formazione sul processo di estrazione in frantoio nel 2005 e oggi sono specializzato, oltre al processo di estrazione, in blending di oli per marchi internazionali venduti in diversi mercati del mondo, in selezione di prodotti e nella gestione di progetti internazionali dall’oliveto alla bottiglia.”

Non molto diversa l'esperienza di Enrico Maria Lodolini il quale, però, è anche molto legato al mondo accademico e ancor oggi è assegnista di ricerca presso l'Università delle Marche. La sua professionalità e il suo contributo è apprezzatissimo in Medio Oriente (Autorità Palestinese) e nord Africa (Egitto). “L’oleologo rappresenta un’importante figura professionale – ha detto Lodolini - che consente di apportare un valore aggiunto nella corretta gestione della pratica agronomica e nel miglioramento delle produzioni dal punto di vista quantitativo e qualitativo.”

L'oleologo non sempre, però, è stato accolto con tanto calore da parte delle aziende, come ha confermato Natascia Riggi “Entrare in un’azienda agricola vuol dire entrare nella casa e nel cuore delle persone, per questo motivo il tecnico deve essere molto professionale. Gli agricoltori sono molto gelosi dei propri segreti, e questi segreti sono un momento di competizione tra le diverse aziende. Esercitando la mia professione mi sono trovata di fronte a situazioni paradossali e solo dimostrando continui progressi, sono riuscita a conquistare la fiducia degli imprenditori, che da estremamente diffidenti, nel tempo si sono rivelati attenti a tutti i suggerimenti.”

Parola d'ordine competitività, da non confondere col semplice taglio dei costi e delle spese. Far raggiungere all'impresa la massima competitività significa permetterle di sopravvivere in un mercato sempre più dinamico. Naturalmente ciascun professionista declina questo compito e responsabilità in maniera diversa.

“L’oleologo diventa fondamentale – ha affermato Natascia Riggi - perché deve educare l’agricoltore ad avere maggior coscienza del territorio e delle potenzialità intrinseche dell’azienda deve cercare di esprimere al meglio le caratteristiche dei prodotti aziendali e deve far risparmiare tempo ed energia all’agricoltore stesso.”

“Si tratta di fornire indicazioni specifiche a seconda a delle particolari condizioni socio-politiche della zona, delle caratteristiche pedo-climatiche e della differente organizzazione o strategia aziendale.” ha aggiunto Enrico Lodolini.

Più preciso ancora Duccio Morozzo della Rocca. “Fare il consulente olivicolo-oleario è un lavoro complesso e delicato che mette insieme, almeno per come lo vedo io, un buon numero di competenze e una buona dose di buon senso e pragmatismo. Principalmente cerchiamo di portare al successo i progetti dei nostri clienti mantenendoli sulla strada della competitività. Per alcuni clienti, si tratta principalmente di ricercare un profilo organolettico per diversi marchi da riprodurre nel tempo attraverso blend costanti. È il caso soprattutto dei grandi clienti come per esempio i cileni o gli australiani: grandi estensioni olivicole con un prodotto di pregio che va a posizionarsi nel settore degli oli di prezzo. Per altri si tratta di lavorare invece sui dettagli durante la coltivazione, la raccolta e la frangitura per tirare fuori ogni anno le migliori sfumature e caratteristiche della stagione. È il caso dell’olio eccellente che si posiziona su segmenti di mercato di altissima qualità. È il caso dell’Italia o altri paesi con la priorità dell’eccellenza. Ci sono poi progetti che partono da zero per i quali si inizia con le analisi del terreno e le selezioni varietali per arrivare poi al progetto grafico e all’olio in bottiglia in pochi anni. C’è infine il lavoro sull’immagine e la comunicazione.”

L'oleologo italiano si confronta quindi, e sempre più, con realtà internazionali. Ma come viene visto l'esperto italiano? “L’oleologo italiano – ha affermato Enrico Lodolini – è un professionista molto richiesto ed apprezzato a livello internazionale: possiede una solida preparazione di base e grazie a questa è in grado di fornire soluzioni specifiche a seconda dei diversi modelli aziendali che si presentano.”

Quanto il nostro paese può avvantaggiarsi delle esperienze e del respiro internazionale dei professionisti italiani? “Per anni le imprese estere hanno attinto a piene mani dalla storia e dalla competenza italiana – ha dichiarato Duccio Morozzo della Rocca - raggiungendo livelli soddisfacenti: oggi, a mio avviso, siamo noi che dobbiamo imparare dalle esperienze internazionali per instaurare nuovi modelli di business. Anche in questa sfida, un oleologo professionista può sicuramente fare la differenza.”

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