L'arca olearia

Per la produttività dell'olivo ruolo essenziale di azoto, fosforo e potassio

Dopo anni in cui si vantavano le doti taumaturgiche dei micronutrienti, boro in particolare, l'attenzione torna a concentrarsi sui macroelementi. Le esigenze nutrizionali dell'olivo sono ancora campo aperto per la sperimentazione

09 aprile 2011 | Alberto Grimelli

Per qualche anno l'attenzione degli olivicoltori e della ricerca si è soprattutto concentrata sui micronutrienti, ovvero su quegli elementi minerali che, presenti in minime quantità sia nel terreno sia nelle piante, sono comunque indispensabili per l'equilibrio vegeto/produttivo degli olivi.

In particolare è stato a lungo decantato l'uso del boro, che però, se non ben utilizzato, può essere controproducente e dar luogo a cascole fiorali e di frutti.

Una recente ricerca ha anche riportato nella giusta prospettiva la fertilizzazione con ferro. Infatti, sulla base di un'esperienza biennale, non sono stati riscontrate differenze vegeto/produttive tra la tesi controllo, senza apporti di chelato di ferro e tra le tesi con apporti di 25 g/albero, 50 g/albero e 100 g/albero. Nonostante i rilievi abbiano mostrato un incremento della clorofilla contenuta nelle foglie, questo aumento non si è trasformato in una magigore fotosintesi con incremento del numero di frutti, della loro dimensione o del contenuto in olio.

Due diverse esperienze, viceversa, hanno mostrato quanto si sappia ancora poco della dinamica dei macronutrienti all'interno della pianta e degli effetti di nutrizioni mirate durante la stagione.

Si tratta, in entrambi i casi, di esperienze spagnole, la prima con apporti mediante fertilizzazione fogliare, la seconda con fertirrigazione.

Anche su piante in buono stato nutrizionale, apporti supplementari di azoto, fosforo e potassio possono produrre risultati inaspettati. Due gli oliveti presi in esame. Un primo tradizionale con una densità d'impianto di 200 piante/ha e il secondo superintensivo, 1600 piante/ha. Il piano di concimazione ha previsto la distribuzione in primavera di rispettivamente 92 e 138 Kg di azoto ad ettaro, nella formulazione di solfato ammonico, per l'oliveto tradizionale e 250 e 367 Kg di azoto ad ettaro per l'oliveto superintensivo. Fosforo e potassio sono stati distribuiti per via fogliare durante l'estate somministrando 1,3 e 1,5 Kg/ha di P2O5 per l'oliveto tradizionale e 6,5 Kg/ha di P2O5 per l'oliveto superintensivo. Più estreme le concimazioni potassiche con apporti di 3,1 e 7,2 Kg/ha di K2O nell'oliveto tradizionale e 8,3 e 25,3 Kg/ha per l'oliveto superintensivo. Sebbene l'oliveto fosse in buono stato nutrizionale gli apporti maggiorati di azoto, fosforo e potassio hanno prodotto una maggiore produzione unitaria, una maggiore grandezza delle drupe e un maggior contenuto in olio delle stesse.

La seconda esperienza, condotta sulla cultivar Barnea, ha teso ad evidenziare differenze nelle risposte vegeto/produttive di piante soggette a diversi livelli di fertirrigazione.  Diverse le tesi in prova: otto i livelli di azoto da 5 a 202 mg / L, sette quelli di P 0,2-20 mg / L e sette i livelli di K 10-208 mg / L. Nonostante le ampie variazioni nel carico di frutta durante le tre stagioni di sperimentazione, le tendenze generali erano le stesse ogni anno. In fioritura gli elementi essenziali erano azoto e fosforo, con il potassio che aveva un ruolo secondario. In allegagione, ad incrementi del tenore di fosforo nelle foglie corrispondevano più elevati tassi di allegagione. Il carico totale di frutti, in stretta correlazione con fioritura e allegagione, aveva tuttavia una correlazione anche con la quantità di azoto contenuta nelle foglie, con incrementi prodottivi nel range 0,8-1,7% mentre con effetti controproducenti quanto questo contenuto superava il 2%. Per quanto riguarda il fosforo il massimo carico di frutti si è avuto in corrispondenza di un tenore fogliare dell'elemento allo 0,2%. In base a questa esperienza, quindi, sono soprattutto azoto e fosforo a influire sulla produttività dell'olivo. 

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