L'arca olearia

I punti critici del superintensivo che impattano sui costi

I rischi di impianto sono più elevati per una serie di ragioni agronomiche che non possono essere ignorate. Così non sono stati considerati altre spese ed incognite

18 giugno 2011 | Pietro Barachini

Ho seguito con molto interesse il dibattito sul tema dei costi del superintensivo ed ho avuto anche il piacere di lasciare un mio commento ma in queste poche righe vorrei esplicitare meglio alcune riflessioni e considerazioni che vengono dalla mia pluriennale esperienza in campo olivicolo e in particolare nel vivaismo olivicolo.

La tendenza in atto, da parte dei media specializzati e della ricerca, è puntare tutto sulla riduzione dei costi. Una strategia fallimentare. Se, infatti, cercare di razionalizzare le spese è sacrosanto, diverso è il caso di cercare di abbatterle a tutti i costi. Ovvero anche a scapito di qualità e tipicità, cosa che purtroppo sta accadendo.

Ma il modello spagnolo non ci sta proprio insegnando niente? Ha puntato tutto sulla massificazione del prodotto a basso prezzo per poi scoprire che in altri Paesi potevano fare lo stesso a costi ancora inferiori e ora si trovano in una crisi senza precedenti.

Nonostante tale realtà si continua a cadere nella trappola di un sistema olivicolo, quello superintensivo, creato grazie a un'iniziativa di marketing estremo di alcuni vivai spagnoli. Un'idea non originale, tra l'altro, ma mutuata dalla frutticoltura. Con una profonda differenza, però. In frutticoltura si studiano portainnesti e varietà adatte a certe condizioni di coltivazione. In questo caso andiamo a pescare cultivar che soffrono meno o tollerano meglio l'intensificazione colturale.

Ma quali problemi, che hanno un rilevante impatto sui costi, può portare l'adozione, integrale, del sistema superintensivo spagnolo?

Innanzitutto, proprio per mitigare gli altrimenti elevatissimi costi di impianto, è necessario mettere a dimora piante molto giovani, di un anno di età, che normalmente sarebbero invendibili in Italia in quanto non soddisfano standard minimi di qualità, essendo molto suscettibili tanto alle basse temperature quanto alle alte e ai raggi Uva.

Queste piantine, inoltre, vengono vendute in contenitori o confezioni di piccolissime dimensioni (¼ di litro). Un'esigenza vivaistica per poter spedire il maggior numero possibile di piante al minor costo possibile. Vista la giovane età e visto il limitato volume di terriccio, le radici sono decisamente poco sviluppate e quindi molto sensibili tanto alla siccità quanto all'umidità eccessiva.

Al momento del trapianto, quindi, le attenzioni che andranno dedicate al nuovo impianto superintensivo nelle prime settimane e nei primi mesi sono molto più pressanti, in quanto le piante necessitano di attenta irrigazione, concimazione e controllo delle infestanti, senza alcun errore.

Le condizioni climatiche in fase di trapianto, inoltre, hanno un forte impatto su queste giovani piantine. Piogge troppo abbondanti, un ritorno di freddo (in primavera) o un anticipo di freddo (in autunno) possono portare a fallanze nell'impianto anche di notevole entità.

Ho personalmente visionato impianti superintensivi che, per una serie di queste condizioni (sia ambientali sia di piccoli errori gestionali), hanno registrato un attecchimento del 10-20% massimo.

Questi rischi, in fase di impianto, non vengono mai dichiarati da chi propone il superintensivo ma possono alzare notevolmente il costo d'impianto, specie in aree, come il Centro-Nord Italia, in cui i cambiamenti climatici offrono meno stabilità.

Altro costo che non è stato considerato in fase d'analisi è quello relativo alla potatura di pre raccolta per gli impianti superintensivi. E' infatti noto che le macchine scavallatrici, per operare efficacemente, non devono trovare rami laterali di diametro superiore ai 3 centimetri. Due infatti le conseguenze possibili: un attrito che può provocare il trascinamento della pianta, con danni all'apparato radicale, fino al suo sradicamento oppure spaccature dei suddetti rami che sono veicolo per diverse malattie fungine e batteriche, alcune delle quali (rogna, verticilliosi, occhio di pavone, cercosporiosi...) stanno aumentando di intensità negli ultimi anni in Italia.

Infine ritengo che sia assurdo considerare pari i costi per irrigazione, fertirrigazione e trattamenti antiparassitari tra i due sistemi. E' chiaro che un oliveto con 400 piante/ha e uno con 1600 piante/ha avranno diverse necessità di input chimici ed energetici.

Il controllo delle infestanti sulla fila, in un impianto superintensivo, è impensabile senza erbicidi. Inoltre lo stesso microclima che si crea all'interno dell'oliveto (molto più caldo e umido) richiede maggiori trattamenti fitosanitari, per non parlare dei volumi irrigui che, negli impianti superintensivi devono raggiungere i 2000 mc/ha. I costi di concimazione per 400 piante e 1600 piante non possono essere gli stessi.

Queste sono alcune evidenti ragioni economiche che fanno alzare i costi di impianto e di gestione dell'impianto superintensivo ben oltre le cifre che sono state esposte sin qui.

Vanno infine aggiunte una serie di considerazioni di natura commerciale e di marketing, relative alla tipicità, territorialità, impatto ambientale che non impattano magari molto sui costi ma certamente, in maniera determinante, sui ricavi.

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